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Osteosarcoma

È un tumore maligno delle ossa e si manifesta con una tumefazione nella sede colpita. Il trattamento prevede l'adozione combinata di chemioterapia e chirurgia 

L'osteosarcoma è un tumore maligno che origina dal tessuto mesenchimale primitivo ed è caratterizzato dalla produzione di tessuto osseo immaturo da parte delle cellule neoplastiche.
Ci sono alcuni fattori genetici che aumentano il rischio di questo tumore osseo, per esempio mutazioni nei geni p53 (sindrome di Li-Fraumeni) e RB1 responsabili anche della comparsa di altri tipi di cancro come il retinoblastoma. Tra le sindromi genetiche che aumentano il rischio di osteosarcoma oltre alla sindrome di Li-Fraumeni, riconosciamo la sindrome di Rothmund-Thompson, la sindrome di Bloom e la sindrome di Werner. È frequente la comparsa dell'osteosarcoma come secondo tumore in pazienti già trattati con radioterapia per altre patologie maligne dell'infanzia.

In Italia si calcolano ogni anno circa 500 nuovi casi di tumori maligni primitivi dell'osso e il 20-25% è rappresentato da osteosarcomi, quindi 110-125 casi all'anno (fonte AIRC).
Rappresenta il 60% dei tumori maligni dell'osso entro i primi 20 anni di vita; ne è più colpita la fascia di età tra i 10 e i 20 anni. Clinicamente si manifesta con la comparsa di una tumefazione e di dolore nella sede di malattia specialmente a livello della parte distale delle ossa lunghe, come omero o femore, a differenza del sarcoma di Ewing. Nel 15-20% dei casi la malattia si presenta in forma metastatica. La sede più frequente di metastatizzazione è rappresentata dai polmoni. 

Come per la maggior parte dei tumori, anche per l'osteosarcoma la probabilità di guarigione e la scelta del trattamento più adatto dipendono da diversi fattori quali l'aggressività, lo stadio della malattia e la possibilità di asportare completamente il tumore con l'intervento chirurgico.
Anche la cura dell'osteosarcoma, coinvolge medici di diverse discipline, comprendenti l'oncologo, l'ortopedico oncologo, il medico riabilitatore e il fisioterapista.
Il trattamento consiste di un approccio combinato tra chemioterapia e chirurgia, non essendo la radioterapia efficace in questa patologia. Queste tecniche insieme hanno permesso un miglioramento della prognosi globale dei pazienti che è passata da meno del 30% agli inizi degli anni '60 (spesso complicata da amputazioni invalidanti), a circa il 75% dei giorni nostri nei casi di malattia localizzata.  
Attualmente in Italia è in uso il protocollo di cura, in collaborazione con l'Italian Sarcoma Group (ISG) e l'Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP), nominato OS2.
Lo schema di trattamento prevede una fase iniziale detta neoadiuvante costituita da 4 cicli di terapia, una fase chirurgica con la determinazione della necrosi del tumore (percentuale di cellule morte del tumore), a cui segue una fase adiuvante che varia per durata in base alla necrosi tumorale.
I farmaci utilizzati comprendono l'adriamicina, il metotrexate, il cisplatino e l'ifosfamide. Nei casi in cui il tumore esprima una particolare proteina chiamata P-glycoprotein è raccomandato l'uso della mifamurtide, attivatore dei macrofagi a livello polmonare che riduce il rischio di metastasi polmonari ed eradica eventuali micrometastasi polmonari.
Farmaci target e di nuova generazione, come lenvatinib, afatinib e pembrolizumab solo per citarne alcuni, sono in fase di studio anche nell'osteosarcoma resistente o recidivato dopo le terapie convenzionali e sono largamente impiegati presso il nostro ospedale in studi clinici internazionali, coordinati attraverso il nostro Clinical Trial Center (CTC), in collaborazione con le ditte farmaceutiche (studi profit) e organizzazioni internazionali o accademiche (studi no profit), come l'ITCC (Innovative Therapies for Children with Cancer).

La prognosi è drammaticamente cambiata in favore della guarigione negli ultimi 30 anni, arrivando a circa il 70% nei casi di malattia localizzata e a circa il 40% nei casi con malattia metastatica e ad alto rischio. Le forme metastatiche pluridisseminate, hanno una prognosi infausta che spesso non supera il 15%.
I pazienti guariti, oggi giorno, normalmente non presentano sequele gravi e invalidanti legate ai trattamenti chirurgici; le limitazioni funzionali legate alla protesizzazione, cioè quei danni e difetti di articolazione dei movimenti degli arti sono presenti nel 65% dei casi. Circa un 12% dei pazienti subisce un'amputazione. 

Dal 2013 il gruppo di studio sui sarcomi dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù si propone di studiare e applicare in via traslazionale i migliori approcci di cura derivanti dalle ricerche avviate presso i laboratori di ricerca della sede di San Paolo, con l'intento di rendere le terapie sempre più costruite su misura per ogni singolo paziente. Presso i laboratori di ricerca sono in atto studi di immunoterapia (dott.ssa Quintarelli/dott. De Angelis), anti-angiogenesi e proteomica (dott.ssa Di Giannatale) e epigenetica (dott.ssa Rota).
Il gruppo diretto dal dott. Giuseppe Maria Milano, opera e coopera all'interno di diversi gruppi di studio italiani ed europei nel miglioramento continuo degli attuali standard di trattamento e collabora attivamente con l'Istituto dei tumori di Roma Regina Elena (dott. Biagini e dott.ssa Foianesi).
È presente in ospedale un ambulatorio di oncologia muscolo-scheletrica per la definizione e presa in carico dei pazienti con malattia oncologica il primo ed ultimo venerdì del mese con l'oncologo di riferimento, il chirurgo ortopedico e il chirurgo generale.


  • A cura di: Giuseppe Maria Milano, Ida Russo
    Unità Operativa di Onco-Ematologia
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 31 ottobre 2019


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