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Pianto nel periodo neonatale

Il pianto è il modo con il quale i bambini piccoli esprimono le proprie esigenze e i sentimenti. Si può riconoscere il pianto da fame, da dolore e da collera 

Il neonato, come ogni individuo, esprime le sue esigenze e i suoi sentimenti e lo fa, nel primo periodo della vita, soprattutto attraverso il pianto.

Questo rappresenta quindi la forma di comunicazione dei primi giorni di vita: è il linguaggio del bambino che richiama l'attenzione dei genitori per richiedere nutrimento, aiuto, protezione e conforto.

È compito importante dei genitori imparare ad ascoltare e a interpretare correttamente tale linguaggio.

È comprensibile che per molti neo-genitori sia difficile astenersi da un intervento immediato quando sentono il loro bimbo piangere disperato.

Il consiglio è invece quello di attendere alcuni istanti prima di intervenire per cercare di capirne le motivazioni, senza "tamponare" (magari offrendo meccanicamente il ciuccio o il seno) e far tacere il piccolo non avendo compreso le sue richieste.

Il neonato ha bisogno di sviluppare la sua "voce", di esprimersi e comunicare: le radici della modalità di espressione vengono infatti poste fin dai primi giorni di vita.

Il piccolo bimbo può piangere perché ha fame, ha il pannolino sporco, l'ambiente che lo circonda è troppo caldo o troppo freddo, i rumori di sottofondo sono tali da provocargli fastidio o disagio oppure se ha dolore. Anche lo stato d'animo dei familiari può esserne causa, in quanto l'eccessivo nervosismo o ansietà possono trasmettersi facilmente.

Ascoltando le caratteristiche del pianto, in particolare il suo timbro, la sua intensità e durata, si possono ricavare tante informazioni. Molto schematicamente si possono individuare:

  • Il pianto da fame: il cui l'inizio è a bassa intensità per poi divenire più forte e ritmico;
  • Il pianto da dolore: intenso, forte fin dall'inizio e prolungato nel tempo con, a seguire, una fase di silenzio e presenza di singhiozzi alternati a brevi inspirazioni;
  • Il pianto da collera: simile al pianto da fame, ma con tonalità più bassa e intensità costante.

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Le preoccupazioni insorgono nel caso in cui un bambino, di solito tranquillo, piange forte ed a lungo senza un motivo evidente e correggibile.

Quando il pianto non può essere consolato. In tali casi è consigliabile consultare il pediatra curante per individuare cause possibili di fastidio o dolore o di malattia.

Una causa piuttosto frequente di pianto, ad insorgenza dalla seconda, terza settimana di vita, è rappresentata dalle cosiddette "coliche gassose".
In questi casi il pianto, che si ripete per lo più agli stessi orari (quelli pomeridiani o serali), è riconoscibile perché è incessante e non smette nemmeno se il bambino viene preso in braccio e coccolato.

Inoltre, è accompagnato da agitazione delle braccia e delle gambe che il bambino piega e distende in tutte le direzioni, da inarcamento della schiena e, a volte, da rasserenamento improvviso allorché l'aria fuoriesce dal sederino.

L'intervento che si può attuare è quello di massaggiare il pancino in maniera delicata, tenendo il piccolo appoggiato in posizione prona sull'avambraccio e di mettere in atto dei movimenti ripetitivi, come per cullarlo.

Se allattato al seno, è consigliabile rivalutare la posizione mantenuta durante la poppata per evitare che ingerisca una eccessiva quantità di aria ed escludere alcuni alimenti dalla dieta della mamma (ad esempio il latte di mucca ed i derivati del latte stesso).

Comunque niente paura: la definizione di questi episodi come "coliche dei 3 mesi" si spiega con il fatto che in genere si esauriscono alla fine del primo trimestre di vita.

È necessario anzitutto tener conto del fatto che, nel primo anno di vita e soprattutto nei primi tre mesi, i lattanti piangono normalmente più o meno a lungo, per circa 2-3 ore ogni giorno.

Occorre quindi entrare in comunicazione con il bambino, senza eccessivi schematismi e soprattutto senza agitarsi per la preoccupazione che qualcosa non vada.

Se il pianto non nasce da qualcosa che provoca dolore, fastidio, fame o sete probabilmente deriva dalla necessità di vicinanza e/o di contatto e attenzione da parte dei genitori; sarà facile verificarlo facendo sentire la propria presenza senza paura di esagerare e di viziarlo e mantenendo la propria tranquillità.

Nel tempo, il sentirsi vicini avverrà non soltanto attraverso il contatto fisico, sempre molto importante, ma anche e soprattutto attraverso la vista e l'ascolto della voce (soprattutto della mamma e del papà).

Se invece il pianto è frequente, difficile da interpretare ed il pediatra curante non individua una causa patologica, si può incoraggiare il bambino, con gradualità, a calmarsi da solo: i neonati, infatti, sono dotati fin dalla nascita di un sistema interno di auto-consolazione rappresentato dal riflesso di suzione e proprio dal pianto.

Intervenendo non subito, ma dopo un lasso di tempo da aumentare gradualmente giorno dopo giorno, in molti casi l'intervento dei genitori non si renderà più necessario in quanto sarà il bambino stesso a smettere in breve tempo di piangere avendo imparato a calmarsi e rilassarsi.

 

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  • A cura di: Guido Castelli Gattinara
    Istituto Bambino Gesù per la Salute del Bambino e dell'Adolescente
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Ultimo Aggiornamento: 08  Settembre 2022 


 
 

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