Neuroblastoma

È il tumore più comune nella prima infanzia. I progressi della biomedicina hanno molto migliorato le prospettive di guarigione 

Il neuroblastoma è un tumore solido che origina dalle cellule del sistema nervoso simpatico che si localizza spesso nelle ghiandole surrenali, ma può svilupparsi anche lungo la colonna vertebrale, nel torace, nell'addome.

È il tumore solido extra-cranico più comune nei bambini sotto i 5 anni. Rappresenta circa il 7-10% di tutte le neoplasie pediatriche. La diagnosi viene fatta in genere nei lattanti e nei bambini piccoli, intorno i 18 mesi; nel 90% dei casi la diagnosi è prima dei 5 anni.

Le cause precise del neuroblastoma non sono ancora completamente note.

Può essere associato ad alterazione genetiche che possono riguardare tutte le cellule del corpo (alterazioni germinali) o solo il tumore (alterazioni somatiche). Queste alterazioni posso attivare degli oncogeni (come ALK o MYCN) o inattivare dei geni oncosoppressori. Le mutazioni germinali possono essere talvolta ereditate cioè essere trasmesse da uno dei genitori ed essere la causa di rari casi di neuroblastoma familiare. Tra i geni più frequentemente interessati ci sono i geni ALK e PHOX2B.

Inoltre, vi sono delle sindromi genetiche che si associano ad un maggior rischio di sviluppare questa tipologia di tumore: sindrome di Beckwitt-Wiedeman, Neurofibromatosi di tipo 1, sindrome di Li-Fraumeni.

Tra gli altri fattori di rischio, vi è l'esposizione prenatale a sostanze chimiche come alcool, fumo, farmaci, pesticidi e radiazioni. Mentre l'assunzione di acido folico in gravidanza potrebbe ridurre il rischio.

Il neuroblastoma si sviluppa a livello delle cellule del sistema nervoso simpatico, che si trova in diverse aree del corpo; più frequentemente origina a livello delle ghiandole surrenali localizzate sopra al rene o dei gangli nervosi situati nell'addome e nel torace lungo la colonna vertebrale. Raramente possono interessare la regione del collo. I segni e i sintomi possono quindi variare a seconda della localizzazione del tumore.

Questo tumore può comportare la formazione di masse tumorali visibili o palpabili che generano una sintomatologia dovuta alla compressione degli organi vicini.

Se la massa si localizza a livello addominale può determinare:

  • Dolore: spesso diffuso a tutto l’addome;
  • Distensione addominale: la pancia è “gonfia”;
  • Presenza di una massa in addome: spesso sono i genitori stessi che accompagnano il bambino/a dal pediatra perché palpano “qualcosa” nella pancia;
  • Diarrea, vomito, stipsi: sono sintomi meno frequenti e aspecifici ma che spessano portano ad eseguire una ecografia addome con riscontro della lesione addominale.

Quando la massa interessa i gangli nervosi del collo o del torace, può provocare tumefazioni del collo, difficoltà respiratoria, tosse persistente, dolore toracico e/o sintomi neurologici come:

  • Ptosi: abbassamento della palpebra;
  • Miosi: restringimento della pupilla;
  • Sindrome di Horner: ptosi palpebrale, miosi e anidrosi.

In circa il 40% dei casi, il tumore al momento della diagnosi è già diffuso in altre sedi ed in questo caso si parla di lesioni metastatiche e malattia metastatica. Le lesioni metastatiche possono determinare segni/sintomi sistemici cioè che interessano tutto il corpo. I sintomi sistemici sono:

  • febbre persistente;
  • astenia;
  • perdita di peso;
  • dolore osseo;
  • ipertensione;
  • petecchie, ecchimosi;
  • anemia;
  • zoppia o difficoltà alla deambulazione.

Talvolta, il neuroblastoma localizzato in sede paravertebrale può presentare una componente che entra negli spazi intervertebrali. In alcuni casi, questa componente può causare una compressione del midollo spinale. Tale condizione determina sintomi neurologici, come difficoltà alla deambulazione, dolore al rachide, debolezza muscolare, ridotta sensibilità, disturbi degli sfinteri. La compressione del midollo spinale rappresenta un’urgenza oncologica.

La diagnosi prevede inizialmente una valutazione clinica approfondita, seguita da esami del sangue e delle urine per misurare i livelli di catecolamine, che risultano elevate nel 90% dei bambini con neuroblastoma. Per determinare la sede e l’estensione della lesione vengono eseguite indagini strumentali, quali ecografia, tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RM).

La diagnosi definitiva è istologica; è necessario eseguire una biopsia del tumore primitivo e/o di una delle sedi metastatiche. Sul materiale tumorale oltre all’esame istologico vengono eseguiti esami genetici e molecolari; in tal modo si può caratterizzare al meglio il neuroblastoma e decidere la migliore strategia terapeutica in funzione di questa caratterizzazione. 

La più importante alterazione molecolare in termini prognostici è rappresentata dall’amplificazione del gene MYCN. La presenza di alterazioni cromosomiche segmentale (segmental chromosomal alterations, SCA) rappresentano fattori di rischio nei bambini più piccoli (<18 mesi) e/o con malattia localizzata e la loro presenza determina una modulazione dei trattamenti in questo gruppo di bambini.

Possono essere presenti anche alterazioni molecolari su cui è possibile eseguire una terapia mirata come nel caso di presenza di alterazioni a carico del gene ALK essendo disponibili farmaci inibitori di ALK.

La stadiazione di malattia viene invece completata eseguendo aspirato midollare e biopsia osteo-midollare per valutare l’estensione nel midollo osseo, scintigrafia MIBG o in caso il tumore non sia avido di MIBG completa con FDG-PET.

Il trattamento del neuroblastoma dipende da diversi fattori: l'età, l'estensione della malattia, la presenza di specifici fattori di rischio istologici e molecolari.

L’integrazione di tutti fattori permette di identificare il rischio in termini di aggressività della malattia di ogni singolo bambino ed eseguire il trattamento più appropriato.

Si suddividono tre gruppi di rischio:

  • Basso rischio: i bambini hanno una prognosi eccellente. In questi casi, il trattamento può limitarsi a un attento monitoraggio, riducendo al minimo l'uso di chemioterapia e riservando la chirurgia solo a casi selezionati. In alcuni casi, il tumore regredisce spontaneamente senza necessità di interventi.
  • Rischio intermedio: i bambini hanno una buona prognosi ma la chemioterapia associata alla chirurgia e/o alla radioterapia è necessaria in questo gruppo di bambini.
  • Alto rischio: la prognosi di questo gruppo di paziente è ancora non buona, 1 bambino su 2 riesce a guarire dopo un trattamento aggressivo della durata di circa 1 anno. Il trattamento si basa su una terapia multimodale comprendente chemioterapia convenzionali e ad alte dosi, chirurgia, radioterapia, terapia differenziante e immunoterapia con anticorpo antiGD2.
  1. Fase di induzione: trattamento chemioterapico intensivo che viene utilizzato per ridurre rapidamente il tumore primitivo e le metastasi.
  2. Controllo locale mediante chirurgia: prevede la rimozione del tumore residuo.
  3. Fase di consolidamento: chemioterapia ad alte dosi per distruggere le cellule tumorali residue; questa terapia danneggia anche le cellule ematopoietiche pertanto vengono infuse cellule staminali ematopoietiche (trapianto autologo) per ripristinare la produzione delle cellule del sangue.
  4. Controllo locale mediante radioterapia: ha lo scopo di eliminare le cellule residue nel sito del tumore primitivo.
  5. Mantenimento: prevede l'utilizzo di un trattamento chemio-immunoterapico comprendente anticorpi monoclonali anti-GD2 e acido 13-cis-retinoico; sono utilizzate per distruggere eventuali cellule tumorali residue, non visibili.

I bambini affetti da neuroblastoma ad alto rischio presentano un rischio di presentare una malattia refrattaria o una recidiva; le probabilità di guarigione in queste due situazioni con le attuali strategie terapeutiche sono inferiori al 20%.

Questi pazienti richiedono nuove strategie di trattamento che andranno valutate ad hoc sul singolo paziente. Sarà quindi un team multidisciplinare ad occuparsi dell’ideazione di un progetto di cura specifico.  Nel nostro Ospedale abbiamo ottenuto ottimi risultati con l’immunoterapia cellulare con GD2CART.

L'immunoterapia cellulare con GD2CART che rappresenta una delle terapie più promettenti per i bambini con neuroblastoma ad alto rischio recidivato o refrattario. Questa nuova strategia terapeutica prevede una raccolta dei linfociti dei pazienti.

Auspicabilmente la linfocitoaferesi dovrebbe avvenire nella fase iniziale delle cure. I linfociti del singolo paziente verranno poi manipolati così da renderli capaci di “attaccare” il GD2 che è una molecola espressa dalle cellule tumorali. Con questa terapia sarà lo stesso sistema immunitario del paziente a “combattere” il Neuroblastoma.

Nel nostro Ospedale la raccolta dei linfociti avviene al momento della diagnosi.

La cura del neuroblastoma richiede un approccio altamente specializzato e multidisciplinare, soprattutto nei bambini con una forma di neuroblastoma ad alto rischio, recidivato e/o refrattario.

Ogni bambino è seguito da un team composto da oncologi, chirurghi, radiologi, patologi, medici nucleari, radiologi interventisti, specialisti in genetica e psicologi. Al team partecipano anche i nostri ricercatori dedicati in modo da avere un continuo scambio tra clinica e ricerca traslazionale.

Ogni settimana, il team si riunisce per esaminare l’evoluzione clinica del paziente, gli esami laboratorio, gli esami strumentali, gli esami istologici in modo da poter valutare la risposta al trattamento e monitorare le tossicità, così da garantire un approccio su misura per ciascun paziente. Tutti i nostri trattamenti vengono decisi in maniera multidisciplinare. L’obiettivo non è solo curare la malattia, ma farlo nel modo più sicuro possibile cercando sempre di ridurre al minimo gli effetti collaterali.

Il follow-up è parte integrante di questo approccio. Dopo il trattamento, continuiamo a seguire il paziente con controlli clinico-laboratoristici e strumentali regolari, per monitorare eventuali tossicità a lungo termine come problemi ormonali, cardiaci, renali o ossei. Ogni bambino viene supportato anche negli anni successivi, con l’obiettivo di accompagnarlo nella crescita nel modo più sereno possibile e con la miglior qualità di vita.

 

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  • A cura di: Maria Antonietta De Ioris
    Unità Operativa di Oncoematologia, Trapianto Emopoietico e Terapie Cellulari e Trial
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 09  Luglio 2025 


 
 

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