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Ascesso cerebrale

Viene diagnosticato tramite risonanza magnetica con mezzo di contrasto, spesso è causato da patogeni quali micobatteri, protozoi e funghi 

L'ascesso cerebrale è un processo infettivo localizzato che può presentarsi con un'ampia varietà di sintomi e segni clinici a seconda del numero, della localizzazione e delle dimensioni dell'ascesso.
Può essere determinato da agenti batterici, micobatterici, protozoi e funghi.
Si tratta di una patologia rara: la sua incidenza annuale è di circa 0,3 – 0,9 nuovi casi per 100.000 abitanti e cresce nei pazienti con un sistema immunitario compromesso o nei pazienti trapiantati, in cui i principali microrganismi causali sono opportunistici.
La maggior parte dei pazienti che sviluppano un ascesso cerebrale ha nella propria storia delle condizioni predisponenti (ad es. traumi penetranti, interventi neurochirurgici, infezioni dell'orecchio o dei seni paranasali). (Fig. 1)

Fig. 1

La classica triade di sintomi è rappresentata da cefalea, febbre e deficit focali neurologici, sebbene i pazienti possano presentare soltanto alterazioni comportamentali o disturbi cognitivi.

Gli accertamenti d'immagine da eseguire sono: la TC con mezzo di contrasto, per confermare la presenza di una massa.
La risonanza magnetica con mezzo di contrasto, per definire le caratteristiche della massa e distinguerla da altre patologie (ad es. lesioni tumorali). Contribuiscono alla diagnosi anche alcune alterazioni di laboratorio (ad es. indici di infiammazione e globuli bianchi elevati).
Nei pazienti in cui la causa dell'ascesso non è evidente né vi sono condizioni predisponenti, può essere avvenuta la disseminazione ematica da focolai infettivi in altri organi (ad es. polmone, denti, cavo orale, cuore). 

Identificare l'agente patogeno è fondamentale per iniziare una terapia antibiotica mirata e richiede un intervento di aspirazione del contenuto cistico dell'ascesso per coltivare il liquido prelevato.
La durata della terapia antibiotica endovena raccomandata in caso di infezioni batteriche è di 6-8 settimane e può essere convertita in terapia orale dopo 2 settimane nei pazienti con una buona risposta clinica. La terapia non va interrotta se la cavità ascessuale è ancora visibile nei controlli di risonanza.
I progressi della diagnostica, della chirurgia mini-invasiva e delle terapie antibiotiche, hanno permesso una migliore prognosi e una sensibile riduzione della mortalità e morbilità.


  • A cura di: Carlo Efiso Marras, Federico Vigevano
    Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 09 dicembre 2019


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