Molti studi clinici hanno documentato gli effetti deleteri sulla guarigione del paziente causati dal dolore acuto non trattato o da una terapia antalgica (antidolorifica) postoperatoria non adeguata.
Il danno dei tessuti sottoposti a intervento chirurgico determina il rilascio locale di sostanze chimiche che provocano da una parte la sensazione di dolore, e dall'altra una risposta di tutto l'organismo attraverso il rilascio degli ormoni dello stress.
Questi ormoni provocano una serie di reazione che coinvolgono tutti gli apparati: aumentano i livelli della glicemia, il metabolismo corporeo, la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la gittata cardiaca, l'inotropismo cardiaco (la capacità di variare la forza di contrazione del cuore), la capacità coagulativa del sangue e di contro peggiorano la normale funzione e motilità gastrica e intestinale e, infine, la risposta immunitaria.
L'incontrollato rilascio di ormoni, causato dal dolore non adeguatamente trattato, può esacerbare il danno chirurgico, impedire la guarigione della ferita, favorire le infezioni e quindi prolungare l'ospedalizzazione. Questi effetti deleteri saranno ancora maggiori nei bambini più malati e più deboli.
Perciò il concetto che un bambino critico o un neonato sia troppo gravemente malato per essere trattato con analgesici deve essere considerato un vero e proprio ‘falso mito da sfatare’: sono infatti proprio questi pazienti ad avere maggiore bisogno di una terapia del dolore adeguata ed efficace.
Il corretto approccio al dolore postoperatorio comincia con la comprensione delle cause che lo determinano. Numerosi sono i fattori che influenzano la percezione del dolore postoperatorio: l'età, la soglia individuale del dolore, la personalità del paziente, le informazioni preoperatorie e la qualità delle relazioni con il personale medico e infermieristico.
Questi fattori possono modulare la percezione del dolore, ma le cause principali del dolore postoperatorio sono invece rappresentate dal tipo di intervento chirurgico (tipo di incisione chirurgica, sede e durata dell'intervento, organi coinvolti), dalle patologie preesistenti che hanno motivato l'intervento stesso e dalla presenza di dolore prima dell'intervento.
Nel periodo postoperatorio, inoltre, la presenza di drenaggi, sonde o cateteri possono aumentare il disagio dei pazienti.
La nuova definizione della IASP (Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore) definisce il dolore come “una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata a, o che assomiglia a quella associata a un danno tissutale attuale o potenziale”. Il dolore postoperatorio appartiene pertanto a quella categoria di dolore dovuto ad "un danno attuale".
Se il dolore postoperatorio non viene adeguatamente trattato può provocare delle modificazioni del sistema nervoso centrale e periferico che amplificano la sintomatologia dolorosa e ne favoriscono la persistenza nel tempo (cronicizzazione).
La terapia del dolore riveste un ruolo centrale in quella che viene definita “medicina peri-operatoria” che ha il fine di eliminare la sgradevole e dannosa esperienza del dolore chirurgico.
La terapia del dolore postoperatorio comincia, quindi, già nel periodo preoperatorio. Infatti il dolore postoperatorio è in qualche modo influenzato dal livello dell'apprensione preoperatoria del paziente e della famiglia, il cosiddetto “pensiero catastrofico”.
Sarà durante la visita preoperatoria che la famiglia e il bambino potranno incontrare il medico anestesista, fugando ogni dubbio riguardo la condotta dell’anestesia e ottenendo rassicurazioni in merito al controllo del dolore.
Dove possibile, si dovrebbe anche consentire una visita delle sale operatorie, delle recovery rooms e spiegare l'atto anestesiologico attraverso filmati, giochi, pupazzi, bambole o fumetti. La preparazione preoperatoria aiuta sia il bambino che la famiglia a fronteggiare la malattia, l'intervento e le terapie.
Inoltre, i farmaci impiegati per la premedicazione possono eliminare il dolore preesistente all’intervento e controllare l’ansia preoperatoria.
La gestione intraoperatoria del dolore consiste nella somministrazione di farmaci analgesici per via endovenosa (farmaci antinfiammatori e/o oppioidi) e nella esecuzione di tecniche di anestesia locoregionale. Quest'ultime vengono spesso eseguite dopo l'induzione dell'anestesia generale, contrariamente a quello che avviene per gli adulti, per un maggiore comfort dei piccoli pazienti.
La terapia antalgica intraoperatoria deve tenere conto anche dell'amplificazione dello stimolo doloroso determinato dal fenomeno della sensibilizzazione, instaurando strategie terapeutiche che li inibiscano prima o sul nascere: se attivi, infatti, è molto più difficoltoso bloccarli.
È questa la motivazione principale della terapia preventiva (pre-emptive analgesia): somministrare l'analgesico prima dell'insorgere dello stimolo doloroso.
Nell'immediato postoperatorio si deve ottenere il più rapidamente possibile un controllo del dolore attraverso l'impiego di farmaci analgesici e di tecniche di somministrazione che tengono conto del tipo di chirurgia (minore o maggiore), della sede dell'intervento, dell'entità del dolore previsto, del tipo di paziente e del contesto familiare.
Possono essere utilizzati una vasta gamma di farmaci: da quelli di più semplice impiego come il paracetamolo, a quelli che richiedono una più attenta sorveglianza e gestione come gli oppioidi.
Riguardo alle tecniche di somministrazione può essere utilizzata la via endovenosa (somministrazione di farmaci in bolo o in infusione continua fino ad arrivare alla patient-controlled analgesia che prevede l'autosomministrazione di piccole e predeterminate dosi di analgesico da parte di pazienti) oppure possono essere utilizzate tecniche di anestesia locoregionale con somministrazione in continuo di anestetici locali. Ripetute valutazioni del dolore e della terapia devono essere effettuate a orari fissi per assicurare un efficace sollievo dal dolore.
La valutazione del dolore deve tenere conto dell'intensità del dolore a riposo (dolore statico) e di quello durante i movimenti (dolore dinamico) in modo da poter modificare la terapia ed il suo timing a seconda delle esigenze. Verranno dunque prescritte dosi supplementari per eventuali esacerbazioni intermittenti del dolore.
I differenti tipi di interventi antalgici non devono essere considerati a sé stanti, in quanto la terapia combinata o multimodale, con l'impiego di tecniche diverse e vari farmaci, che agisca a differenti livelli e su recettori diversi, può massimizzare l'analgesia (la riduzione del dolore) e minimizzare gli effetti collaterali, sempre possibili in seguito all’uso di questi farmaci.
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