
È una malattia infettiva trasmessa dagli animali all'uomo (zoonosi) che colpisce il sistema nervoso centrale producendo una encefalite; è particolarmente grave poiché non esiste terapia dopo la comparsa dei sintomi. Una volta che la rabbia si è sviluppata, il trattamento è solo di supporto e comprende la sedazione profonda.
Il virus della rabbia è un Rhabdovirus, la cui trasmissione avviene a seguito di contatto con la saliva di animali infetti sia domestici sia selvatici, quindi tramite morsi, ferite, graffi, abrasioni di cute o mucose. In Europa gli animali che più frequentemente trasmettono l’infezione sono la volpe, il cane e il gatto.
La malattia ha un periodo d'incubazione lungo, che può variare da alcuni giorni fino a diversi anni. Mediamente la sintomatologia si manifesta tra le 3 e le 8 settimane dal contagio, a seconda della carica virale al momento dell'infezione, della localizzazione e della gravità della lesione cutanea.
Dopo un periodo variabile da alcuni giorni a mesi, il virus migra dalla sede di ingresso lungo i nervi periferici fino al midollo spinale (o al tronco encefalico quando viene morso il volto) e quindi al cervello. Si diffonde poi dal sistema nervoso centrale, tramite i nervi periferici, ad altre parti dell'organismo. L'interessamento delle ghiandole salivari e della mucosa orale è responsabile della trasmissibilità.
Nella sede del morso possono svilupparsi dolori o parestesie. A seguire vi è una fase prodromica di 2-10 giorni, in cui compaiono sintomi aspecifici come febbre, mal di testa, inappetenza e vomito. In seguito si manifestano i sintomi più tipici della malattia: i bambini presentano difficoltà di deglutizione con eccessiva salivazione e idrofobia (paura dell’acqua, dovuta a spasmi dolorosi dei muscoli del laringe e della faringe nel tentativo di bere), si sviluppa l'encefalite (rabbia "furiosa" nell'80%) o la paralisi (rabbia "muta" nel 20%). L'encefalite causa inquietudine, confusione, agitazione, comportamento bizzarro, allucinazioni e insonnia. La malattia evolve verso il coma e la morte che solitamente sopraggiunge in circa 6 giorni, a seguito di paralisi respiratoria.
La diagnosi della rabbia basata esclusivamente sui sintomi non è affidabile. La diagnosi definitiva può essere fatta solo con l'aiuto degli esami di laboratorio.
Un test solo non è sufficiente. I test vanno condotti su campioni di saliva (tramite ricerca di materiale genetico), sul sangue e sul liquor cefalorachidiano (tramite ricerca di anticorpi diretti contro il virus) e su biopsie cutanee (tramite la ricerca di antigeni virali).
La diagnosi post-mortem viene effettuata su campioni prelevati dal sistema nervoso centrale tramite immunofluorescenza diretta e l'isolamento del virus.
Lavaggio accurato della ferita per almeno 15 minuti, disinfezione con alcol o soluzione acquosa di iodio, la vaccinazione post esposizione e somministrazione di immunoglobuline a livello della ferita. Il bambino va quindi subito accompagnato al più vicino pronto soccorso in modo che possa ricevere l'anticorpo specifico contro il virus della rabbia (immunoglobuline anti-rabbiche) e iniziare la vaccinazione con il vaccino anti-rabbico che verrà poi somministrato nuovamente dopo 3, 7, 14 e 28 giorni. Il lungo periodo d'incubazione della rabbia permette al vaccino – anche se iniettato dopo il contagio – di attivare una risposta immunitaria efficace e protettiva prima che il virus possa provocare la malattia.
Gli animali affetti da rabbia possono spesso essere riconosciuti per il loro comportamento bizzarro; possono essere agitati e rabbiosi, deboli o paralizzati In tali casi evitare di venire a contatto con loro, considerando che possono non dimostrare paura nei confronti dell'uomo.
La prevenzione si basa sulla vaccinazione degli animali domestici, e delle volpi (prevista nelle zone endemiche), sulla lotta al randagismo e sulla sorveglianza su animali morti, oltre a provvedimenti che impediscono contatti a rischio con animali selvatici. I procioni, le puzzole e le volpi che hanno morso una persona devono essere considerati rabbiosi; e poiché i morsi di pipistrello possono essere difficili da rilevare, il contatto con un pipistrello è un'indicazione assoluta per la profilassi post-esposizione.
Nell'uomo, la prevenzione primaria si basa sulla vaccinazione preventiva di chi svolge attività professionale a rischio specifico in zone endemiche (veterinari, guardie forestali, guardie zoofile, guardie venatorie, ecc.) e coloro che viaggiano nelle zone a rischio dell’America Latina, Africa e Asia.
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