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Deficit di mevalonato chinasi o Sindrome con Iper IgD

Malattia rara, caratterizzata da episodi ricorrenti di febbre e infiammazione 

Il deficit di mevalonato chinasi (MKD) è una malattia trasmessa geneticamente. Appartiene al gruppo delle malattie autoinfiammatorie, malattie rare caratterizzate da episodi ricorrenti di febbre e infiammazione.

Il deficit di mevalonato chinasi è diffuso soprattutto nella zona del Nord-Europa, in particolar modo tra gli olandesi, ma tutte le popolazioni possono esserne colpite.

In alcune persone colpite dalla malattia, non in tutte, un tipo di anticorpo presente nel sangue (l'immunoglobulina D) può essere elevato. Ecco perché questa malattia viene anche chiamata "sindrome con IperIgD". 

Il deficit di mevalonato chinasi è causato da alterazioni (mutazioni) di un gene situato sul cromosoma numero 12, contenente le informazioni necessarie per la produzione di una proteina chiamata mevalonato chinasi. Questa proteina è uno dei fattori coinvolti nel controllo dell'infiammazione e serve per trasformare una sostanza presente nell'organismo, chiamata acido mevalonico in un'altra sostanza, acido fosfomevalonico.

Quando il gene è mutato, la proteina prodotta è alterata, l'acido mevalonico non può essere trasformato e si accumula nel sangue comparendo nelle urine durante gli episodi di febbre. Il malfunzionamento di questo processo ha come risultato un'infiammazione persistente e quindi lo sviluppo della malattia. Il deficit di mevalonato chinasi viene trasmesso come carattere autosomico recessivo (Figura 1).

Questo significa che per essere malati i pazienti devono aver ereditato dai genitori mutazioni su entrambi i geni MVK: sia quello ereditato con il cromosoma 12 materno sia quello ereditato con il cromosoma 12 paterno. Entrambi i genitori sono "portatori sani" della malattia, ovvero possiedono una copia alterata del gene che determina la malattia, ma non ne manifestano i sintomi.


Deficit di mevalonato chinasi o Sindrome con Iper IgD

Figura 1

Il deficit di mevalonato chinasi (MKD) si manifesta di solito prima dei 3 anni di vita. È caratterizzato da episodi febbrili ricorrenti che si verificano con una frequenza variabile, insorgono rapidamente e durano da 4 a 7 giorni.
La febbre si associa quasi sempre a:

  • Ingrossamento dei linfonodi del collo;
  • Comparsa di afte in bocca;
  • Eruzione cutanea diffusa a tutto il corpo;
  • Sintomi a carico dell'apparato gastrointestinale come vomito e diarrea.

Quasi sempre, durante l’attacco febbrile, i pazienti presentano inoltre anche dolore o gonfiore delle articolazioni. Gli attacchi di malattia possono iniziare spontaneamente o essere scatenati da determinati fattori quali infezioni, stress (sia fisico sia psichico) e a volte vaccinazioni. 

La malattia viene sospettata sulla base della storia del paziente e della visita medica. Se effettuati durante gli episodi febbrili, gli esami del sangue mostrano un marcato aumento degli indici di infiammazione (globuli bianchi, VES, PCR, Sieroamiloide A) e l'esame urine mostra elevati livelli di acido mevalonico.

Se invece vengono effettuati al di fuori dell'episodio acuto, gli indici di infiammazione possono risultare lievemente alterati o del tutto normali e l'acido mevalonico nelle urine è assente.

La diagnosi viene confermata attraverso l'analisi molecolare del gene MVK. Questa analisi genetica viene effettuata presso laboratori di genetica specializzati e non è pertanto disponibile presso tutti i laboratori.

È importante che il risultato dell'esame genetico venga interpretato da medici con esperienza in questo campo, perché non tutte le mutazioni eventualmente riscontrate nel gene sono causa di malattia.

Esistono infatti alcune mutazioni "innocue" (i cosiddetti polimorfismi), che non causano nessun problema e si trovano anche nelle persone sane. I portatori di tali polimorfismi, anche se presenti in duplice copia, sono a tutti gli effetti sani e non malati.
Se l'analisi genetica viene interpretata erroneamente c'è pertanto il rischio di considerare malate persone che in realtà non lo sono.

La malattia si cura utilizzando i farmaci biologici diretti contro una molecola, chiamata interleuchina 1, normalmente coinvolta nell'infiammazione. A causa delle mutazioni del gene MVK, l'interleuchina 1 viene prodotta in eccesso dal sistema immunitario.

Quindi, in questa malattia proprio l'eccessiva produzione di interleuchina 1 è responsabile dell'infiammazione. I farmaci biologici attualmente utilizzati sono l'anakinra e il canakinumab, che bloccano l'attività della interleuchina 1.

La cura, qualunque essa sia, dovrà continuare per tutta la vita. Se la terapia viene sospesa, gli attacchi si ripresentano.

La malattia non può essere prevenuta.

Se la terapia viene assunta correttamente e soprattutto in maniera regolare, i pazienti non svilupperanno alcuna complicanza e avranno una ottima qualità di vita senza alcuna limitazione.

Qualora invece la malattia non venga diagnosticata o la terapia non venga correttamente assunta, i pazienti affetti sono a rischio di sviluppare una temibile complicanza detta amiloidosi.

L'amiloidosi consiste nell'accumulo di sostanza amiloide a livello di vari organi e tessuti (rene, cuore etc.) con conseguenti possibili danni.

Deficit di mevalonato chinasi: Codice RCG161
Sinonimi: Sindrome con Iper IgD

 

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  • A cura di: Antonella Insalaco
    Unità Operativa di Reumatologia
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 05  Agosto 2024 


 
 

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