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Rene: rigetto del trapianto

Il corpo tenta di attaccare e distruggere l'organo che gli è stato trapiantato perché lo vede come qualcosa di "diverso" e dannoso per l'organismo  

È il tentativo da parte dell'organismo di distruggere l'organo che gli è stato trapiantato perché riconosciuto come estraneo.

Il trapianto si effettua inserendo un organo di una persona (rene, fegato, cuore, ecc.) in un altro individuo. Il sistema immunitario di chi riceve il nuovo organo vede questo "innesto" come qualcosa di "diverso" e quindi potenzialmente dannoso e reagisce mettendo in atto meccanismi immunitari di difesa identici a quelli utilizzati ogni giorno per difenderci dalla invasione di virus o batteri. Le cellule del sistema immunitario vengono attivate e, sia direttamente che attraverso la produzione di anticorpi, aggrediscono l'organo.

Nelle fasi iniziali non è possibile osservare alcun sintomo. In questa fase, sono unicamente gli esami di laboratorio a mettere in allarme il medico. Solo nei rigetti più importanti potranno esserci manifestazioni cliniche. Tra queste, le più comuni sono l'aumento della pressione arteriosa e, più raramente, una sensazione di peso nella sede dell'organo trapiantato o la comparsa di febbre. Solo in casi molto gravi si può osservare una riduzione della produzione di urina. 

Il più delle volte, il rigetto viene sospettato nel corso di esami effettuati routinariamente. Solo alcune volte sono evidenti sintomi soggettivi. Per fare la diagnosi è necessario inizialmente effettuare un'ecografia renale, che può mostrare un aumento di dimensioni del rene e un'alterazione del flusso di sangue all'interno dell'organo. La conferma della diagnosi richiede però sempre lo studio del tessuto del rene, che si ottiene attraverso una biopsia renale.

La terapia prevede inizialmente l'uso di cortisone ad alte dosi. Solo in casi particolari, quando il rigetto non risponde alla terapia o presenta aspetti particolari, si possono usare altri farmaci più potenti.

Dopo il trapianto, vengono prescritte terapie immunosoppressive, cioè capaci di modulare le difese immunitarie del bambino, per ridurne la potenzialità offensiva e impedirgli di distruggere il nuovo rene. Ovviamente, queste terapie devono lasciarlo in grado di difendersi qualora il bambino venisse attaccato da un virus o da un batterio. Una terapia troppo aggressiva lo esporrebbe a rischi infettivi inaccettabili. 
Si crea, pertanto, un equilibrio tra la necessità di proteggere il trapianto (riducendo le difese immunitarie) e quella di permettere al ricevente di difendere sé stesso dalle infezioni: quando l'equilibrio si sposta a favore di una eccessiva immunosoppressione il paziente rischia di infettarsi, quando questa viene ridotta troppo, il rene può essere rigettato.

Nella maggior parte dei casi è possibile recuperare la situazione prima che il danno diventi irreparabile. Solo in pochissimi casi il rigetto è "resistente" alla terapia. Talvolta, tuttavia, pur riuscendo a controllare la fase più acuta, il rigetto diventa cronico e provoca in modo irreparabile la progressiva riduzione della funzione del rene trapiantato fino alla sua perdita totale.


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  • A cura di: Luca dello Strologo
    Unità Operativa di Trapianto Renale
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 03  Marzo 2022 


 
 

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