Durante il normale sviluppo dell'addome nel periodo fetale, il tratto gastrointestinale che si forma dal cordone ombelicale, prima di entrare nella cavità addominale, subisce una rotazione di 270° in senso antiorario attorno ai vasi mesenterici superiori, e si fissa nella cavità addominale in determinati punti: la giunzione duodeno-digiunale a sinistra della linea mediana e il cieco nel quadrante inferiore destro.
La malrotazione intestinale si riferisce a una variazione in questa rotazione e fissazione dell'intestino durante lo sviluppo: questo porta a varie condizioni patologiche sia acute che croniche.
Il tipo più comune riscontrato nei pazienti pediatrici è la rotazione incompleta, che predispone al volvolo, quella condizione in cui parte dell'intestino si avvolge su se stesso determinando una strozzatura dei vasi sanguigni con rapida insorgenza di ischemia (mancato apporto di ossigeno) dell'intestino coinvolto.
La malrotazione intestinale si verifica in circa 1 ogni 200-500 nati vivi, ma è sintomatica soltanto in 1 caso ogni 6000 nati e può manifestarsi a qualsiasi età. In alcuni casi la malrotazione si riscontra già durante esami diagnostici nel periodo precedente alla nascita. Può apparire come anomalia isolata o in associazione con altre anomalie congenite, quali l’ernia diaframmatica, la gastroschisi e l’onfalocele.
La malrotazione intestinale sintomatica può presentarsi come malattia acuta o cronica in relazione al difetto di rotazione e fissazione che l'ha causato:
- Volvolo intestinale acuto: di solito si verifica durante il primo anno di vita con una sintomatologia improvvisa caratterizzata da vomito biliare, dolore addominale diffuso sproporzionato rispetto a quel che si riscontra all'esame obiettivo e rapido decadimento delle condizioni generali (legato allo shock);
- Volvolo intestinale intermittente (cronico): dovuto a torsioni intermittenti o parziali che provocano ostruzione linfatica e venosa. I sintomi più comuni sono dolore addominale ricorrente e malassorbimento;
- Ostruzione duodenale acuta: evidente in età pediatrica, è dovuta a compressione o ostruzione del duodeno da parte di bande peritoneali, bande di Ladd. Clinicamente si evidenzia con un forte vomito, biliare o meno, a seconda della posizione dell'ostruzione rispetto al sito di sbocco della bile (ampolla di Vater);
- Ostruzione duodenale cronica: si presenta generalmente dall'infanzia all'età prescolare. Il sintomo più comune è il vomito, che di solito è biliare. I pazienti possono anche avere un ritardo di crescita e dolori addominali intermittenti;
- Ernia interna: di solito causa sintomi cronici. I pazienti hanno dolore addominale ricorrente, che può progredire da intermittente a costante, associato a volte a vomito e costipazione.
In tutti i casi di distensione addominale a comparsa acuta, associata a dolore addominale e a vomito, con rapido peggioramento delle condizioni generali (volvolo). In caso di episodi ricorrenti di distensione addominale e nausea o vomito, associati o meno a scarso accrescimento.
Un'attenta visita medica è sufficiente per identificare sia la sintomatologia acuta che cronica legate alla malrotazione.
Tra gli esami utili per la conferma diagnostica vi sono:
- Radiografia addominale: ha un'utilità limitata per definire l'ostruzione intestinale. L'immagine classica di ostruzione duodenale, se presente, è il segno a doppia bolla prodotto dallo stomaco e dal duodeno prossimale dilatati con ridotta presenza di gas nel resto dell'intestino
- Esame contrastografico del tratto gastrointestinale superiore: è lo strumento standard per diagnosticare la malrotazione intestinale, da effettuare solo in pazienti che sono stabili da un punto di vista del circolo sanguigno
- Ecografia: sta rapidamente diventando la più frequente modalità di studio nei neonati e nei bambini con dolore addominale ed è utilizzata per diagnosticare la malrotazione intestinale con e senza volvolo
- Tomografia Computerizzata (TC) addome: nei casi a insorgenza acuta può essere utilizzata ma non rappresenta lo strumento diagnostico principale.
Quando la malrotazione si presenta con sintomatologia acuta, come volvolo o ostruzione, si procede anzitutto alla stabilizzazione del paziente per correggere i deficit di liquidi ed elettroliti, migliorare l'ipotensione nei casi di shock, iniziare terapia antibiotica a largo spettro.
I pazienti che vomitano o sono instabili possono richiedere una esplorazione chirurgica immediata.
La procedura chirurgica prevede la riduzione del volvolo, se presente, o l’asportazione delle bande mesenteriche che ancorano in modo anomalo l'intestino e possono esercitare compressione sull’intestino stesso (su digiuno e ileo), e il posizionamento dell'intestino tenue a destra e intestino crasso a sinistra nell'addome (intervento di Ladd) e l’appendicectomia. L'intervento può venir praticato sia con tecnica classica che con tecnica mininvasiva laparoscopica.
La riduzione del volvolo si ottiene ruotando l’intestino in senso antiorario: la derotazione completa di solito richiede 2-3 giri. Dopo che l'afflusso di sangue è stato ripristinato si valutano le condizioni dell'intestino coinvolto. Risultati migliori si ottengono quando non sono presenti segni di necrosi o quando il segmento intestinale coinvolto è piccolo e può essere asportato.
Se il tratto intestinale interessato dall'ischemia (mancanza di flusso sanguigno) è molto esteso e si corre il rischio di dover asportare gran parte dell'intestino, con tutte le problematiche associate, si lascia l'intestino in sede e si pianifica un secondo intervento a distanza di 12-24 ore, nel caso il paziente non mostri miglioramento.
L'intestino necrotico deve essere infatti asportato, considerando tuttavia che la priorità è quella di preservare quanto più intestino possibile. Inoltre, l'anastomosi intestinale (il raccordo tra due segmenti di intestino) si può effettuare solo su un tratto di intestino sano, mentre nei casi di asportazione di intestino con un pregresso danno vascolare, è preferibile eseguire una stomia, cioè un intervento chirurgico con il quale si mette in comunicazione l'intestino con l'esterno attraverso un'apertura creata sulla parete addominale. L’asportazione dell'intero intestino tenue richiede una nutrizione parenterale, cioè la somministrazione di nutrienti direttamente nel sangue attraverso un vaso venoso, tramite l'utilizzo di un catetere vascolare da tenere per tutta la vita oppure di un successivo trapianto intestinale.
L’appendicectomia, o asportazione dell’appendice, viene eseguita durante l'operazione di malrotazione per 2 motivi:
- Il normale posizionamento anatomico dell'appendice, in basso e a destra, risulta modificato quando il cieco viene posizionato nel quadrante superiore sinistro, rendendo difficile l'eventuale diagnosi di appendicite in futuro;
- L’asportazione delle bande peritoneali provoca a volte danni ai vasi appendicolari.
L'approccio laparoscopico (intervento tramite endoscopio senza apertura della cavità addominale) per la correzione della malrotazione è possibile, ma sono ancora pochi i dati sull'esito a lungo termine. La laparoscopia è deficitaria per un adeguato allargamento del mesentere, se paragonata alla chirurgia a cielo aperto; inoltre è una tecnica riservata ai soli pazienti clinicamente stabili.
Il decorso postoperatorio dipende dalla presenza o meno – e dall’entità - della ischemia o necrosi intestinale, dalla quantità d'intestino eventualmente asportato e dall'età del paziente. I pazienti senza necrosi intestinale avranno una rapida ripresa delle condizioni generali e della funzione intestinale, con dimissione prevista dopo qualche giorno dall'intervento chirurgico. All'estremo opposto vi sono situazioni caratterizzate da importante necrosi intestinale, shock e sepsi: in questi casi il ricovero si allunga per la più complessa gestione del periodo postoperatorio, la necessità di somministrazione di liquidi endovena, il reintegro dei sali, la correzione dello shock e della sepsi, l’antibioticoterapia e la nutrizione parenterale. La dimissione sarà rimandata, fino alla stabilizzazione del paziente e alla ripresa delle funzioni intestinali, per garantire la completa assunzione degli alimenti per bocca.
Nei casi in cui si sia resa necessaria l’asportazione di gran parte dell'intestino, tale da determinare una insufficienza intestinale, o sindrome dell'intestino corto, è necessario avviare un percorso riabilitativo a lungo termine, per controllare la crescita e supportare la nutrizione, in quanto i pazienti sono ad alto rischio di insufficiente alimentazione e scarsa crescita.
In questi casi l'assistenza ambulatoriale deve essere individualizzata, in base al decorso operatorio e postoperatorio di ciascun paziente.
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