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Malattie dalla A alla Z

Ipospadia

È una malformazione congenita che può essere corretta con un intervento chirurgico. Ecco cosa c'è da sapere, dai sintomi nel bambino ai possibili trattamenti 

L'ipospadia consiste nello sviluppo anomalo degli organi genitali esterni verso la linea maschile, durante la vita embrionaria. Clinicamente esistono forme di ipospadia a varia gravità, che devono essere inquadrate correttamente fin dalla nascita. Casi complessi infatti possono portare inizialmente anche a erronea attribuzione del sesso del neonato. La malformazione interessa 1 su 300 maschi nati vivi. Studi retrospettivi condotti su casi a tendenza familiare hanno fatto ipotizzare per questa malformazione, un modello di eredità multifattoriale autosomica a penetranza variabile.

La patogenesi consiste in un'increzione anomala dell'ormone testosterone a livello gonadico, o dovuta al deficit primitivo ipofisario del feto durante la fase embrionaria di sviluppo dei genitali esterni. Vi può essere altresì un deficit di sintesi, di azione, o di conversione periferica del testosterone, per blocco dei recettori specifici dell'area genitale, con arresto della differenziazione embrionaria in senso maschile.
Il meccanismo attraverso il quale tutte queste possibili alterazioni possano concertarsi nella costituzione della malformazione non è ancora completamente chiarito, anche se l'ipotesi più probabile cade sull'interferenza di alcuni fattori esogeni, come alcune malattie virali, l'azione incontrollata delle radiazioni ionizzanti, di svariati agenti chimici, sostanze ad attività paraormonale, carenze vitaminiche in gravidanza, la sofferenza fetale ipossica, etc.

La manifestazione clinica si evidenzia con alcune caratteristiche distintive, isolate o in associazioni più o meno bizzarre:

- Meato uretrale esterno (M.U.E.) di calibro più o meno ridotto, situato in posizione anomala, potenzialmente su ogni tratto del rafe peno-scrotale ventrale in corrispondenza della linea mediana;
- Incurvamento ventrale dell'asta detto "recurvatum";
- Ipoplasia del glande e/o schisi cutaneo-glandulare dello stesso, che appare aperto ventralmente a pagina di libro con esposizione del piatto uretrale;
- Prepuzio eccedente sul dorso;
- Trasposizione peno-scrotale fino allo scroto bipartito nelle forme più gravi.

Tra tutti i criteri classificativi proposti, sembra più utile quello in base al punto in cui viene localizzato il Meato Uretrale Esterno (M.U.E.):

- Ipospadia apicale quando il M.U.E. è sulla faccia ventrale del glande, dal solco balanico fino a 4-5 mm dall'apice del glande (costituisce il 45%);
- Ipospadia distale quando IL M.U.E. si localizza tra il 1/3 distale del pene ed il solco balanico (rappresenta il 35%);
- Ipospadia prossimale quando il M.U.E. è situato tra il perineo e il 1/3 distale della superficie ventrale del pene, a livello penieno medio o scrotale (15%) o perineale (5%);

Forme di ipospadia con presenza d'incurvamento ventrale dell'asta, e con le caratteristiche cutanee proprie della malformazione già descritte, ma con sbocco del meato uretrale esterno (M.U.E.) in posizione regolare, vengono definite "ipospadia cutanea o ipospadia sine ipospadia".

I pazienti affetti da questa malformazione possono incorrere in e, in relazione alla gravità delle diverse forme cliniche, in base alla sede del M.U.E., al suo calibro, alla presenza o meno dell'incurvamento.
Mentre nelle ipospadie distali la minzione avviene in genere senza impedimento, in quelle prossimali vi è l'impossibilità a dirigere il getto urinario, per cui l'urina viene espulsa a raggiera, costringendo il bambino ad urinare il più delle volte in posizione seduta.
Normalmente non è comunque l'errata posizione del M.U.E. a dare i sintomi più gravi e fastidiosi, quanto la stenosi del M.U.E. La minzione in questi casi è laboriosa e spesso è associata a dolore. Il bambino urina poco e spesso con residui e reflussi urinari.
La stenosi deve essere corretta in fase precoce per evitare eventuali complicanze come le infezioni ascendenti e la possibile insufficienza renale cronica.
I disturbi sulla sfera psichica riguardano i comprensibili disagi che l'adolescente affetto prova nella vita di relazione e, più tardi, nei confronti dell'altro sesso, che possono innescare stati di ansia o depressione e nei casi più gravi incapacità di avere rapporti.

L'approccio diagnostico di base mediante l'esame obiettivo e l'anamnesi accurata risulta sufficiente all'inquadramento delle forme più lievi. I casi più gravi (ipospadia medio-peniena e/o prossimale) vanno integrati in diagnostica con esami strumentali che permettano di valutare e/o escludere eventuali alterazioni concomitanti dell'apparato urinario. Analogamente, in casi dubbi, sarà necessaria la valutazione combinata con l'endocrinologo, il genetista, lo psicologo per il corretto riconoscimento maschio/femmina. In rarissimi casi si richiede la biopsia gonadica e la laparotomia esplorativa degli organi genitali interni.

Secondo i criteri più moderni di trattamento si è concordi nell'effettuare la correzione di tutte le forme di ipospadia, anche di quelle apicali, entro il 2° anno di vita, possibilmente in un unico tempo operatorio.
È stato dunque superato il vecchio concetto che prevedeva di effettuare la correzione solo delle forme più gravi, sottovalutando l'impatto psicologico del problema estetico. Dal punto di vista morfologico l'intervento chirurgico deve consentire la correzione dell'incurvamento e/o la derotazione dell'asta in modo da impedire atteggiamenti viziati, la ricostruzione del tratto uretrale mancante, fino all'apice del glande di calibro normale, uniforme e stabile nel tempo, prevenendo possibilmente restringimenti, dilatazioni, e tortuosità.
La ricostruzione deve anche garantire un aspetto estetico il più possibile normale, ed evitare l'innesco di problemi sulla sfera psicologica. Dal punto di vista funzionale, l'atto chirurgico deve assicurare lo sviluppo completo e corretto a tutti gli effetti del normale accrescimento.

Le forme apicali e distali, che rappresentano l'80% circa di tutta la patologia, possono essere trattate mediante apicalizzazione del M.U.E. e/o con l'avanzamento uretrale distale fino al glande, in un unico tempo operatorio. Si richiede una degenza media di circa tre giorni con o senza cateterizzazione.
Le uretroplastiche sono riservate alle forme più gravi: possono essere affrontate in uno o più tempi operatori e necessitano anch'esse di circa cinque giorni di ospedalizzazione. È da considerare che mentre è possibile ricostruire un canale uretrale, non si può ricostituire il suo corpo spongioso che fa da manicotto contrattile. Di conseguenza nella pianificazione andrà attentamente valutato il calibro del canale neoformato, evitando esuberanze, in considerazione della possibile distensione che la pressione esercitata dal flusso minzionale può inevitabilmente amplificare.

Le complicanze dell'intervento possono essere immediate, quando si verificano nel periodo postoperatorio e tardive, quando avvengono a distanza di mesi o di anni.
Le complicanze minori/immediate sono gli spasmi vescicali, la perdita urinaria e/o flemmoni urinosi, ematomi e infezioni. Il controllo di queste può avvenire con terapie fisiche e/o farmacologiche. Esse si sono notevolmente ridotte con l'avvento della tecnica dell'uretroplastica mini-invasiva, con il progredire della qualità delle medicazioni e con il progressivo disuso del catetere.
Le complicanze maggiori/tardive comprendono le fistole uretro-cutanee, diverticoli e stenosi uretrali e stenosi del meato. Queste ultime evenienze possono essere corrette solo con ulteriore intervento chirurgico. Anche qui risulta fondamentale la filosofia di approccio clinico-strumentale, pena il fallimento dell'intervento correttivo.
Le fistole possono essere l'epifenomeno di uno slargamento o restringimento uretrale per cui il flusso, trasformandosi da laminare in vorticoso, causa un continuo trauma sulle pareti dell'uretra ricostruita. In questi casi particolari il tramite che va dalla cute all'uretra deve essere isolato con regolarizzazione e nuova calibrazione dell'uretra per evitare possibili recidive.
Ad analoga ricalibrazione si dovrà ricorrere al riscontro di diverticoli che creano sacche di ristagno urinario che a loro volta sostengono infiammazioni ed infezioni croniche.
La complicazione maggiore più grave è costituita dalla stenosi uretrale, causata da tecnica inadeguata o da intervento di uretroplastica inficiato da necrosi e/o guarigione definitiva cicatriziale per seconda intenzione. In questi casi si dovrà ricorrere ad ulteriore uretroplastica scegliendo i tessuti residui donatori più adatti e, nei casi più gravi, ricorrendo ad innesti di mucosa prelevati nel cavo orale dalla parte interna della guancia.

Il bambino operato viene dimesso normalmente dopo tre-cinque giorni dall'intervento in relazione logistica anche alla località di provenienza.
Può essere sottoposto normalmente a doccia tiepida, usando sapone disinfettante a risciacquo senza utilizzo di spugne abrasive. Localmente devono essere applicate pomate antibiotiche per altri dieci giorni, due volte al giorno, dopo il comune lavaggio.
Durante la convalescenza il bambino deve astenersi dall'effettuare giochi che possano sottoporlo a traumatismi, come l'uso della bicicletta, del pallone, etc.
Potrà camminare in casa senza prolungare eccessivamente la stazione eretta. Il ritorno a scuola è previsto normalmente dopo dodici quindici giorni per i bambini più grandi. La ripresa dell'attività sportiva, può avvenire dopo un mese dall'avvenuto intervento.

 


  • A cura di: Luigino Santecchia
    Unità Operativa di Chirurgia Plastica e Maxillo-Facciale
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 09 dicembre 2019


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