L'ernia diaframmatica è una malformazione congenita caratterizzata da un difetto nello sviluppo del diaframma, il muscolo che separa il torace dall’ addome.
Durante lo sviluppo del feto, il diaframma non si chiude correttamente e presenta una apertura che consente agli organi addominali, come lo stomaco, l’intestino o il fegato, di risalire (o erniare) all'interno del torace. (Figura 1).
L’occupazione dello spazio toracico da parte degli organi addominali causa gradi variabili di compressione dei polmoni, limitandone la crescita (ipoplasia polmonare) e alterandone la vascolarizzazione (causa di ipertensione polmonare alla nascita), elementi fondamentali per garantire una funzionalità respiratoria normale dopo la nascita.
L'ernia diaframmatica congenita si presenta nella maggior parte dei casi come una anomalia isolata (circa il 70%).
Tuttavia, in circa il 30% dei casi può associarsi ad altre malattie come malformazioni a carico di altri organi (circa il 15%) o ad anomalie cromosomiche o genetiche (circa il 15%).
L’ernia diaframmatica congenita viene considerata una malattia rara, che si presenta in circa 1 su 3000 gravidanze.
La diagnosi di ernia diaframmatica viene eseguita mediante ecografia ostetrica, di solito nel secondo trimestre di gravidanza (ecografia morfologica) mediante la visualizzazione nel torace di organi addominali che comprimono i polmoni e spostano il cuore dalla sua posizione naturale (Figura 2).
In alcuni casi la diagnosi si può eseguire anche precocemente durante l’ecografia di screening del primo trimestre di gravidanza. Nella maggior parte dei casi il difetto è localizzato a sinistra (CDH sinistra) mentre in circa il 15% dei casi è a destra (CDH destra).
Le forme destre sono di solito più severe delle sinistre perché il fegato (che viene considerato un organo voluminoso) è sempre erniato nel torace e comprime maggiormente i polmoni.
Ad oggi il parametro ecografico prenatale maggiormente utilizzato per l’inquadramento diagnostico dell’ernia diaframmatica è rappresentato dalla misurazione ecografica dell’area del polmone controlaterale all’ernia e il suo rapporto con la circonferenza cranica del feto (LHR, dall’inglese Lung-to-Head Ratio, Figura 2).
Questo parametro, espresso come percentuale del valore atteso per l’epoca gestazionale (Observed/Expected, O/E LHR), rappresenta una misura del grado di ipoplasia polmonare ed è correlato in maniera significativa con il tasso di sopravvivenza postnatale.
Sulla base del valore di LHR è possibile classificare i casi di ernia diaframmatica sinistra in forme lievi, associate con una sopravvivenza che varia tra il 70% e il 100%, forme moderate associate con una sopravvivenza che varia tra il 40% e il 60%, e forme severe ed estreme, in cui la sopravvivenza postnatale non supera il 15-25%. L’ernia destra viene classificata invece in moderata o severa.
Il difetto diaframmatico è trattabile chirurgicamente dopo la nascita ma, nonostante i progressi nelle tecniche di terapia intensiva e chirurgia neonatale, la mortalità si aggira intorno al 30-40%, principalmente a causa delle complicanze legate all’ipoplasia ed ipertensione polmonare.
La possibilità di valutare in utero la severità della malattia e la sua correlazione alla sopravvivenza alla nascita, ha stimolato la ricerca scientifica a valutare tecniche di intervento prenatali che, nelle forme più gravi, potessero migliorare la sopravvivenza dei neonati affetti.
Il razionale dell’intervento in utero si basa sul dato che durante la vita fetale i polmoni producono del liquido che, attraverso la trachea, si riversa all’interno della cavità amniotica.
L’occlusione della trachea determina l’intrappolamento di questo liquido all’interno dei polmoni, favorendone l’espansione, la crescita e lo sviluppo, contrastando quindi l’ipoplasia polmonare.
Un importante studio multicentrico mondiale recentemente pubblicato ha dimostrato che l’intervento in utero aumenta in modo significativo la sopravvivenza dei feti trattati rispetto ai non trattati nelle forme di ernia sinistra SEVERE (O/E LHR<25%).
Nelle forme moderate (O/E LHR nel range 26-45%) si osserva un trend di miglioramento. Al momento vengono trattate le forme severe e le forme moderate più gravi (O/E LHR nel range di circa 26-30%), ossia quelle che hanno un valore di O/E LHR prossimo a quello delle forme severe.
Lo studio mette in evidenza che il rischio maggiore legato alla procedura in utero è il rischio di parto pretermine che per entrambe le forme di ernia risulta di circa il 20% prima di 34 settimane di gravidanza nei casi trattati, rispetto al 7% dei casi non trattati.
Lo studio non è stato condotto nelle ernie destre, per le quali il trattamento è proposto nelle forme severe (O/E LHR<45%).
L’intervento in utero che ha dimostrato i migliori benefici, sia in termini di fattibilità, bassa invasività ed efficacia, è rappresentato dalla occlusione endoscopica della trachea fetale (FETO, dall’inglese Fetoscopic Endoluminal Tracheal Occlusion).
L’intervento viene eseguito intorno alla 28ª settimana di gestazione e prevede il posizionamento, utilizzando uno strumento di circa 3 mm di diametro, chiamato fetoscopio, di un palloncino di pochi millimetri all’interno della trachea del feto. In questa sede, il palloncino viene gonfiato con meno di 1 mL di soluzione fisiologica e lasciato in sede per circa 4 settimane, con lo scopo di ottenere un’occlusione tracheale completa e favorire la crescita del polmone (Figura 4).
Durante il periodo di occlusione tracheale la mamma deve eseguire controlli settimanali e soggiornare vicino al centro di riferimento.
Infatti, nel caso di complicanze ostetriche come la comparsa di contrazioni uterine o rottura delle membrane o altro ancora, può essere necessario dover togliere il palloncino in emergenza, con lo scopo di disostruire le vie aeree del feto prima di una potenziale nascita.
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