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Salute dalla A alla Z

Allattamento al seno: come si allatta

Per alcune donne è un processo istintivo. A volte, le neomamme possono aver bisogno di aiuto e sostegno, soprattutto nei primi tempi dopo il parto 

Madre e bambino sono, dal punto di vista anatomico e fisiologico, naturalmente programmati per essere in grado di condurre l'allattamento al seno.
L'allattamento al seno è per alcuni aspetti assolutamente istintivo: se si lascia un neonato appena nato sul ventre materno, si potrà osservare come lentamente riesca a spingersi verso il seno ed inizi a succhiare. D'altro canto altri aspetti sono invece appresi, culturali: se la mamma ha avuto modo di osservare l'esperienza dell'allattamento, le verrà naturale applicarla. Non sempre però le mamme hanno avuto questa opportunità e possono aver bisogno di aiuto e sostegno soprattutto nei primi tempi dopo il parto. Per questo motivo un argomento così importante dovrebbe essere affrontato già durante la gravidanza con letture specifiche, o nei corsi di informazione che si tengono prima della nascita.

È importante che venga data l'opportunità di iniziare ad allattare il prima possibile dopo il parto.
L'Unicef considera questo uno dei criteri fondamentali di valutazione degli ospedali che promuovono l'allattamento al seno. In questa fase infatti il bambino è particolarmente attivo e disponibile a poppare, inoltre la sua vicinanza può aiutare la mamma a concretizzare quel meraviglioso passaggio "dalla vita dentro alla vita fuori" e si stimolerà la produzione del latte.

Durante la poppata la mamma può scegliere la posizione nella quale si trova più comoda. Può mettersi seduta sul letto o su una poltrona, eventualmente sollevando un po' le gambe con un sostegno sotto i piedi. Può preferire la posizione sdraiata su di un fianco, specie all'inizio a causa dei punti sul perineo o di un parto cesareo; tale modalità rimane molto utile, anche successivamente, per poter allattare di notte senza alzarsi. Si può affermare che qualunque posizione è valida, soprattutto se la schiena è ben sostenuta.
Il bambino deve avere il corpo rivolto verso quello della mamma. Se è tenuto in braccio, le spalle e il sederino devono essere ben sostenuti dall'avambraccio della mamma o dalla sua mano in modo che il collo sia lievemente esteso. È importante che la testa sia allineata al corpo, cioè orecchio, spalla e fianco devono essere sulla stessa linea. Inoltre il bambino dovrà trovarsi con il naso ben centrato davanti al capezzolo. Per tenere il bambino alla stessa altezza del seno, può anche essere utile un cuscino poggiato sulle ginocchia. Il seno può essere sostenuto con la mano posta a formare come una "C" (cioè le quattro dita sotto la mammella e il pollice al di sopra). La mamma può così dirigere il capezzolo verso le labbra del bambino e sfiorarle al fine di stimolarlo delicatamente a spalancare la bocca. Evitare la posizione delle dita "a forbice", in quanto l'areola non è sufficientemente libera da permettere un'adeguata presa da parte del bambino. Inoltre la pressione delle dita sull'areola potrebbe ridurre la fuoriuscita del latte. Appena la bocca sarà ben spalancata è opportuno che la mamma avvicini rapidamente il corpo del bambino verso il seno. In questo modo il bambino riuscirà ad introdurre in bocca non solo il capezzolo ma anche una porzione, la più ampia possibile, dell'areola mammaria, soprattutto della sua parte inferiore.
Attaccato il bambino al seno, è utile assicurarsi che:

- La bocca sia ben aperta;
- Le labbra siano rivolte all'esterno;
- La lingua si trovi tra il seno e il labbro inferiore;
- Il mento deve toccare il seno

Se si sente dolore ai capezzoli potrebbe dipendere dal fatto che il bambino non è ben attaccato: è necessario quindi introdurre un dito tra la cute dell'areola e la bocca del bambino per staccarlo delicatamente e riprovare ad attaccarlo, controllando che il bambino tenga la bocca bene aperta per afferrare l'areola e non solo il capezzolo. Se la mamma ha l'impressione che il bambino abbia il naso troppo vicino al seno, può spostare il sederino verso di lei e il naso si allontanerà automaticamente.

Quando il bambino è attaccato in modo adeguato al seno si osserva che, dopo le prime suzioni più rapide, cambia il ritmo che diventa più lento e profondo in relazione all'aumentato flusso del latte. Le guance del bambino si presentano piene, senza fossette, e si dovrebbe ascoltare il rumore delle deglutizioni, segno evidente che il bambino sta assumendo latte. Nei primi tempi le poppate possono anche durare più di mezz'ora, l'importante è osservare che il bambino sia attaccato correttamente e che sia attivo nella suzione. 

Non bisogna aspettare che il bambino pianga per farlo poppare, è bene cogliere i primi segnali di fame (si sveglia, gira la testina, si succhia le manine). Se il bambino dá l'impressione di aver bisogno di succhiare, è utile farlo poppare e non proporgli un succhiotto o qualcosa da bere (acqua, tisane, etc.) poiché possono interferire sulla stabilizzazione della dinamica della suzione e dell'avvio fisiologico dell'allattamento. 

Se il bambino è un po' più piccolo o pigro tende a dormire molto per cui può essere necessario nelle prime settimane stimolarlo attivamente a poppare. Il corpo della mamma produce latte in relazione alle richiesta che provengono dal bambino: più il bambino poppa, più stimola l'offerta materna di latte, più il bambino riesce a svuotare il seno e più latte si riforma. È utile che la mamma controlli che il bambino che si alimenta solo con latte materno bagni in abbondanza almeno sei pannolini al giorno, che le urine siano chiare e che cresca almeno 125 grammi a settimana. Se c'è qualche dubbio, se il bambino non appare soddisfatto o è molto sonnolento, se anche dopo le prime settimane le poppate sono ancora molto frequenti e durano più di mezz'ora, è bene chiedere una valutazione da parte del personale sanitario esperto. 

Alcune situazioni possono richiedere particolare attenzione e aiuto nelle prime settimane dopo il parto:

- Essere al primo figlio;
- Aver subito un parto cesareo;
- Aver somministrato al bambino di supplementi non di latte materno;
- Aver utilizzato tettarelle e succhiotti;
- Aver subito un parto con una fase espulsiva più lunga di 1 ora;
- Aver somministrato farmaci alla mamma durante il parto;
- Una madre in soprappeso;
- Avere i capezzoli.  

È pertanto utile, in questi casi, farsi aiutare.

La mamma può rivolgersi al centro di maternità dove è nato il bambino, al suo pediatra, ai consultori, ad associazioni che propongono un supporto nel puerperio o a personale sanitario esperto. Inoltre, il confronto con mamme che vivono o hanno vissuto l'esperienza della maternità e dell'allattamento può aiutare a condividere i sentimenti e le preoccupazioni di questi primi tempi.  'rel=0'

 


  • A cura di: Guglielmo Salvatori, Immacolata Dall'Oglio
    illustrazioni di: Guglielmo Salvatori, Immacolata Dall'Oglio
    Unità Operativa di Educazione Nutrizionale Neonatale e Blud
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 09 dicembre 2019


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