Monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio

L'utilizzo di tecniche neurofisiologiche durante interventi complessi permette di minimizzare i danni a carico del Sistema Nervoso 

Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio consiste nell'utilizzo di varie tecniche neurofisiologiche nel corso di interventi neurochirurgici complessi. Lo scopo è quello di verificare e preservare la funzionalità di importanti strutture del cervello, del midollo spinale (il Sistema Nervoso Centrale) e dei nervi (il Sistema Nervoso Periferico). E minimizzare così, i danni che si potrebbero causare nel corso dell'intervento.

Queste strutture sono:

  • Corteccia del cervello: ha un ruolo cruciale nelle funzioni mentali come il pensiero, la memoria, l'attenzione e il linguaggio;
  • Nuclei della base: sono coinvolti nel controllo dei movimenti, nell'apprendimento, nei processi di comprensione attraverso il pensiero, i sensi e l'esperienza;
  • Tronco cerebrale: contiene centri per il controllo del respiro, della temperatura corporea e della circolazione del sangue;
  • Nervi cranici: sono essenziali per l'olfatto, la vista, l'udito, il gusto, l'equilibrio, l'intonazione, l'articolazione delle parole e la deglutizione
  • Midollo spinale: mette in comunicazione il cervello con il resto dell'organismo;
  • Plessi nervosi: sono formati dai nervi spinali, le radici e il tronco dei nervi periferici che assicurano il collegamento del sistema nervoso con le altre parti del corpo. 

Danneggiare queste strutture significa causare menomazioni gravi o molto gravi. In particolare, il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio si avvale di due categorie di tecniche: tecniche di monitoraggio in senso stretto e tecniche di mappaggio.

Nel primo caso, il termine monitoraggio fa riferimento al controllo continuo dell'integrità delle strutture neurologiche che possono venir danneggiate durante l'intervento. In questo senso il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio consente la pronta identificazione di un possibile danno di una via nervosa in modo da apportare tempestivamente i giusti rimedi correttivi prima che si possa determinare un danno non più rimediabile.

Le tecniche di mappaggio, invece, vengono utilizzate con lo scopo di identificare e preservare strutture nervose che non si possono riconoscere con la semplice osservazione.
Queste tecniche si sono dimostrate sicure ed efficaci e sono sempre più utilizzate in Neurochirurgia, nella Chirurgia Vertebrale e anche in altre specialità chirurgiche (cardiochirurgia, chirurgia generale e chirurgia vascolare). Il particolare tipo di chirurgia e le specifiche strutture a rischio determinano la scelta delle singole tecniche e del tipo di monitoraggio. 

Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio consiste nell'applicazione, anche simultanea, in corso di intervento chirurgico, di varie tecniche neurofisiologiche tra cui:

I potenziali evocati (PE) valutano le risposte bioelettriche del sistema nervoso centrale o periferico a seguito di:

  • Stimolazioni sensoriali: potenziali evocati somato-sensoriali (PESS);
  • Stimolazioni acustiche: potenziali evocati del tronco-encefalico, BAEPs dall'inglese Brainstem Auditory Evoked Potentials o potenziali evocati uditivi del tronco cerebrale;
  • Stimolazioni visive: potenziali evocati visivi (PEV);
  • Stimolazioni motorie: potenziali evocati motori (PEM).

In particolare:

  • potenziali evocati somato-sensoriali permettono di valutare come le informazioni vengono trasmesse dalla periferia ed elaborate dal cervello. L'esecuzione dei potenziali evocati somato-sensoriali consiste nel posizionare sul cuoio capelluto elettrodi in grado di registrare l'attività elettrica del cervello e di stimolare con impulsi elettrici i nervi periferici delle braccia e delle gambe. Vengono utilizzati in tutte le procedure chirurgiche che potrebbero mettere a rischio le vie somato-sensoriali (nervi periferici, midollo spinale, encefalo e tronco cerebrale). Nel monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio rappresentano un importante strumento per valutare la funzionalità cerebrale nel corso di interventi che ne mettono a rischio la vascolarizzazione;
  • potenziali evocati del tronco encefalico permettono invece di valutare la funzionalità del tronco-encefalico in risposta a stimoli uditivi. Vengono eseguiti applicando stimoli sonori al condotto uditivo esterno e registrando la corrispondente attività elettrica mediante il posizionamento di elettrodi sul cuoio capelluto. Sono particolarmente utili nella chirurgia della base del cranio e della fossa cranica posteriore.
  • potenziali evocati visivi consistono nella registrazione dell'attività della corteccia cerebrale occipitale (la parte di dietro e in basso del cranio) in risposta a stimolazioni visive. Permettono in questo modo di valutare la funzionalità delle vie ottiche, le vie nervose che ci permettono di "acquisire" le immagini che, successivamente vengono elaborate dal cervello. Per il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio, vengono utilizzati flash luminosi a diverse frequenze di stimolo;
  • potenziali evocati motori consistono nell'applicazione al cuoio capelluto di un particolare stimolatore che genera un campo magnetico in grado di attivare il tessuto cerebrale. La risposta viene registrata da elettrodi applicati ai muscoli. Forniscono quindi informazioni preziose sull'integrità delle vie che conducono gli stimoli dalla corteccia del cervello fino ai muscoli;
  • L'elettromiografia consente di registrare l'attività dei muscoli allo scopo di valutare l'integrità delle strutture nervose che la controllano. Il suo utilizzo è indicato negli interventi che coinvolgono direttamente i nervi periferici, il tronco encefalico (valutazione dei nervi cranici), la colonna vertebrale e le radici dei nervi dal midollo spinale;
  • L'elettroencefalografia (EEG) consiste nella registrazione dell'attività elettrica cerebrale in modo da fornire indicazioni sulla funzionalità cerebrale. L'elettroencefalogramma viene registrato posizionando elettrodi sul cuoio capelluto, a livello delle diverse aree corticali. In particolari situazioni chirurgiche, gli elettrodi vengono posti a diretto contatto con la corteccia cerebrale (elettrocorticografia). La tecnica elettroencefalografica è anche alla base delle registrazioni profonde tramite l'utilizzo di microelettrodi (MER) che consentono di valutare l'attività di importanti strutture del cervello come i nuclei della base e il talamo, coinvolte negli interventi di chirurgia funzionale dei disturbi del movimento (distonia, malattia di Parkinson). L'elettroencefalogramma fornisce inoltre indici indiretti sulla profondità della sedazione.

Allo stato attuale, grazie ai progressi ottenuti nel campo della sicurezza biomedica e chirurgica, le complicanze legate al monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio sono assai limitate.

Tra queste:

  • Possibili infezioni cutanee legate all'applicazione di elettrodi ad ago;
  • Il morso indotto dall'attivazione dei muscoli masticatori in corso di potenziali evocati motori;
  • Ustioni cutanee locali legate alle stimolazioni elettriche. 

La competenza dell'équipe e una buona integrazione tra i vari professionisti (neurochirurghi, neurofisiologi, neuro-anestesisti e tecnici di neurofisiologia) contribuiscono a minimizzare e a rendere del tutto infrequenti queste evenienze.

 

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  • A cura di: Franco Randi
    Unità Operativa di Neurochirurgia
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 15  Novembre 2024 


 
 

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