
Lo sviluppo del linguaggio necessita di una continua interazione tra fattori biologici, processi della conoscenza e fattori ambientali come le relazioni con i genitori e gli altri bambini.
Se le tappe dello sviluppo del linguaggio non avvengono entro un’età che consideriamo normale, allora diventa importante sottoporre il bambino a valutazione specialistica (logopedista, psicologa/o, neuropsichiatra infantile, audiologa/o) che stabilisca la necessità di interventi riabilitativi al fine di evitare successive ripercussioni sulla crescita a lungo termine.
Infatti, già da diversi anni sono presenti evidenze di come un disturbo di linguaggio non preso in carico in età evolutiva possa influenzare e compromettere il funzionamento scolastico e sociale (ad es. quantità di vocabolario, esposizione orale, abilità di lettura e la scrittura).
La perdita dell’udito, congenita o che si verifica nei primi anni di vita, interferisce in modo significativo con lo sviluppo del linguaggio.
1-4 mesi: A questa età il pianto è diverso a seconda dello stimolo che l’ha provocato: il bambino vocalizza con variazioni in altezza e volume della voce, mostra di riconoscere le voci, si spaventa in presenza di rumori improvvisi, gorgheggia. Inoltre compare il sorriso sociale (dai 2 mesi) e ride con voce sonora (dai 3 mesi).
4-8 mesi: Tra i 4 e gli 8 mesi il bambino pone attenzione alla musica, muove gli occhi verso il rumore, vocalizza per manifestare piacere o dispiacere, riconosce le intonazioni di voce e mantiene il contatto visivo, usa i suoni per richiamare l’attenzione degli altri, incomincia a comprendere e a variare l’intensità e il timbro della voce (prosodia). Produce la lallazione canonica (ma-ma-ma; da-da-da). Risponde quando viene detto il suo nome, sorride e ride a una voce scherzosa.
8-12 mesi: Il bambino presenta lallazione variata (pa-pa-ta-ta) e imita i modelli di intonazione. In questa fascia di età distingue la durata, il timbro e l’intensità della voce; comprende parole, localizza oggetti di uso comune quando vengono nominati. Risponde al nome, tende le braccia per essere preso. Appaiono gesti comunicativi come i gesti deittici (dare, mostrare, indicare per richiedere); usa rumori, suoni, gesti per orientare l’azione dell’adulto in funzione del proprio scopo e per attirare l’attenzione altrui (attenzione condivisa). Il bimbo interrompe l’attività quando viene chiamato, esprime gioia, tristezza, paura, rabbia, distingue tra familiari e sconosciuti (paura dell’estraneo), mostra frustrazione quando gli vengono tolti i giocattoli.
12-16 mesi: Intorno all'anno il bambino comincia a pronunciare le prime parole. È, inoltre, molto bravo a comunicare con i gesti: fa no con la testa, apre le braccia per fare "non c'è più", fa il verso del pesce con la bocca. Anche questo è linguaggio, comunicazione.
16-18 mesi: Tra i 12 e i 18 mesi il bambino comprende più parole, frasi familiari, richieste semplici: in una prima fase, intorno all’anno di età, il riconoscimento delle prime parole è legato a situazioni molto specifiche, ristrette e svolte con molta frequenza (es. "Come fa la gallina?, Dov’è la mamma?! Eccola!").
Dai 16-18 mesi d’età il riconoscimento della parola diventa più stabile: «Porta l’orsetto al papà», «Metti la macchinina nella scatola», Appaiono i gesti referenziali, il cui significato è comprensibile indipendentemente dalla situazione (es. “buono”). Inizia a produrre le prime parole: più che di vere e proprie parole si tratta di routine che entrano a far parte di interazioni sociali, es. con il telefono «pronto». Il bambino segue un’economia del vocabolario: se usa una parola non produce il gesto corrispondente.
18-24 mesi: Esplosione del vocabolario: tra i 21 e i 26 mesi i bambini imparano circa 50 parole nuove ogni mese. Le prime frasi sono prodotte dall’85% dei bambini entro i 24 mesi e dal 98% dei bambini entro i 30 mesi. Aumenta la comprensione delle frasi semplici. A 19 mesi riconoscono le parole indipendentemente dalla loro collocazione nella frase. Aumentano le funzioni comunicative: non solo la pura e semplice segnalazione (ciò che voglio), ma compaiono commenti sulle cose, sulle persone e sugli eventi (ciò che penso).
2-3 anni: Il sistema fonetico dei bambini cresce sistematicamente dai 18 ai 27 mesi. Il linguaggio matura durante l’infanzia, raggiungendo le capacità degli adulti ai 10 anni di età. Il miglioramento dei livelli di linguaggio è legato al miglioramento della memoria uditiva. Tra i 2 e i 3 anni avviene il passaggio da uno stile telegrafico all’uso di frasi sempre più complete. Per far questo il bambino non acquisisce passivamente dal modello adulto ma cerca di impadronirsi delle regole e di usarle autonomamente, come rivelano alcuni tipici errori del linguaggio infantile (ipercorrettismi).
Non tutti i bambini seguono necessariamente le tappe delineate; alcuni presentano un ritardo nello sviluppo linguistico, altri ancora uno sviluppo non solo ritardato ma anche deviante.
Gli indici linguistici a cui è necessario che i genitori prestino attenzione entro i primi due anni di vita sono:
- Meno di 50 parole a 24 mesi e comunque l’assenza delle prime combinazioni (es. “mamma pappa”);
- Gioco di far finta assente o povero dai 18 mesi in poi (non fa finta di versare e far bere il caffè all’orsetto, neppure su imitazione);
- Scarsa intenzionalità comunicativa rappresentata da assenza di gestualità come indicare o altra gestualità simbolica (es. fare “non c’è più” o “ballare” per farsi accendere la musica).
Le cause interferenti con lo sviluppo armonico del linguaggio sono molteplici.
Ecco i possibili campanelli d'allarme che fanno sospettare un problema di linguaggio causato da un deficit dell'udito (ipoacusia):
- Dalla nascita al 3° mese: non reagisce a rumori forti, non si calma o sorride quando gli si parla. Quando sta mangiando, non inizia o smette di succhiare in risposta al suono.
- Dal 4° mese al 6° mese: non risponde ai cambiamenti del tuo tono di voce, non è attratto dai giochi che fanno rumore, non è attratto dalla musica.
- Dal 7° mese al 1° anno: non si gira e guarda in direzione dei rumori, non comprende parole per oggetti comuni come "succo", "scarpe", "bicchiere", non imita i suoni del linguaggio.
- Dal 1° anno al 2° anno: non indica immagini in un libro se nominate, non si diverte con storie semplici, canzoncine e filastrocche, non segue semplici ordini come "butta la palla", "dove sono le tue scarpe?", "dov'è la tua bocca?".
- Dal 2° anno al 3° anno: non usa frasi di 2-3 elementi per raccontare e chiedere, non parla in modo comprensibile per i familiari e gli amici, non comprende ordini estranei alla situazione in cui si trova.
- Dal 3° anno al 4°anno: non ti sente quando lo chiami da un'altra stanza, non ascolta la radio e non guarda la televisione con frequenza e tempi sovrapponibili a quelli degli altri membri della famiglia, non usa frasi di 4 o più parole.
- Dal 4° anno al 5° anno: non sta attento a brevi storie, non sente e non capisce la maggior parte di ciò che viene detto a casa e scuola, non comunica facilmente con gli altri bambini e gli adulti.
Tutte le volte che vi è un sospetto deficit uditivo (ipoacusia), è necessario un controllo tempestivo presso centri di Otorinolaringoiatria e/o di Audiologia pediatrici, specializzati nella diagnostica e riabilitazione di bambini con problemi di udito.
La precocità della diagnosi è, infatti, fondamentale per la buona riuscita di qualsiasi tipo di trattamento.
Un udito normale è requisito fondamentale per un adeguato sviluppo del linguaggio. Le tappe di tale sviluppo devono avvenire entro i limiti di tempo sopra riportati; se ciò non avviene, è corretto sospettare delle anomalie dell’udito.
Pertanto, in presenza di un problema di udito non trattato, il bambino presenterà un ritardo nello sviluppo della comprensione e della produzione del linguaggio, tanto più grave quanto più è grave la perdita uditiva.
Gli effetti negativi della sordità sullo sviluppo del linguaggio si possono riassumere in 4 punti:
- Il deficit uditivo causa un ritardo nello sviluppo delle abilità di espressione e di comprensione linguistica.
- Il deficit linguistico provoca problemi nell'apprendimento della lettura e della scrittura con conseguenti difficoltà scolastiche.
- Difficoltà nella comunicazione spesso portano ad isolamento sociale e scarsa considerazione di sé.
- Può avere un impatto sulle scelte vocazionali.
Pertanto è importante non lasciarsi suggestionare da luoghi comuni (ogni bambino ha i suoi tempi, tanto prima o poi parlerà, è pigro, etc.) quanto rivolgersi ai professionisti.
Una precoce presa in carico in presenza, o in assenza, di problematiche uditive, anche con interventi mediati dai genitori può riportare i bimbi in linea con lo sviluppo previsto evitando ripercussioni linguistiche e accademiche successive
Iscriviti alla newsletter per ricevere i consigli degli specialisti del Bambino Gesù.