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L'insufficienza intestinale: novità di trattamento e prospettive future

Migliorano diagnosi precoce e gestione della malattia. Intervista alla responsabile di Nutrizione Artificiale, Antonella Diamanti


  
L'insufficienza intestinale in età pediatrica è una condizione per la quale il bambino non è in grado di nutrirsi in modo stabile così da garantire una crescita normale. In questi casi la
nutrizione parenterale costituisce una terapia salvavita. Pur essendo l'insufficienza intestinale il risultato di patologie rare, i casi sono aumentati negli ultimi anni come spiega la dottoressa Antonella Diamanti, responsabile di Nutrizione Artificiale, in occasione del convegno nazionale di studi "Novità nella gestione della insufficienza intestinale" in corso di svolgimento a Roma.

Alcuni dati dicono che l'insufficienza intestinale cronica è in aumento rispetto al passato: è così?

In poco più di 10 anni, in effetti, i casi sono più che raddoppiati. Uno studio epidemiologico relativo ai pazienti in nutrizione parenterale per insufficienza intestinale in tutt'Italia, presentato a Bologna nel 2005, citava una prevalenza di 6.3 casi per milione di soggetti al di sotto dei 18 anni. Un analogo studio pubblicato nel 2017 dà un numero pari a 14.2 casi per milione di ragazzi al di sotto dei 19 anni, un valore fissato a dicembre 2016. Si tratta in ogni caso di una malattia rara, ma stiamo assistendo a una problematica clinica in grande espansione. Per varie motivazioni.

Quali sono?

I medici, soprattutto i neonatologi, sono in grado di individuare meglio questi casi e li inquadrano sotto il profilo diagnostico in maniera più precoce e più dettagliata. Molte delle patologie che portano all'insufficienza intestinale sono rare e gravi e, per questo, spesso erano causa di mortalità precoce nei primi mesi di vita. Di fatto oggi la mortalità precoce legata a questa malattia è molto diminuita. E' migliorata inoltre la capacità di gestione sul lungo termine. I bambini che in passato ricorrevano alla nutrizione parenterale avevano una speranza di vita ridotta rispetto a oggi. I progressi che abbiamo avuto nella diagnosi e nella gestione hanno determinato a un aumento significativo dei numeri complessivi dei pazienti in Italia e in Europa.

Quali sono le cause dell'insufficienza intestinale?

Sono di varia natura, sia intestinali che non intestinali. Proprio questo secondo gruppo è tra i motivi dell'incremento della prevalenza dei numeri della malattia perché l'insufficienza intestinale è, ad esempio, una complicanza caratteristica dei trapianti di midollo oggi sempre più diffusi. Una malattia che si chiama Graft Versus Host Disease – GVHD, espressione di una complessa reazione immunologica delle cellule immunocompetenti del donatore nei confronti di tessuti e organi del ricevente, può produrre una sofferenza intestinale grave che richiede la nutrizione parenterale per parecchio tempo. Anche se la percentuale maggiore riguarda patologie di insufficienza intestinale cronica, oggi vediamo sempre più pazienti con patologie non digestive ma con effetti che alterano il funzionamento dell'intestino. In Italia la prima categoria riguarda circa l'85% dei pazienti, mentre la seconda si aggira sul 15%.

Le cause digestive da cosa dipendono?

Le cause digestive sono di due ordini. Per prima cosa le problematiche chirurgiche: i bambini che nascono con delle malformazioni congenite dell'apparato gastro- intestinale spesso devono subire degli interventi di resezione intestinale. Viene rimossa una certa quota di intestino e gli specialisti intervengono sulla parte che rimane per farla adattare e ottenere il più possibile una funzione normale. Si tratta di un processo che richiede però molto tempo. Nel frattempo il bambino va supportato con la nutrizione parenterale per vena. Le resezioni alla nascita riguardano più o meno il 50- 60% dei casi. L'altro 40% è suddiviso tra cause considerate mediche e cioè condizioni in cui l'intestino ha una alterazione della motilità per cui non riesce a funzionare nella sua attività propulsiva. Questi bambini vanno incontro a delle condizioni di arresto del tratto alimentare per cui il contenuto alimentare si blocca. E' la causa legata al 20-25% dei casi. Possiamo avere, inoltre, delle alterazioni congenite dell'epitelio e della mucosa dell'intestino che impedisce l'assorbimento dei nutrienti. Sono le cosiddette diarree intrattabili che provocano il malassorbimento di tutti gli alimenti che immettiamo. Queste due condizioni, sia quando l'alimento si blocca nell'intestino sia quando non viene assorbito, richiedono per la crescita del bambino che venga nutrito per vena ed è quello che fa la nutrizione parenterale.

E' una terapia salvavita. Per questi bambini è da considerare alla stregua della dialisi per i pazienti con insufficienza renale. Il rene serve ad eliminare dall'organismo i prodotti tossici. In assenza del rene questa funzione viene svolta dalla dialisi. Così nel bambino l'intestino serve ad assorbire i nutrienti e a farlo crescere. In mancanza, occorre svuotare le sostanze direttamente nel sangue cercando di by-passare la funzione intestinale assorbitiva che non funziona.

Ci sono novità nel trattamento?

L' Ospedale Bambino Gesù si è fatto promotore di molte iniziative che possono arricchire il quadro di strategie di terapia. Sicuramente la nutrizione parenterale rappresenta ancora la prima opzione e almeno nei primi anni di vita è fondamentale per far sviluppare in maniera corretta i bambini. I progressi della chirurgia, inoltre, nel caso di interventi di resezione dell'intestino, possono accelerare il recupero della funzione intestinale della porzione di intestino residuo e, quindi, ridurre i tempi di dipendenza dalla nutrizione parenterale. Si inizia, anche, a valutare l'efficacia di farmaci che possono in qualche maniera migliorare l'adattamento intestinale. Il nostro ospedale è stato il primo centro in Italia e uno dei pochi selezionati in Europa per avviare dal 2017 un trial clinico relativo all'impiego di un nuovo farmaco che potrebbe dare prospettive concrete in questa direzione.

Esistono altre possibilità?

Da qualche anno anche al Bambino Gesù una chance per questi pazienti arriva dal trapianto d'intestino. Viene fatto, però, solo quando i bambini hanno sviluppato complicanze della nutrizione parenterale che rendono difficile la prosecuzione della stessa. In presenza di un grave problema epatico legato alla tossicità da parenterale, per esempio, candidiamo il paziente al trapianto di fegato e d'intestino combinato. Tuttavia si cerca di non arrivare a questi stadi perché nel corso del tempo la nutrizione parenterale è stata oggetto di una capacità di gestione sempre migliore che è in grado di evitare i pericoli ad essa connaturati. Infatti, i casi in cui si è reso necessario arrivare al trapianto epatico sono diminuiti. Occorre sottolineare che il trattamento di questi pazienti richiede dei centri altamente specializzati con una rete di professionisti in grado di interagire per offrire le migliori possibilità di cura.

Quali specialisti sono coinvolti?

La gestione è necessariamente multidisciplinare. La figura cardine è il gastroenterologo ma sono coinvolti: neonatologo, chirurgo digestivo, chirurgo endoscopista, chirurgo neonatale, radiologo generale, radiologo interventista, epatologo, trapiantologo, il coordinamento della nutrizione artificiale con la dietista, farmacista per la preparazione di parenterali personalizzate e non sacche standard, infermieri specialisti nella gestione del catetere e nella gestione delle stomie, psicologo, assistente sociale. Non è solo importante che ci siano delle figure nell'ambito della stessa struttura ospedaliera ma è essenziale che condividano costantemente il flusso delle informazioni riguardanti il paziente. E' importante che la struttura ospedaliera sia in grado, come al Bambino Gesù, di gestire 24 ore su 24 eventuali complicanze che potrebbero essere urgenti e gravi, anche con l'ausilio di laboratorio e radiologia. E' fondamentale, inoltre, seguire nuove piste di ricerca. Al Bambino Gesù lavoriamo affiancati dai laboratori di genetica che ci supportano nella capacità di effettuare molte diagnosi nuove e di quelli di parassitologia che studiano la possibilità di trattamento con il microbiota. L'ospedale ha già sperimentato il trapianto fecale che in alcune condizioni particolari potrà essere esteso anche ad alcuni di questi pazienti.

Perché avete proposto, tra gli obiettivi del congresso, il riconoscimento dell'insufficienza intestinale tra le malattie rare?

E' importante poter unificare il percorso sanitario amministrativo di questi pazienti su tutto il territorio nazionale, per esempio in tema di rimborsabilità dei farmaci, perché attualmente ogni regione ha regole diverse dalle altre. Il riconoscimento dell'insufficienza intestinale come malattia rara indipendentemente dalla patologia che la provoca produrrebbe una identità di trattamento correggendo degli squilibri significativi. Alcune patologie, infatti, sono riconosciute come rare e per questo hanno delle facilitazioni sul territorio, che invece altre cause di insufficienza intestinale non hanno. Il volvolo intestinale è la maggior causa in Italia che conduce alla resezione dell'intestino, ma non è riconosciuto come malattia rara. Per cui il paziente che ha subito una resezione dell'intestino per effetto di atresie intestinali o per una gastroschisi o altra causa che ha riconoscimento di malattia rara, usufruisce di agevolazioni che il paziente che ha subito lo stesso intervento a causa di volvolo intestinale oppure di nefropatia necrotizzante non può avere. In questo modo si introducono forti diseguaglianze tra persone che vivono già grossi problemi ed è giusto correggerle.




 
 

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