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Paralisi cerebrale infantile

È la causa più comune di disabilità intellettiva e motoria in età evolutiva. Occorre pianificare sin dall'inizio un progetto di riabilitazione personalizzato su cui è necessario e utile intervenire per migliorare il profilo di salute 

È la causa più comune di disabilità intellettiva e motoria in età evolutiva per cui occorre pianificare precocemente un progetto di riabilitazione personalizzato che presuppone l'identificazione di un profilo di priorità di aree di intervento, sottolineando i punti di forza e di fragilità del bambino su cui è necessario lavorare per migliorare il livello funzionale e ottimizzare la qualità della vita.

Con questa premessa la gestione (management) della paralisi cerebrale infantile va oltre i singoli interventi specifici, a cui fa da cornice e trama e necessita un approccio multidimensionale in cui il ruolo clinico riabilitativo specifico deve integrarsi con gli ambiti socio-assistenziali ed educativi.

La paralisi cerebrale infantile (PCI) è definita come un gruppo di disordini dello sviluppo del movimento e della postura che causano una limitazione dell’attività e che sono da attribuirsi a disturbi non progressivi verificatisi nel cervello fetale e infantile nel corso dello sviluppo.

I disordini motori sono spesso accompagnati da disturbi della sensibilità, della percezione, dell’intelligenza, della comunicazione, del comportamento, oltre che da epilessia e da problemi muscolo-scheletrici secondari che attualmente rientrano a pieno titolo nella definizione stessa di paralisi cerebrale e che fanno parte del trattamento integrato.

La paralisi cerebrale infantile può dipendere da numerose cause che alterano o danneggiano il cervello e in particolare le aree che controllano il movimento (la funzione motoria):

  • Infezioni materne in gravidanza (Toxoplasmosi, Rosolia, Cytomegalovirus, Herpes virus);
  • L'ipertensione in gravidanza (gestosi) che coinvolge la placenta e può provocare danni al nascituro;
  • Le anomalie della placenta e del funicolo che possono causare un'asfissia del feto;
  • Le malattie della coagulazione che possono determinare un'emorragia cerebrale del feto;
  • Carenza di vitamine, in particolare di vitamina B12;
  • Consumo di droghe in gravidanza;
  • Malattie genetiche;
  • Danni cerebrali durante il travaglio, il parto o nel periodo immediatamente successivo per prematurità grave;
  • Scarso apporto di ossigeno al cervello (anossia/ipossia cerebrale);
  • Deposito di bilirubina per ittero grave (ittero nucleare);
  • Emorragia cerebrale;
  • Setticemia neonatale.

Le manifestazioni della paralisi cerebrale infantile sono numerose e variano molto da un bambino all'altro.
Alcuni bambini manifestano fin dalla nascita problemi motori legati a debolezza muscolare o rigidità e pertanto stentano nel controllo dei movimenti e nella funzione della deambulazione.

I bambini con paralisi cerebrale infantile possono presentare:

  • Ipotonia muscolare, vale a dire ridotto tono muscolare al punto che i muscoli risultano deboli e flaccidi;
  • Spasticità muscolare, vale a dire “rigidità” che può coinvolgere gli arti inferiori (paraplegia) oppure sia gli arti inferiori che superiori (tetraplegia); può anche coinvolgere una metà del corpo (emiplegia) con paralisi del braccio e/o  della gamba o di un solo arto (monoparesi/plegia);
  • Andatura difficoltosa che più frequentemente è sulle punte dei piedi (ma talvolta può essere caratterizzata da intrarotazione degli arti o da deformità muscolo-scheletriche dei piedi);
  • Atassia, vale a dire difficoltà nel coordinamento dei movimenti con andatura incerta, difficoltà nel mantenere la posizione eretta autonoma e nel mantenere la direzione della marcia;
  • Movimenti involontari e tremori;
  • Disfagia, difficoltà nella deglutizione di alimenti di varia consistenza con masticazione difficile ed eccessiva salivazione (scialorrea);
  • Disturbo della funzione visiva, disturbo della funzione uditiva, disturbo di linguaggio;
  • Ritardo nello sviluppo psicomotorio (primi passi, prime parole…), disturbi mentali difficoltà di apprendimento;
  • Disturbi sfinterici: incontinenza urinaria e stipsi cronica.

La diagnosi si basa su un'accurata raccolta della storia clinica del bambino e su una visita altrettanto accurata.

L'esame clinico e funzionale del neonato è basato sulla osservazione dei movimenti spontanei (qualità e quantità del repertorio) che consente di fare diagnosi di sede lesionale e di formulare la prognosi (predire a medio e lungo termine lo sviluppo neuropsichico del neonato) e anche di valutare gli effetti delle cure.

Il sospetto diagnostico potrà essere confermato e approfondito con accertamenti strumentali come:

La paralisi cerebrale infantile comprende soggetti con sintomi differenti e con diverse storie cliniche e pertanto richiede fin dall'inizio trattamenti differenti e personalizzati.    

Essendo una condizione che colpisce il bambino in fase di sviluppo, richiede un trattamento precoce con controlli periodici dei risultati delle cure per consentire verifiche e modifiche di terapia in rapporto alla risposta del bambino.   

La paralisi cerebrale infantile necessita quindi di un trattamento che coinvolge direttamente anche la famiglia (care giver) e tutti gli operatori che partecipano al processo riabilitativo: fisiatri, neurologi, neurochirurghi, neuropsichiatri, ortopedici, oculisti, odontoiatri, psicologi, fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali, tecnici ortopedici, assistenti alla comunicazione, audiologi, insegnanti.

La prima cura è definita PRESA IN CARICO (CARE) ovvero definizione di un intervento tecnico, il più possibile ampio e adeguato, che accompagna il paziente per tutta la durata della vita, con lo scopo di favorire uno sviluppo adattivo, interattivo e reciproco con la sua comunità e il suo ambiente scolastico.

Pertanto la gestione della PCI va oltre i singoli interventi specifici ma si inserisce in un quadro di interventi che necessita di un approccio multidimensionale in cui il ruolo clinico riabilitativo specifico deve integrarsi con gli ambiti socio-assistenziali ed educativi.

Diversa è la PRESA IN CURA (CURE) che si riferisce a percorsi di cura limitati nel tempo con obiettivi riabilitativi dichiarati di tipo funzionale (rivolti alle funzioni adattive quali la postura seduta, il cammino, la manipolazione, etc.) o di tipo igienico assistenziale (rivolti a igiene, dolore, deformità scheletriche).

Le risorse del processo della presa in carico sono: la famiglia, la rete dei servizi territoriali (ASL e centri di Riabilitazione), la scuola, la rete parentale, la rete amicale, la rete del volontariato.

È auspicabile la maggiore tempestività della presa in carico.

La presa in carico si svolge pianificando il progetto di riabilitazione (redatto dal fisiatra) che accompagna il bambino dal momento della prima visita (Diagnosi funzionale) in accordo con i sistemi classificativi funzionali (International Classification Functional System) (ICF-CY) alla dimissione dal servizio dell’età evolutiva con passaggio di consegna ai servizi della riabilitazione dell’adulto.  

Il PROGETTO RIABILITATIVO è basato sul consenso informato per le attività riabilitative che viene definito da alcuni aggettivi: informato (prevede la consegna dell’informativa firmata dal medico), scritto in ogni condizione al di fuori dei contesti di emergenza/urgenza, datato e firmato da sanitari e genitori (con assenso e firma dell’over 14), contenente il progetto rieducativo/assistenziale con gli obiettivi e gli strumenti della rieducazione (ovvero il trattamento fisioterapico, logopedico, ortottico, etc., le ortesi, i farmaci come la tossina botulinica e gli interventi chirurgici).

L'obiettivo del progetto è di aumentare le competenze funzionali residue del bambino.

Poiché la paralisi cerebrale infantile è un diverso modo di funzionare dell'intero sistema nervoso prima che si completi lo sviluppo del bambino, il trattamento riabilitativo oltre che precoce, deve essere personalizzato (perché diverso per ogni tipo di lesione) e integrato (psicomotorio, logopedico, fisioterapico, occupazionale, ortesico (dispositivi di sostegno), farmacologico, chirurgico).

È noto che un organo danneggiato (il sistema nervoso centrale) sottoposto a un certo tipo di riabilitazione tende a riorganizzarsi più facilmente, meglio e in minor tempo.

Il trattamento non chirurgico della paralisi cerebrale infantile si basa quindi:

  • Sulla riabilitazione motoria, cognitiva, visiva, logopedica e occupazionale;
  • Sull'impiego di farmaci per attenuare la spasticità al fine di prevenire le deformità scheletriche secondarie (farmaci somministrati per bocca, per via intramuscolare, per via intratecale);
  • Sul ricorso a dispositivi per il mantenimento delle posture che aiutano il bambino a stare seduto, sdraiato o in stazione eretta
  • Sull'impiego di tutori/ortesi per contenere le deformità; scheletriche,  per fornire sostegno ai segmenti corporei lesi e per favorire la deambulazione;
  • Sull’impiego della Comunicazione Aumentativa Alternativa (C.A.A) per implementare il linguaggio non verbale.

Il ricorso alla chirurgia ha essenzialmente lo scopo di combattere le conseguenze della spasticità muscolare. Quest’ultima può essere trattata in maniera conservativa mediante inoculi di tossina botulinica (trattamento muscolare focale), impianto di pompa al Baclofene (trattamento intratecale), oppure attraverso la chirurgia percutanea fibrotomica,  la rizotomia dorsale selettiva, le osteotomie.

La riabilitazione incide sul meccanismo di recupero nel senso di ottimizzazione funzionale di una lesione del sistema nervoso centrale e può avvalersi della plasticità neuronale, vale a dire della capacità del cervello di modificare la propria struttura e le proprie funzioni in base all'attività dei propri neuroni (le cellule del sistema nervoso che lo compongono).

La plasticità neuronale quindi può influenzare la "riparazione della lesione" contribuendo a contenerla e a compensarla.

La terapia riabilitativa consiste quindi nella capacità di guidare lo sviluppo psicomotorio del bambino con appropriatezza terapeutica ovvero nel prendersi cura del bambino nel modo giusto, nel posto giusto e con il giusto consumo di risorse sviluppando via via soluzioni compatibili con l’ambiente circostante.

Deve essere chiaro che tale appropriatezza non si esplica semplicemente con la scelta di un trattamento dal “menu” delle evidenze scientifiche.

Il riabilitatore deve innanzitutto “conoscere” quel bambino ovvero comprenderne il profilo di funzionamento rispetto alle varie dimensioni che ne definiscono la condizione di salute.

Il “dosaggio della terapia riabilitativa” va calibrato sulla disponibilità, tolleranza e motivazione del bambino. La “ridondanza” di trattamento non rappresenta quasi mai occasione di apprendimento da parte del bambino, perché i tempi di acquisizione e consolidamento delle competenze vanno rispettati e l’overtreatment genera inappropriatezza.

La consapevolezza di tali criticità, deve incoraggiare i Riabilitatori nell’impegno quotidiano di applicare una clinica basata sull’evidenza (EBM) che vada incontro ai bisogni espressi dai bambini e dalle loro famiglie.

Allo stesso tempo deve essere un monito a promuovere la ricerca scientifica, esplorando approcci metodologici che si adattino maggiormente alle caratteristiche della riabilitazione infantile e agli ambiti di partecipazione del bambino nella comunità.

 

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  • A cura di: Michelina Armando
    Unità Operativa di Riabilitazione Funzionale
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 19  Aprile 2024 


 
 

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