
È una malattia rara, che colpisce meno di un bambino ogni 100.000 nati. È caratterizzata dalla produzione di quantità eccessive di un composto chimico noto come ossalato, che vengono eliminate dai reni, danneggiandoli.
Quando i reni non funzionano più correttamente, l'ossalato si accumula nell'organismo e danneggia anche altri organi. Dal punto di vista genetico, esistono tre tipi di iperossaluria primitiva. La forma più frequente e anche la più grave è l'iperossaluria primitiva tipo I.
Quasi sempre i pazienti affetti da questa forma sviluppano un'insufficienza renale, talvolta anche molto precocemente. Le altre due forme (iperossaluria di tipo II e III) sono meno gravi, con quadri clinici più sfumati, in particolare nella forma di tipo III che non causa quasi mai una insufficienza renale grave.
La malattia è causata da un difetto metabolico per il quale il fegato produce quantità anormali di ossalati.
Sono in causa le mutazioni in tre differenti geni:
- Mutazione del gene AGXT che causa l’iperossaluria di tipo I;
- Mutazione del gene GRHPR che causa l'iperossaluria di tipo II;
- Mutazione del gene HOGA1 che causa l’iperossaluria di tipo III.
Questi geni contengono le informazioni necessarie per formare gli enzimi coinvolti nel metabolismo delle proteine e degli aminoacidi e la loro mancanza porta a un deficit di questi enzimi con conseguente accumulo di ossalato. L'ossalato si combina con il calcio per formare l'ossalato di calcio che si deposita nel rene e in altri organi, danneggiandoli in modo irreparabile.
Le mutazioni di tutti e tre questi geni vengono trasmesse dai genitori ai figli come caratteri autosomico-recessivi. In altre parole, una delle due copie del gene è alterata (mutata) sia nel padre che nella madre che tuttavia, possedendo una copia normale del gene (espressa sull’altro cromosoma), non sono malati ma portatori sani.
Se entrambi i genitori sono portatori, ad ogni gravidanza hanno un rischio del 25% di trasmettere entrambi il gene malato e, quindi, di dare alla luce un figlio malato di iperossaluria primitiva.
La presentazione clinica può essere molto variabile. Spesso la diagnosi viene fatta in seguito alla scoperta occasionale di depositi di ossalati di calcio (calcoli) nei reni, in occasione di un'ecografia o di una radiografia addominale.
Talvolta i pazienti presentano sintomi riferibili a calcoli renali, con presenza di dolore e/o sangue nelle urine. Più raramente la diagnosi viene fatta perché il paziente presenta un'insufficienza renale acuta o cronica, causata dal danno che i calcoli determinano sul tessuto renale.
Nella forma di tipo I, a esordio spesso precoce, alcuni bambini possono presentare una grave insufficienza renale nei primissimi mesi di vita, dovuta a deposizione massiva di ossalato di calcio nei reni (nefrocalcinosi).
Quando l'insufficienza renale è avanzata o il paziente è già in dialisi, gli ossalati si accumulano in tutti i tessuti dell’organismo, in particolare nelle ossa, dove causano lesioni gravi, che possono manifestarsi con fratture patologiche (fratture dovute a traumi lievi), deformazioni ossee e ritardo di crescita staturale. Si accumulano nel cuore, dove possono alterare la funzione cardiaca e causare anomalie del ritmo cardiaco, e nell'occhio, dove possono danneggiare la vista.
La diagnosi si fa dimostrando un eccesso di ossalato nelle urine e una funzione renale alterata dagli esami del sangue. Nella forma di tipo I è spesso dimostrabile anche la presenza di un'altra sostanza in eccesso: l’acido glicolico. La conferma diagnostica si fa con l’esame genetico che dimostra mutazioni in uno dei tre geni responsabili della malattia.
Quando la funzione renale è ancora normale, i pazienti necessitano di una iperidratazione e di una dieta a basso contenuto di sale, per ridurre la concentrazione urinaria di calcio. Una dieta povera di ossalati è consigliabile, anche se il contributo della quota alimentare è limitato nell’iperossaluria primitiva.
È utile prescrivere sali di citrato per ridurre la precipitazione di calcio nelle urine. In casi selezionati, a seconda della mutazione coinvolta, i supplementi di vitamina B6 (piridossina) aiutano a ridurre la produzione di ossalato nel fegato.
Negli ultimi anni sono state sviluppate nuove terapie che riducono la produzione di ossalati da parte del fegato: il lumasiran, già approvato in Italia per la cura dell’iperossaluria di tipo I, e il nedosiran, in via di approvazione, per tutte le forme.
Quando la funzione renale è ormai alterata, occorre procedere rapidamente al trapianto renale, per evitare l'accumulo di ossalati nei tessuti di altri organi. Tuttavia, i depositi di ossalati si riformerebbero subito sul rene trapiantato.
Pertanto, è necessario eseguire in contemporanea o prima di questo, anche un trapianto di fegato, per curare il difetto metabolico che causa la malattia, o somministrare lumasiran o nedosiran per bloccare la produzione di ossalati. È probabile che questi nuovi farmaci consentano di evitare nel futuro il ricorso al trapianto epatico. Tuttavia, dovranno essere proseguiti a vita.
La malattia non può essere prevenuta ma la diagnosi precoce, per esempio nei fratelli e sorelle di soggetti affetti, consente di iniziare rapidamente il trattamento e di ritardare la malattia renale.
Fino a poco tempo fa, la prognosi di questa malattia era infausta e la mortalità dopo trapianto elevata. L'esecuzione di trapianti combinati di rene e di fegato in tempi utili ha notevolmente migliorato la prognosi. Le nuove terapie recentemente sviluppate molto probabilmente consentiranno di prevenire l’insufficienza renale se applicate precocemente.
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