Per semi-annegamento o pre-annegamento si intende una forma di asfissia acuta causata dall’immersione in un liquido, di solito acqua; quando questa viene inalata, penetra nei polmoni causando mancanza di ossigeno e diverse altre reazioni tra cui il laringospasmo.
Il semi-annegamento può portare a perdita della vita (annegamento) o a gravi lesioni cerebrali e rappresenta, ancora oggi, una delle cause più frequenti di mortalità infantile nel nostro Paese.
I maschietti, più frequentemente soggetti a tutti i tipi di incidenti, hanno un rischio quattro volte maggiore di annegare rispetto alle bambine.
L’età di maggior pericolo è quella compresa tra 1 e 4 anni, quando il bambino vuole esplorare il mondo ma non ne conosce ancora i pericoli; un’altra età gravata da annegamento è quella adolescenziale dove il comportamento può essere imprudente, con ragazzi che si avventurano in acque non tranquille o effettuano tuffi senza conoscere il fondale; anche l’utilizzo di alcool o sostanze d’abuso può favorire incidenti in acqua.
Più spesso gli annegamenti avvengono durante le vacanze, quando può calare l’attenzione dei genitori e possono essere presenti insidie ambientali non conosciute, quali la presenza della piscina in albergo o di un vicino specchio d’acqua.
Una maggiore attenzione dei genitori dovrà essere posta qualora il bambino sia affetto da una patologia cronica, come l’epilessia o un disturbo del ritmo cardiaco, che potrebbe comportare una perdita di coscienza in acqua.
La prevenzione si basa soprattutto sull’attenzione dei genitori; basta un minuto di distrazione, come una breve telefonata al cellulare, per perdere di vista il bambino che, immergendosi, non riesce a chiedere aiuto.
È importante sapere che un bambino nei primi 3 anni di vita può trovarsi in difficoltà anche in pochi cm d’acqua, come quelli di una vasca da bagno o di una piccola piscina gonfiabile e pertanto deve sempre essere sorvegliato a vista.
Almeno fino a 5-6 anni di vita, al mare o in piscina, vi deve essere sempre la presenza fisica del genitore in acqua. Anche i bambini più grandi non debbono comunque essere persi di vista perché possono essere trascinati sott’acqua da un’onda o da una risacca.
I corsi di nuoto sono fondamentali nella prevenzione e sono consigliabili a tutti i bambini dai 2-3 anni di vita,
Debbono infine essere utilizzati sistemi di prevenzione passiva, come la recinzione su tutti i lati della piscina con cancelletto autochiudente o l’utilizzo dell’apposito telo di copertura quando d’inverno non viene utilizzata.
Allertare immediatamente i soccorsi chiamando i numeri 112 o 118; richiedere un defibrillatore, di cui molti stabilimenti balneari sono ormai dotati.
Lanciare in acqua qualsiasi oggetto galleggiante dove il bambino possa aggrapparsi. Tentare il soccorso in acqua solo se si è abili nuotatori, perché diversamente si mette in pericolo anche la stessa vita del soccorritore.
Una volta che si è riusciti a portare il bambino a riva, se le condizioni generali sono buone può essere messo in posizione seduta e invitato a tossire; se invece ha segni di asfissia, liberare prontamente le vie respiratorie da qualunque cosa possa ostruirle, come vomito, sabbia o alghe, quindi effettuare cinque respirazioni bocca a bocca.
Se il bambino non si riprende, è privo di conoscenza, non respira o non si riesce a sentirne il polso, iniziare immediatamente le manovre di rianimazione cardiopolmonare alternando 30 compressioni cardiache a due atti respiratori fino all’arrivo dei soccorsi avanzati.
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