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Ammoniemia

La determinazione dell'ammoniemia è il più delle volte richiesta per la valutazione del grado del danno epatico per gravi patologie del fegato 

L’ammoniemia indica la concentrazione nel sangue di ammonio che è un prodotto azotato che deriva principalmente dal metabolismo delle proteine alimentari e dalle fermentazioni batteriche intestinali. Il processo tramite il quale si ha la produzione di ammonio dalle proteine è la deaminazione dei singoli aminoacidi che perdono il gruppo aminico (NH2).

L'ammonio presente nel sangue deriva dal metabolismo sopradescritto degli amminoacidi, ma anche da quello delle ammine e dall'assorbimento, nell’intestino crasso, dell'ammoniaca derivante dalla degradazione degli aminoacidi e dell'urea (alimentari o ematici in caso di emorragia) ad opera della flora batterica locale. Una quota importante di ammonio si forma anche a livello renale.

Dato che l’ammoniaca è un metabolita tossico per il sistema nervoso centrale, essa deve essere rapidamente trasformata in urea dal fegato, attraverso il cosiddetto ciclo dell’urea, per essere poi eliminata con le urine. Problematiche quali insufficienza epatica e difetti enzimatici congeniti possono compromettere questa trasformazione, con conseguenti gravi danni all’organismo.

Il dosaggio dell’ammoniemia si esegue su un campione di sangue prelevato da una vena periferica, normalmente del braccio. Il campione di sangue viene poi messo in provetta contenente anticoagulante (EDTA), conservata a freddo.

Esistono principalmente due metodi per misurare la concentrazione dell’ammonio: il metodo enzimatico, che fa uso del plasma derivante dal sangue per centrifugazione, dove il plasma deve assolutamente essere privo di emolisi, e il metodo con la chimica “secca” che si basa sul principio della micro diffusione di una goccia di sangue intero.

Lo ione ammonio ivi presente si trasforma nel gas di ammoniaca il quale reagirà sviluppando un colore che sarà direttamente proporzionale alla quantità di ammonio presente.

Al Bambino Gesù, l’esame si esegue presso i Centri Prelievi di San PaoloPalidoro e Santa Marinella.

La determinazione dell’ammoniemia è il più delle volte richiesta per la valutazione del grado del danno epatico per gravi patologie del fegato, in presenza di insufficienza renale o quando si ha a che fare con alcune malattie genetiche rare, quali quelle legate alla mancata sintesi degli enzimi del ciclo dell’urea.

Può essere richiesta anche quando si osservano nel paziente forme di alterato comportamento e degli stati di coscienza fino al coma. Così l’ammoniemia si rende utile quando ad esempio un neonato manifesta vomito frequente e letargia, o se un bambino ha vomito continuo e sonnolenza anomala.

È un utile parametro per la diagnosi di encefalopatia epatica e per la diagnosi della sindrome di Reye, sindrome molto rara ma potenzialmente letale che causa infiammazione ed edema cerebrale e degenerazione del fegato.

Il prelievo deve essere eseguito senza stasi venosa, possibilmente a digiuno, a meno che non ci sia urgenza. Il campione di sangue va messo in provetta con anticoagulante e subito dopo o immerso in un bagno contenente acqua e ghiaccio o trasportato in contenitore di polistirolo con siberino.

Deve pervenire immediatamente in laboratorio; tutto ciò per rallentare la neoformazione di ammonio che si verificherebbe nel tempo, a temperatura ambiente.

Tra i fattori da evitare in grado di causare un aumento dei valori ricordiamo: sforzi muscolari molto intensi, dieta eccessivamente ricca di proteine, nutrizione parenterale (per via endovenosa), fumo di sigaretta, abuso di alcolici, alcuni farmaci, tra cui acetazolamide, furosemide, barbiturici, isoniazide, acido valproico.

Una diminuzione dei valori possono derivare da: diete ipoproteiche (carenti di proteine), farmaci, come alcuni antibiotici ad ampio spettro, lattulosio, levodopa e sali di potassio.

I valori normali variano a seconda del metodo utilizzato. Il metodo con micro diffusione ha come valori normali 0-75 µg/dL, quello enzimatico devono essere inferiori a 100 µg/dL.

Livelli aumentati di ammonio nel sangue indicano che non si sta verificando un normale metabolismo, e quindi una normale eliminazione dell’ammonio nell’organismo.

Nel neonato ciò si può verificare in caso di difetto di uno degli enzimi del ciclo dell’urea otre che in corso di malattia emolitica del neonato. Come già riferito, un aumento dell’ammoniemia è utile nella diagnosi della sindrome di Reye che nel bambino generalmente insorge in conseguenza di una malattia virale (influenza, varicella) aggravata dall’utilizzo di aspirina.

Anche nel bambino si può rilevare un difetto ereditario del ciclo dell’urea, non diagnosticato precedentemente. In generale si può dire che nei bambini e negli adulti elevate concentrazioni di ammonio possono indicare un danno epatico o renale.

Alti livelli ematici di ammonio possono essere comuni in corso di severi sanguinamenti dello stomaco o dell'intestino per rilascio di proteine da parte delle cellule del sangue, nell’insufficienza cardiaca, nella ridotta perfusione epatica, nella leucemia acuta e nella alcalosi metabolica.

Diminuiti livelli di ammoniemia si possono riscontrare in caso di ipertensione, durante l’uso di alcuni antibiotici (neomicina) e come conseguenza di una dieta ipoproteica.


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  • A cura di: Ottavia Porzio
    Unità Operativa di Laboratorio Analisi Cliniche
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 03  Gennaio 2024 


 
 

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