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Ricovero in ospedale, i consigli dello psicologo per i genitori

Viene vissuto diversamente dai bambini molto piccoli, dai bambini in età scolare e dagli adolescenti. E' importante mostrare sempre comprensione 

Il ricovero in ospedale comporta sempre per il bambino, a qualsiasi età, la necessità di un riadattamento della vita quotidiana e dei suoi ritmi per il distacco dagli oggetti e dalle persone che rappresentano per lui punti di riferimento e per dover fronteggiare richieste molto diverse da quelle familiari. Il ricovero può inoltre evidenziare l'idea di essere malato e bisognoso di cure.

A volte il bambino dimostra una forte insofferenza per le limitazioni e per le regole imposte dal ricovero: spesso tale comportamento serve a coprire la rabbia e l'ansia di sentirsi malati.
I bambini reagiscono diversamente all'esperienza dell'ospedalizzazione; tale diversità dipende dall'età, dal livello di sviluppo raggiunto, da eventuali esperienze precedenti, e dal contesto relazionale familiare e amicale.

I bambini piccoli (0-3 anni) non sono in grado di spiegarsi l'esperienza che vivono: la loro è una sensazione di dolore e paura generalizzata, senza possibilità di distinguere se vengano dalla malattia o dalle cure.
Ogni avvicinamento del personale sanitario può rappresentare un momento di paura.
A questo livello di sviluppo, il bambino può interpretare le cure come una punizione che non riesce a comprendere e ciò può spiegare perché a volte abbiano reazioni molto forti, perché sia difficile calmarli e ottenere la loro collaborazione. È quindi inutile richiedere ai bambini di questa età di comportarsi "coraggiosamente": è per loro una richiesta incomprensibile.

Come possiamo aiutarli
È molto più efficace contenere le loro paure con comportamenti rassicuranti, mantenendo sempre un contatto fisico e verbale che, specialmente nei primi  anni di vita, riporta al legame tipico delle prime fasi di sviluppo in cui il genitore è il "contenitore" delle emozioni e sensazioni, con il quale condividere anche il dolore fisico.

In questa fase il bambino ha già la competenza linguistica e una certa capacità di comprensione ed elaborazione dell'esperienza di malattia.
Il bambino non prova dolore e paura, ma è possibile aiutarlo a farsi un'idea di ciò che gli verrà fatto, poiché uno dei pericoli più grandi è esporre il bambino al rischio dell'ignoto, senza permettergli di organizzare le proprie difese per affrontare persone ed esperienze.

I genitori possono chiedere aiuto al personale ospedaliero per spiegare al bambino procedure e strumenti che verranno utilizzati.
I meccanismi di controllo e difesa messi in atto dal bambino possono essere diversi e, di conseguenza, anche le sue reazioni:

- può essere oppositivo, rabbioso e non collaborativo;

- può disperarsi e piangere anche per piccole cose;

- può invece mostrare un coraggio e una forza inaspettati.

Come possiamo aiutarlo
È importante che i genitori accolgano i comportamenti del bambino quali essi siano, comunicandogli comprensione e accettazione. Occorre evitare di colpevolizzare il bambino o mostrarsi giudicanti e insoddisfatti rispetto al suo modo di reagire. È bene invece trovare il modo e il tempo per ascoltarlo e per parlare con lui, cercando di comprendere quale ansia nasconda quel comportamento e aiutarlo ad affrontarla. Frequentemente i bambini sfogano la loro ansia e rabbia attraverso attacchi rivolti prevalentemente alla persona con la quale hanno un legame più profondo, generalmente la mamma.

Quando i bambini attaccano le persone che stanno loro più vicine stanno cercando aiuto: si rivolgono infatti alle persone che sentono più sicure, più forti e in grado di reggere la loro rabbia, certi che non li abbandoneranno per questo.
Altro comportamento tipico è la regressione, ovvero la messa in atto di comportamenti tipici di età precedenti (il bambino lamentoso che non vuole che la mamma si allontani nemmeno per un attimo, che perde alcune delle autonomie acquisite).
Quando questo accade non bisogna costringere il bambino a comportamenti più adeguati all'età e comprendere invece che sta cercando dall'adulto le stesse rassicurazioni che gli dava da piccolo.

L'adolescente ha le capacità cognitive di comprendere il motivo del ricovero e la sua eventuale gravità: è importante quindi cercare di non mentire circa la sua reale situazione. Se questo, si è detto, è buona regola a tutte le età, lo è ancora di più in adolescenza quando la credibilità dell'adulto può essere messa in discussione. Se un adolescente sente di essere ingannato può perdere la fiducia nell'adulto.

Il gruppo, gli amici, le attività ricreative hanno, in questo periodo, grande importanza: il ragazzo quindi sentirà fortemente il distacco dal proprio mondo.
Un altro aspetto delicato in questa fase riguarda il pudore per il proprio corpo, aspetto che i genitori e il personale devono tenere in debita considerazione.

Come possiamo aiutarlo
Sminuire i comportamenti legati al proprio corpo in crescita può aumentare nei ragazzi il bisogno di difendersi e di contrastare le richieste ambientali.
Lasciare loro per quanto possibile spazi di privacy (come nella loro camera a casa) per rendere meno pesante la vicinanza (e a volte, purtroppo, dipendenza) forzata con i genitori in un momento in cui il ragazzo si allontana per crescere e trovare una sua dimensione.

È importante che i genitori cerchino di riconoscere i comportamenti dei propri figli, in particolare i segnali di rabbia o paura, e che li accolgano, poiché questo aiuta a liberare le tensioni e sostiene il bambino nell’"organizzare" le proprie difese per arginare una situazione sentita come difficile. Minimizzare o criticare le lamentele di un bambino significa non dare valore al suo disagio, che occorre invece accogliere e cercare di gestire.
Mostrare la propria comprensione (capisco che stai male, che stai affrontando un momento difficile) rappresenta già un primo contenimento che gli permette di condividere con i genitori il peso della situazione e neutralizzare una parte dell'ansia che l'accompagna.

I genitori devono considerare che il bambino è spaventato e preoccupato e cerca nei loro comportamenti rassicurazione per tenere a bada le proprie paure.
È quindi importante, per quanto è possibile, comunicargli la realtà senza caricarla delle proprie ansie e tensioni.
È possibile per questo, come per altre esigenze, farsi aiutare dal personale sanitario del reparto.

Favorire tutte le attività atte a ridurre ansia e tensioni come ad esempio il gioco che per i più piccoli (ma non solo!) rappresenta una funzione rassicurante, di scarica della tensione, di elaborazione fantastica della realtà.
A questo proposito, è utile dare al bambino la possibilità di giocare con gli oggetti utilizzati da medici ed infermiere, che, riproposti su bambole e peluche possono aiutare a scaricare ansia ed aggressività. In ospedale sono presenti operatori specializzati (assistenti ludici) che possono essere di aiuto per i bambini ed i genitori.

Anche il disegno può aiutare a sopportare i disagi legati all'ospedalizzazione in quanto, come il gioco, permette al bambino di proiettare ansie e paure ed attivare percorsi mentali che possono distoglierlo dalla condizione di malattia.
Per i ragazzi più grandi, favorire il più possibile contatti con gli amici, il mantenimento di interessi ed hobby.
Alcuni accorgimenti "relazionali" possono inoltre contribuire ad un migliore adattamento:

- non sottolineare gli aspetti di dipendenza che il ricovero può indurre;

- favorire il confronto diretto del bambino/ragazzo con il personale;

- assecondare il più possibile il suo bisogno di autonomia ed indipendenza,

- essere comunque pronti a confermare, come adulti, un ruolo di protezione e contenimento qualora il bambino/ragazzo ne manifesti il bisogno.

Ricovero in ospedale

 

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  • A cura di: Teresa Grimaldi Capitello
    Unità operativa di Psicologia Clinica
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 11  Gennaio 2022 


 
 

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