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Chirurgia endoscopica digestiva: un modello organizzativo per l'Europa

Tra le più recenti apparse nell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – risale al 2005 -, l'unità di chirurgia endoscopica digestiva nasce con un carattere innovativo che ne fa un modello da imitare: l'integrazione medico-chirurgica. Lo spiega il responsabile della struttura, dott. Luigi Dall'Oglio

Qual è il carattere distintivo della sua unità operativa?

La nostra unità operativa è dedicata al trattamento endoscopico e medico-chirurgico di tutte le patologie dell'apparato digerente e delle vie biliari e pancreatiche. Ciò che la contraddistingue è proprio il carattere medico-chirurgico dato dalla compresenza di gastroenterologi e chirurghi che lavorano insieme. Viene superata la divisione ormai antistorica tra malati "chirurgici" e malati "medici", a favore di un gruppo integrato di specialisti in grado di intervenire a seconda delle esigenze presentate dal paziente. Tutti i medici dell'unità operativa hanno come comun denominatore la competenza in endoscopia digestiva, sia diagnostica che terapeutica. Gli interventi di endoscopia terapeutica e di chirurgia endo-cavitaria – cioè con strumenti che permettono di operare nel paziente passando attraverso la bocca – costituiscono l'alternativa ai più invasivi interventi chirurgici tradizionali ad addome aperto o per via laparoscopica che peraltro continuiamo pure ad effettuare. Spesso, anzi, l'endoscopia guida dall'interno anche il trattamento chirurgico fatto per via laparoscopica o tradizionale.

E' una configurazione "vincente"?

Questo setting medico-chirurgico ci viene invidiato in tutto il mondo ed è uno degli aspetti dell'alta specializzazione dell'ospedale. Nel giugno scorso abbiamo ospitato il 3° workshop internazionale di endoscopia terapeutica al quale hanno partecipato colleghi di molti Paesi e in particolare i presidenti delle Società nordamericana ed europea di gastroenterologia pediatrica che hanno riconosciuto questa interazione medico-chirurgico come una novità efficace e da imitare. Oltre ad essere molto apprezzata dalle famiglie che possono trovare in un gruppo tutte le risposte di cui hanno bisogno.

Quali interventi effettuate in particolare?

Il Bambino Gesù è l'unico centro pediatrico in Italia dove viene effettuato, anche per bambini molto piccoli, un esame particolare che si chiama CPRE, l'acronimo di colangio-pancreotografia retrograda endoscopica. Serve per trattare delle malattie o delle malformazioni delle vie biliari e pancreatiche come le pancreatiti croniche. Attraverso un endoscopio particolare, a visione laterale, possiamo posizionarci davanti allo sbocco delle vie biliari e pancreatiche e inserire degli stent, cioè tubicini che servono per drenare il succo della bile o il succo pancreatico. Nonostante si tratti di una procedura rara in età pediatrica, al Bambino Gesù ne facciamo mediamente 50-60 in un anno e questo rappresenta un primato anche a livello internazionale.

Ci sono altri interventi in cui siete specializzatI?

Sicuramente il nostro è l'unico centro pediatrico al mondo in grado di eseguire il trattamento endoscopico dell'acalasia esofagea pediatrica. L'acalasia esofagea è una malattia rara nei bambini per cui il muscolo che chiude l'esofago prima dello stomaco non si apre al passaggio del cibo e questi piccoli fanno molta fatica ad alimentarsi. Tradizionalmente si interveniva in via laparoscopica con un intervento lungo e delicato, gravato dal rischio di complicazioni. Oggi lo stesso intervento - grazie alla presenza in équipe di un medico che ha trascorso 8 mesi in Giappone per imparare la tecnica messa a punto sugli adulti -, possiamo farlo per via endoscopica passando dalla bocca. Tale unicità provoca l'afflusso di pazienti da tutt'Italia. Nei primi 6 mesi di quest'anno, abbiamo già effettuato 5 procedure di POEM che è l'acronimo di Peroral Endoscopic Myotomy (Miotomia endoscopica trans-orale). Con queste strategie saremo in grado di operare, per via endoscopica e quindi veramente mini invasiva, altre patologie che oggi ancora prevedono un approccio chirurgico tradizionale.

L'unità condivide anche attività multidisciplinari con altre unità operative dell'ospedale, per esempio il Tracheal team…

Insieme con il dott. Sergio Bottero, responsabile di chirurgia delle vie aeree, abbiamo creato il primo team aereo-digestivo in Italia - e uno dei pochi in Europa – che lavora insieme in maniera integrata. Abbiamo pazienti che vengono ricoverati nella stessa unità operativa e gestiti insieme e poi in sala operatoria interveniamo con procedure endoscopiche combinate tra la parte tracheale e quella esofagea.

Quanti interventi effettuate complessivamente in un anno?

Circa 500 interventi di endoscopia digestiva: sicuramente il maggior numero in Italia, forse in Europa. Il Bambino Gesù è considerato una struttura di eccellenza, tanto che di recente la ESPGHAN - Società europea di gastroenterologia pediatrica – ha identificato la nostra unità come centro di riferimento europeo per il training dei medici che vogliono imparare ad effettuare le procedure di endoscopia terapeutica. E' un'iniziativa che saremo in grado di avviare già nel 2019 appena creata una sala endoscopica dedicata e selezionato del personale infermieristico con la necessaria expertise.

Il lavoro di equipe è quindi fondamentale…

E' indispensabile e rappresenta la vera forza del nostro gruppo. Poter valutare collegialmente delle situazioni cliniche complesse e poter intervenire, sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico, integrando le competenze presenti nella nostra unità operativa è di grande aiuto ed è un aspetto molto apprezzato dalle famiglie e dai medici che ci inviano i pazienti.

Quale ruolo rivestono le famiglie?

Le famiglie vengono coinvolte in pieno nel trattamento del proprio figlio e anche il piccolo paziente. Prima di qualsiasi procedura spieghiamo esaustivamente perché decidiamo di intervenire in un certo modo, quali sono i benefici che ci aspettiamo e quali i rischi eventuali e come sarà possibile farvi fronte. Soprattutto spieghiamo quali alternative esistono nel nostro ospedale o anche altrove. Le procedure della direzione sanitaria sul diritto di richiedere una second opinion sono determinanti. Spesso, inoltre, le famiglie sono organizzate in associazioni come quella dei pazienti con atresia esofagea, le malattie infiammatorie croniche intestinali o con l'esofagite eosinofila con le quali collaboriamo strettamente, assieme a tanti colleghi in Italia e all'estero.

Altre particolarità?

Un aspetto collegato all'ingestione di sostanze caustiche di cui spesso si sottovaluta la pericolosità – esempio classico l'ingestione di detersivo invece che di acqua perché i liquidi sono contenuti in recipienti simili - è un brevetto messo a punto dalla nostra unità operativa. Si tratta di uno stent esofageo – si chiama "stent dinamico del Bambino Gesù" – che costituisce un prodotto estremamente originale. A breve potrà ottenere il marchio di conformità CE dell'Unione europea e sarà messo in vendita e utilizzabile da tanti bambini che hanno questo tipo di problemi. Nel frattempo stiamo già impiantando questi stent, con l'autorizzazione ministeriale e del nostro comitato etico, per un uso cosiddetto compassionevole.

C'è, inoltre, un aspetto molto importante che è quello della simulazione. Attraverso simulatori di vario genere, simulatori animali ma anche strutture simili a quelle su cui intervenire create da stampanti 3D, possiamo testare la nostra preparazione e la strategia da attuare nell'intervento. La simulazione è importantissima non solo per la sicurezza dell'intervento ma anche per aiutare le famiglie a gestire dimissioni protette per pazienti con situazioni cliniche particolari.

Qual è il futuro?

L'ingegneria tessutale. Alcuni bambini nascono con atresia dell'esofago, cioè privi di un tratto di esofago. Il dott. Pietro Bagolan per la chirurgia neonatale e la nostra unità per i bambini più grandi, opera per sopperire alla mancanza del tratto di esofago con interventi molto complessi non esenti da complicazioni di vario genere. Oggi siamo in una fase sperimentale avanzatissima della creazione di uno scaffold – cioè una struttura, uno stampo dell'esofago, fatto di tessuto animale ma può essere fatto anche di poliuretano o di materiali particolari prodotti con la stampante 3D – nel quale vengono "sparate" le cellule staminali con un apparecchio particolare che si chiama bioreattore. In questo modo la struttura si impregna di cellule staminali così che noi possiamo impiantarle e favorire la migrazione di tessuti. Negli interventi che abbiamo già fatto, abbiamo osservato che le cellule muscolari delle due estremità sane dell'esofago sono migrate all'interno dello scaffold, ricostruendo addirittura lo strato muscolare. Il tessuto viene decellularizzato dall'équipe del prof. Franco Locatelli, responsabile della terapia cellulare e genetica dell'ospedale, con le cellule staminali del paziente ricevente. In collaborazione con il Policlinico Gemelli, abbiamo già concluso un certo numero di interventi – per adesso ancora sugli animali - che hanno dato ottimi risultati tanto che stiamo ipotizzando già per l'anno prossimo di estenderli ai primi pazienti pediatrici. Prima che sia conclusa la mia esperienza al Bambino Gesù spero di poter vedere che, a seguito di una diagnosi prenatale di atresia dell'esofago, al paziente venga fatto un prelievo di cellule staminali dal cordone ombelicale così da preparare lo scaffold con le sue cellule. Quando il bambino nascerà, avrà già a disposizione i centimetri che gli mancano di tessuto dell'esofago pronti per essere impiantati. Questo è il sogno con cui cerchiamo di dare un futuro migliore ai nostri pazienti. E' il futuro, ma ormai veramente prossimo.




 
 

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