L'epatite B è un'infezione causata dal virus dell'Epatite B (HBV). L'infezione da virus dell'epatite B può essere acuta oppure cronica. Viene definita cronica quando dura più di 6 mesi. Il virus dell'epatite B viene trasmesso principalmente per contatto con il sangue infetto e, nell'adulto, per trasmissione sessuale.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che nel mondo ci siano circa 257 milioni di persone con infezione cronica da virus dell'epatite B. In Italia si calcola che i portatori del virus dell'epatite B siano circa 500.000.
Nel bambino l'epatite B ha solitamente un'evoluzione benigna. In alcuni casi, però, può essere particolarmente grave. La trasmissione più comune è tra la madre infetta da virus dell'epatite B e il bambino che porta in grembo (trasmissione verticale).
Più del 90% dei bambini che si infettano alla nascita diventano portatori cronici del virus dell'epatite B. Se invece l'infezione si verifica più tardi, in età prescolare, il rischio di diventare portatore cronico scende al 25-60%. Se l'infezione si verifica in età successive, il rischio scende ulteriormente al 5%, come nell'età adulta.
L'infezione può essere diagnosticata cercando nel sangue una sostanza chiamata HBsAg. Questa sostanza, detta antigene di superficie fa parte del virus dell'epatite B. La sua presenza nel sangue indica che c'è in corso un'infezione da epatite B.
La più efficace misura di prevenzione dell'infezione è la vaccinazione. In Italia la vaccinazione anti epatite B è obbligatoria dal 1991. La vaccinazione ha permesso di ridurre del 70% il rischio di cancro del fegato.
Esistono 3 possibili modalità di trasmissione dell'infezione da madre a figlio che si possono verificare prima o subito dopo la nascita (trasmissione perinatale):
- Transplacentale in utero (trasmissione intrauterina): l'infezione passa dal sangue della madre al sangue del figlio attraverso la placenta;
- Durante il parto (trasmissione intra-parto);
- Post natale (rara) ad esempio durante l'allattamento, se ci sono ragadi o altre lesioni sanguinanti del capezzolo (trasmissione post-parto).
In assenza di una terapia adeguata, la condizione di portatore cronico del virus non dà segno di sé. Tuttavia, nel tempo, i portatori cronici del virus possono sviluppare gravi danni al fegato.
A distanza di 30-40 anni da quando è stata contratta l'infezione, si possono manifestare cirrosi e tumori (epatocarcinoma). Il rischio quindi è tanto più grande quanto più precocemente è avvenuto il contagio.
In altre parole, il rischio di cirrosi e tumori è massimo negli adulti che hanno contratto l'infezione da neonati.
Ai bambini nati da madre con infezione cronica da virus dell'epatite B va somministrata una prima dose di vaccino contro l'epatite B entro 12/24 ore dalla nascita.
Contemporaneamente al vaccino, a questi bambini vanno somministrate le immunoglobuline specifiche anti-virus epatite B (HBIG). Il ciclo di vaccinazione va poi completato con altre 3 dosi a 4 settimane, a 8 settimane e a 11-12 mesi.
Preferibilmente, dopo 1-3 mesi dall'ultima dose va eseguito il controllo della risposta immunitaria al vaccino (ricerca degli anticorpi diretti contro il virus epatite B) per verificare che il bambino sia protetto dall'infezione.
Un piccolo numero di neonati nati da madri portatrici croniche del virus dell'epatite B si infetta nonostante la corretta profilassi con vaccino e immunoglobuline eseguita alla nascita. Questo può dipendere dal numero di copie del virus presenti nel sangue della madre (viremia).
Nelle gestanti infette, se la viremia è alta (HBV DNA >200.000 IU/mL) è indicata iniziare tra la 24^ e la 28^ settimana di gestazione la profilassi con farmaci antivirali (tenofovir) per ridurre il numero di virus nel sangue e far sì, in questo modo, che la profilassi con immunoglobuline e vaccinazione condotta alla nascita sul neonato possa essere efficace. Per questo è raccomandato alla gestante lo screening per il virus dell'epatite B (HBsAg) nel primo trimestre di gravidanza.
Quanto alla modalità del parto, non ci sono prove che il parto tramite taglio cesareo sia migliore rispetto al parto vaginale per evitare il rischio di trasmissione dalla madre al neonato dell'infezione da virus epatite B.
I neonati che hanno ricevuto il vaccino e le immunoglobuline possono essere allattati dalla madre. L'allattamento al seno va quindi incoraggiato, purché non siano presenti né ragadi né sanguinamento del capezzolo.
Lo scopo principale della terapia antivirale, sia in età adulta che in età pediatrica, è quello di diminuire il rischio di cirrosi e di tumore del fegato (epatocarcinoma).
Interferoni e antivirali (lamivudina, tenofovir e entecavir) si sono dimostrati efficaci nel trattamento dell'epatite cronica.
La terapia antivirale va effettuata esclusivamente su prescrizione di Centri Specialistici.
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