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Pitiriasi rosea di Gibert in gravidanza

Infezione virale benigna della pelle caratterizzata da macchie rosee. In gravidanza può aumentare il rischio di aborto, parto pretermine, idrope fetale e anche morte fetale 

La pitiriasi rosea è una infezione virale benigna della pelle. Il suo nome ha un’origine greca: letteralmente il significato è “crusca”, probabilmente per descrivere la desquamazione “satellite” della chiazza madre. L'appellativo “rosea”, fu dato all’infezione nel 1800, ma fu il dermatologo C. M. Gibert che nel suo libro affrontò per la prima volta in modo approfondito la malattia, attribuendole il nome di pitiriasi rosea, in seguito detta appunto di Gibert.

La malattia si osserva generalmente nella fascia di età 10-40 anni, più frequentemente in primavera ed in autunno e ha un’incidenza del 6% circa nella popolazione generale. In gravidanza l’incidenza aumenta fino al 18%. La contagiosità è bassa e quindi non è una malattia molto frequente. In genere chi ha avuto una manifestazione della malattia non ha ricadute. 

A volte può capitare di notare la comparsa di una macchia rosea, leggermente squamosa, solitamente di forma ovale o rotondeggiante, di circa 1-3 cm di diametro, più frequentemente sulla cute dell’addome, oppure del tronco, delle cosce, delle braccia o del collo. In genere questa banale macchia, “chiamata chiazza madre,” non viene notata subito perché non dà prurito nel 75% delle persone che la manifestano.

Dopo circa due settimane fioriscono però sulla cute molte macchie rosate, “le macchie figlie,” più piccole rispetto a quella iniziale, che sono raccolte a grappolo e coinvolgono tutto il corpo, dando luogo a un'eruzione diffusa (esantema). Generalmente la cute del viso, del cuoio capelluto, delle palme delle mani e delle piante dei piedi è risparmiata da queste manifestazioni.

Possono comparire anche delle piccole aree di arrossamento (eritematose) sulle mucose (enantema), che solitamente compaiono insieme all’esantema, sono più frequenti nei bambini che nell’adulto e scompaiono contemporaneamente a esso o qualche giorno dopo. Ci troviamo di fronte alla pitiriasi rosea di Gibert, esantema benigno causato da un virus.  

La pitiriasi rosea è un’infezione esantematica (perché è caratterizzata dall’esantema) auto-limitantesi, in generale senza necessità di terapia specifica. L’infezione è dovuta alla riattivazione di due virus della famiglia degli Herpes virus già presenti nell’organismo allo stato latente: l’Herpes Virus di tipo 6 (HHV6) e l’Herpes Virus di tipo 7 (HHV 7).

La riattivazione dei virus HHV6 e/o HHV7, contratti solitamente durante l’infanzia, è più frequente in gravidanza, perché il sistema immunitario delle mamme in attesa è depresso normalmente, proprio per far sì che il sistema immunitario della mamma non rigetti il feto. In questa particolare situazione, in gravidanza, può essere difficile per il sistema immunitario impedire la riattivazione di un virus latente. 

La malattia decorre con sintomi lievi, riferibili soprattutto al prurito cutaneo, presente come detto soltanto nel 25% dei casi e dura circa due settimane, ma può protrarsi anche fino a 45 giorni.

Nelle donne in gravidanza che sviluppano la pitiriasi rosea, può esserci un rischio aumentato di aborto, di parto pretermine, di idrope fetale e anche di morte fetale, ma queste evenienze sono state osservate nei casi di infezione contratta nelle prime 15 settimane di gravidanza, associata alla comparsa di enantema e alla presenza di una elevato numero di virus (carica virale) nel sangue, superiore a 585 copie/ml di Herpes Virus 6.

Il ceppo di Herpes Virus 7 non sembra provocare queste complicanze. Va anche segnalato che la relazione fra infezione da virus HHV6 e effetti negativi sulla gravidanza è stata descritta in 30 pazienti osservate nell’arco di 12 anni, il che fa comprendere la rarità di queste situazioni. 

Se notate la comparsa di lesioni cutanee, contattate un dermatologo e, se la diagnosi di pitiriasi rosea viene confermata, contattate il vostro ginecologo che certamente chiederà la consulenza di un infettivologo. Vi verrà richiesto di eseguire un prelievo di sangue per la ricerca del DNA virale dei virus Herpes HHV6 e HHV7. Se la carica virale supera le 585 copie per ml di sangue e l’infezione si è manifestata prima delle 15 settimane sarà opportuno rivolgersi al ginecologo per esami più approfonditi. 

Di solito l’infezione non viene curata, ma in alcuni Centri, in presenza di fattori di rischio specifici, quali l’alta carica virale e l’epoca gestazionale precoce, viene intrapresa la terapia con Acyclovir, anche se non è stata ancora dimostrata l’efficacia certa di questo antivirale nel prevenire i possibili danni al feto. Dopo la nascita, il neonato può essere seguito presso un servizio specifico di Follow up del bambino con infezione congenita.

 

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  • A cura di: Alessandra Santisi, Cinzia Auriti
    Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 26 ottobre 2022


 
 

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