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Radioprotezione di pazienti e accompagnatori in diagnostica per immagini con radiazioni ionizzanti

Ha il compito di preservare lo stato di salute e benessere sia dei pazienti che di eventuali accompagnatori durante esami in cui si utilizzano Raggi-X 

La radioprotezione è l’insieme delle leggi, regole e procedure volte alla protezione degli individui della popolazione, dei lavoratori e dell’ambiente dagli effetti nocivi delle radiazioni ionizzanti.

In ambito sanitario possono essere effettuate diverse pratiche che implicano l’utilizzo di radiazioni (sia a scopo diagnostico che terapeutico).

In questo contesto la radioprotezione ha il compito di preservare lo stato di salute e benessere sia dei pazienti che di eventuali accompagnatori, riducendo i rischi sanitari che derivano dalle attività che prevedono l’utilizzo di radiazioni ionizzanti e che siano giustificate dai benefici che ne derivano.

Il corpo umano può essere irradiato con due modalità differenti che dipendono dalla collocazione della sorgente rispetto al paziente.

1. Se l’organismo viene irradiato da una o più sorgenti che si trovano al di fuori di esso si parla di irradiazione esterna come nel caso della diagnostica a raggi X che consente di fotografare le strutture anatomiche del corpo umano con tecniche come la radiografia, angiografia e tomografia computerizzata. In questo caso, l’esposizione del paziente e di eventuali accompagnatori presenti in sala esame è circoscritta al momento dell’esame.

2. Quando vengono effettuati esami medico nucleari, invece, viene valutata la funzionalità di un organo o un tessuto tramite esami come la SPECT o la PET. In questo caso si parla di irradiazione interna perché le sorgenti radioattive vengono introdotte nell’organismo del paziente attraverso l’ingestione o l’iniezione di un radiofarmaco (ovvero molecole che contengono al loro interno un isotopo radioattivo che decade emettendo energia sotto forma di radiazioni). In questo caso il paziente stesso diventa una sorgente di radiazioni finché non avrà escreto tutto il radiofarmaco. L’esposizione dell’accompagnatore, quindi, sarà legata alla vicinanza con il paziente e si dovrà prestare attenzione anche alla possibilità di eventuali contaminazioni poiché tutti i fluidi corporei del paziente saranno radioattivi.

Le radiazioni ionizzanti sono un debole cancerogeno per l’uomo, incluse dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel gruppo 1 della IARC.

Uno degli obiettivi della radioprotezione è quello di fare in modo che l’esposizione degli individui alle radiazioni sia al livello più basso ragionevolmente ottenibile per limitare i danni biologici che potrebbero essere provocati dall’interazione delle radiazioni ionizzanti con la materia.

La radiosensibilità dei tessuti biologici varia in relazione al tipo di tessuto: sono più radiosensibili gli organi le cui cellule sono meno differenziate e la cui attività riproduttiva è maggiore (gonadi, tessuto linfatico, midollo osseo, tiroide).

Il danno biologico dovuto alle radiazioni ionizzanti può essere somatico (che si manifesta nell’individuo esposto alle radiazioni) o genetico (che si manifesta nella progenie).

Il danno somatico può, a sua volta, avere natura probabilistica (probabilità di accadimento proporzionale alla dose da radiazioni) o deterministica (insorgenza legata al superamento di una dose soglia e gravità proporzionale alla dose da radiazioni).

Il danno genetico implica mutazioni cellulari o aberrazioni cromosomiche e può manifestarsi nella progenie sotto forma di disordini ereditari dei discendenti.

Le metodiche di diagnostica per immagini che utilizzano radiazioni ionizzanti in ambito diagnostico espongono il paziente a dosi relativamente basse di radiazioni; le alte dosi di radiazioni sono invece solitamente utilizzate volontariamente con finalità terapeutiche.

In molti casi queste dosi sono talmente basse da essere confrontabili con l’irradiazione dovuta al fondo naturale di radiazione a cui tutti siamo esposti.

Per questi motivi, in ambito radiodiagnostico pazienti e accompagnatori non sono in nessun caso interessati da possibili danni genetici.
Ad oggi, le prove epidemiologiche a supporto della maggiore incidenza di cancro o mortalità da basse dosi di radiazione non sono conclusive.

Pertanto prima di ogni esposizione medica, viene sempre valutata l’appropriatezza (giustificazione) dal punto di vista medico e si procede all’indagine solo se il beneficio per il paziente supera il detrimento sanitario che potrebbe derivarne.

Tuttavia, anche se a basse dosi non vi sono chiare evidenze riguardanti una correlazione di causa-effetto tra radiazioni ionizzanti e insorgenza del danno somatico, si assume cautelativamente che qualsiasi dose di radiazioni ionizzanti non sia esente da rischi poiché non esiste una dose soglia al di sotto della quale si possa essere sicuri che non si verifichino effetti dannosi.

Il personale sanitario deve quindi ottimizzare le procedure in modo da mantenere l'esposizione alle radiazioni ionizzanti al livello più basso ragionevolmente ottenibile.

In ambito radiodiagnostico, la valutazione dei rischi connessi all’impiego di radiazioni ionizzanti riguarda sia il paziente che eventuali accompagnatori (ad esempio, i minori che devono effettuare un esame devono sempre essere accompagnati) che li assistono e confortano durante l’esecuzione di procedure radiologiche.

La diagnostica basata sull’utilizzo di radiazioni ionizzanti genera immagini dell’interno del corpo, sia nella sua interezza che di alcune parti. È uno strumento estremamente utile per diagnosticare una malattia, determinarne la gravità e monitorare i pazienti dopo la diagnosi.

Solo il medico è in grado di stabilire se l’esame è necessario o meno. Molto spesso si guarda con timore a questo tipo di diagnostica per la paura di possibili effetti collaterali e avere un atteggiamento di cautela è certamente corretto.

D’altro canto, è bene ricordare che lo specialista che prescrive o esegue l’esame ha sicuramente valutato i rischi e i benefici a cui va incontro il paziente. Alcuni studi evidenziano come, anche in caso di indagini radiologiche ripetute, può essere più rischioso non sottoporsi a un esame (esponendosi al pericolo di non diagnosticare in tempo una malattia anche grave) che sviluppare un disturbo radio-indotto.

Gli esami radiodiagnostici vengono prescritti solo quando esiste un reale beneficio medico evitando di ripetere esami se non necessario. Tutte le macchine devono essere regolarmente sottoposte a controlli di qualità da parte dello specialista in fisica medica che deve verificare la dose erogata e la qualità delle immagini prodotte. Tutto il personale sanitario deve essere formato e aggiornato in materia di radioprotezione.

Per quanto concerne la diagnostica a raggi X è fondamentale adattare al paziente i parametri di esposizione ed esporre ai raggi X solo la zona del corpo in esame.

In diagnostica medico nucleare, sono di fondamentale importanza sia la scelta e il corretto utilizzo dei radiofarmaci che l’ottimizzazione della dose per ridurre quanto più possibile l’irradiazione agli organi critici.

A titolo di esempio, la maggior parte degli esami viene eseguita utilizzando come radionuclide il 99mTc che viene eliminato prevalentemente per via urinaria. In questo caso gli organi critici sono vescica e gonadi. Si consiglia ai pazienti sottoposti a questo tipo di esami di bere molto e svuotare frequentemente la vescica.

Il rischio da radiazioni per l’accompagnatore si può considerare trascurabile nella maggior parte dei casi. Tuttavia, ci sono delle precauzioni che è bene seguire.

Per gli esami di diagnostica con raggi X, nel caso in cui sia indispensabile sostenere o assistere il paziente durante l’esecuzione dell’esame, bisogna affidare il compito – se presente – a un accompagnatore (sono comunque esenti da questo compito minori di 18 anni e donne in stato di gravidanza), cui si deve far indossare il camice anti-X.

Per gli esami diagnostici medico nucleari, si consiglia (soprattutto a bambini e donne in stato di gravidanza) di evitare lo stretto e prolungato contatto con il paziente nelle prime ore dopo l’esame. Il periodo di adempimento può essere più prolungato per esami con alcuni tipi di radionuclidi ad emivita più lunga come ad esempio il 67Ga.

Particolare attenzione deve essere posta all’ottimizzazione degli esami in ambito pediatrico. Quando i pazienti sono lattanti e bambini, i parametri tecnici di esposizione e l’attività somministrata devono essere adeguati alle piccole dimensioni del paziente, in base a età e peso, per minimizzare la dose ai tessuti e contenere il possibile rischio associato.

Infatti, il rischio radio-indotto può essere più elevato per pazienti pediatrici per la maggiore aspettativa di vita (poiché vivono più a lungo eventuali danni hanno più tempo per svilupparsi). Tuttavia, non occorre allarmarsi eccessivamente poiché le dosi associate agli esami diagnostici sia con raggi X che con radiofarmaci sono, nella maggior parte dei casi, molto contenute.

Le donne in gravidanza che necessitano di eseguire un esame di diagnostica per immagini devono informare il medico circa la propria gravidanza accertata o presunta (il medico terrà comunque conto del fatto che la donna possa essere in gravidanza senza saperlo).

In generale, in diagnostica con raggi X l’imaging di parti del corpo della madre lontane dal feto (ad es. gli arti) espongono il feto ad una dose minore rispetto a parti più vicine come ad esempio il bacino.

Per tale ragione, qualunque sia il momento della gravidanza in cui l’esame diagnostico viene eseguito, se non interessa l’addome, presenta un rischio limitato per il feto.

Inoltre, l’imaging di parti del corpo piccole (ad es. dita, mani, piedi, caviglie) espone il feto ad una dose inferiore rispetto a quello di parti del corpo più estese (ad es. torace).

Prima di eseguire un qualsiasi esame che implichi la somministrazione di un radiofarmaco su pazienti di sesso femminile in età fertile, il medico si accerta circa il possibile stato di gravidanza e in caso positivo valuta la possibilità di rimandare l’esame.

Nel caso in cui sia necessario eseguire, in stato di necessità accertata, prestazioni diagnostiche che provocano l’esposizione dell’embrione o del feto su una donna con gravidanza dichiarata, il medico acquisisce le necessarie valutazioni dosimetriche preventive dal fisico sanitario.

In ambito medico nucleare, per quanto concerne le pazienti che allattano, il medico valuta la possibilità di rinviare l’esame; nel caso decida di eseguirlo prende in considerazione la possibilità di interrompere l’allattamento al seno materno per un tempo sufficiente perché la concentrazione del radiofarmaco nel latte si riduca a valori trascurabili.

Questo tempo dipende dal tipo di radiofarmaco somministrato. È sufficiente un’interruzione di poche ore o addirittura l’interruzione non è necessaria per alcuni radiofarmaci mentre per altri l’allattamento deve essere sospeso definitivamente.

Per quanto concerne, invece, la diagnostica con raggi X per le pazienti che allattano non c’è alcun pericolo di danneggiamento del latte materno e quindi non c’è nessuna necessità di interrompere o sospendere l’allattamento.

 

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  • A cura di: Vittorio Cannatà
    Fisica Sanitaria
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 30  Marzo 2023 


 
 

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