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Linfoma non Hodgkin (LNH)

Gruppo di tumori del sistema linfatico. Negli ultimi 20 anni la percentuale di pazienti con linfoma che va incontro a remissione completa è aumentata significativamente 

Il linfoma non Hodgkin (LNH) non è una singola malattia, ma piuttosto un gruppo di tumori strettamente imparentati che colpiscono il sistema linfatico. I differenti tipi di linfoma non Hodgkin hanno molte caratteristiche in comune, ma si differenziano per:

  • L'aspetto microscopico delle cellule;
  • Le modalità di accrescimento;
  • La sede di sviluppo.

I linfoma non Hodgkin si dividono in due grandi categorie:

  • Linfoma non Hodgkin a cellule B che derivano dall'anomalo sviluppo dei linfociti (globuli bianchi) B;
  • Linfoma non Hodgkin a cellule T che derivano dall'anomalo sviluppo dei linfociti (globuli bianchi) T.

Il linfoma non Hodgkin può manifestarsi in uno o più linfonodi, organi linfoidi specializzati e nei tessuti linfoidi localizzati in vari organi (apparato gastrointestinale, polmone, etc.).

Dalla sede di partenza i linfociti anomali (cellule tumorali) possono migrare attraverso i vasi coinvolgendo più organi (malattia sistemica o generalizzata), oppure possono rimanere localizzati (malattia localizzata).

Le cause esatte dei linfomi non Hodgkin sono sconosciute. Sono tuttavia noti alcuni fattori di rischio:

  • Esposizione a sostanze chimiche (pesticidi, fertilizzanti e solventi);
  • Infezione da virus di Epstein Barr (il virus che causa la mononucleosi);
  • Infezione da virus HTLV-1;
  • Infezione da HIV;
  • Familiarità, anche se non è documentata una vera e propria ereditarietà;
  • Trapianto d'organo.

In ogni caso, una relazione ben definita non è stata ancora confermata e non è detto che qualora esistano dei fattori di rischio, necessariamente si vada incontro alla malattia.

Non ci sono sintomi specifici di linfoma non Hodgkin.
La presentazione più comune del linfoma non Hodgkin è un aumento di volume di alcuni linfonodi che non danno dolore, al collo, sotto le ascelle, all'inguine o in altre sedi. Meno comunemente il linfoma non Hodgkin si può presentare senza linfonodi aumentati di volume.

In alcuni pazienti sono presenti altri sintomi: febbre, perdita di peso, sudorazione notturna, brivido, astenia e prurito. Di solito non compare dolore specie nelle forme in uno stadio iniziale.

Se c'è il sospetto di un linfoma bisognerà intraprendere una serie di accertamenti per arrivare alla diagnosi.
Questi test sono:

  • Esami ematochimici;
  • Radiografia del torace, tomografia computerizzata total body, PET/TAC, risonanza magnetica nucleare (riservata ai casi con localizzazioni a livello del sistema nervoso centale);
  • Esame citomorfologico ed istologico del midollo osseo, a seconda dei casi esame del liquor cerebrospinale;
  • Biopsia del linfonodo.

La storia clinica del paziente e la visita sono essenziali per sospettare la diagnosi di linfoma non Hodgkin che verrà poi confermata dagli esami del sangue e strumentali (ecografia, radiografia, tomografia computerizzata, PET/TC). Gli esami permettono di valutare l'estensione della malattia e di indirizzare a uno o più trattamenti mirati a ottenere una remissione completa.

Lo schema di trattamento da utilizzare dipende da molti fattori: il tipo e grado di linfoma non Hodgkin, l'estensione della malattia e vari fattori prognostici.
I trattamenti utilizzati comprendono:

  • Chemioterapia;
  • Radioterapia;
  • Nuove terapie biologiche;
  • Trapianto di cellule staminali (riservato solo ai casi resistenti o in ripresa della malattia).

Lo scopo del trattamento è di ottenere la remissione completa, vale a dire la scomparsa di tutti i sintomi, delle manifestazioni cliniche, delle alterazioni degli esami di laboratorio e strumentali determinati dalla presenza di cellule tumorali.

Nel trattamento del linfoma non Hodgkin come di altre neoplasie, possiamo distinguere tra terapie standard, che sono quelle comunemente usate, e sperimentali che sono in corso di studio.

La chemioterapia
Le modalità di somministrazione della chemioterapia sono:

  • Per iniezione endovenosa (la modalità più frequente);
  • Per bocca.

Se si prevede un trattamento per via endovenosa di lunga durata, il medico può proporre l'inserimento di un catetere venoso temporaneo o permanente per somministrare farmaci e altra terapia in modo più comodo, indolore e per non danneggiare le vene periferiche che possono essere seriamente rovinate dai chemioterapici.
I chemioterapici hanno lo scopo di distruggere le cellule tumorali, ma hanno anche vari effetti collaterali.

Gli effetti collaterali più comuni sono:

  • Anemia;
  • Infezioni;
  • Emorragie;
  • Perdita di capelli;
  • Infiammazioni delle mucose;
  • Difficoltà nella deglutizione;
  • Nausea o vomito;
  • Stitichezza o diarrea.

La radioterapia
Nella radioterapia viene sfruttata l'energia dei raggi X per uccidere le cellule tumorali ed eliminare il tumore. È una terapia locale che agisce solo sulle cellule tumorali dell'area trattata; in base al tipo di tumore, la radioterapia può essere utilizzata da sola o in combinazione con la chemioterapia.

Le terapie biologiche
La terapia biologica (inclusa l'immunoterapia) è un trattamento che sfrutta la capacità di difesa dello stesso organismo malato per trattare il tumore o per ridurre gli effetti collaterali causati dalle terapie.
Queste terapie possono agire direttamente o ripristinare le naturali difese contro la malattia.
Tali trattamenti includono:

  • Anticorpi monoclonali;
  • Immunoterapia.

Gli anticorpi monoclonali (MAbs) sono simili a un missile guidato che raggiunge il suo obiettivo.
Ogni anticorpo monoclonale agisce specificamente contro un preciso antigene. Utilizzando nuove tecniche è attualmente possibile produrre una grande quantità di anticorpi monoclonali che diretti contro un singolo antigene, espresso ad esempio sulla superficie delle cellule tumorali.

Il RituxiMAb è stato il primo anticorpo monoclonale a essere utilizzato nel trattamento di numerosi linfomi aggressivi.
Il RituxiMAb è diretto contro l'antigene CD20 presente sulla superficie di quasi tutti i linfociti B, ed è in grado di eliminare sia le cellule linfomatose che le cellule B normali. Si pensa che le cellule linfomatose vengano attaccate dal sistema immune in risposta al legame della cellula con il l'anticorpo monoclonale. Poiché i linfociti normali più giovani non possiedono l'antigene CD20, non vengono colpiti dall'anticorpo monoclonale RituxiMAb. Di conseguenza, una volta terminato il trattamento con l'anticorpo monoclonale, i linfociti B maturi vengono rigenerati dai linfociti più giovani.

L'Immunoterapia è un metodo proposto in tempi relativamente recenti per la cura dei tumori. I farmaci immunoterapici, sono denominati in inglese "Immune Checkpoint Inhibitors (ICIs)" traducibile in italiano come inibitori delle molecole di blocco della risposta immunitaria, perché inibiscono l'azione dei recettori che impediscono ai linfociti T di distruggere le cellule tumorali. Le cellule tumorali si difendono dai linfociti T per mezzo di una molecola presente sulla loro membrana, denominata PD-L1, che, legandosi alla molecola PD-1 presente sulla superficie dei linfociti T, comunica al linfocita T di non attaccarle. In campo oncologico sono stati messi a punto vari farmaci che agiscono su questo meccanismo. Si tratta di anticorpi monoclonali che si legano, rispettivamente, alla PD-1 o alla PD-L1. L'esito di ambedue i legami è quello di evitare che l'interazione fra PD-1 e PD-L1 blocchi i linfociti T in grado di attaccare e di eliminare le cellule del tumore.

Negli ultimi 20 anni la percentuale di pazienti con linfoma che va incontro a remissione completa (scomparsa totale delle cellule tumorali) è aumentata significativamente. Nei bambini e nei ragazzi di età compresa tra 2 e 20 anni, le probabilità di guarigione sono superiori al 70%.

 

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  • A cura di: Roberta Caruso
    Unità Operativa di Oncoematologia, Trapianto Emopoietico e Terapie Cellulari
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Ultimo Aggiornamento: 12  Settembre 2024 


 
 

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