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Esami di laboratorio per infiammazioni e infezioni (Da A Scuola di Salute)

Particolarmente utili sono due esami del sangue, semplici e di facile esecuzione: la proteina C reattiva (PCR) e la procalcitonina (PCT) 

Il nostro organismo è predisposto a rispondere in modo rapido a qualsiasi azione lesiva, che si tratti di un trauma, un’infezione, un tumore o un’infiammazione.

È la cosiddetta “risposta della fase acuta”. Il processo è ben noto ma si manifesta, talvolta, con sintomi difficili da inquadrare.
La febbre, ad esempio, è comune a quasi tutti gli stati infiammatori e non sempre la storia clinica e la visita medica permettono di identificarne la causa.

Questo vale specialmente nei bambini più piccoli, che tra l’altro sono più a rischio di infezioni batteriche gravi. Proprio in questi casi gli esami di laboratorio possono essere fondamentali per guidare la scelta terapeutica.

La terapia antibiotica nelle infezioni virali è inutile. Viceversa, l’uso tempestivo di antibiotici in alcune infezioni batteriche (meningite, polmonite, infezione delle vie urinarie o infezioni nei primi mesi di vita) può scongiurare esiti molto gravi.

Distinguere queste due categorie di infezioni (virali o batteriche) permette quindi di evitare un uso improprio di farmaci (nel primo caso) o di avviare rapidamente dei trattamenti salvavita.

Particolarmente utili sono due esami del sangue, semplici e di facile esecuzione: la proteina C reattiva (PCR) e la procalcitonina (PCT), entrambe proteine della fase acuta, prodotte dal fegato.

In corso di infezioni virali o infiammazioni non infettive, il livello di PCT aumenta leggermente (di rado supera 1 ng/mL).
In corso di infezioni batteriche invece il livello aumenta nettamente e in poche ore. Il valore di PCT può quindi essere un buon indicatore per l’avvio della terapia antibiotica.

Lo stesso vale per la PCR, anche se, a differenza della PCT, la PCR può alzarsi sia in corso di infezioni batteriche, sia per altri tipi di infiammazioni. Tuttavia, in casi urgenti, il suo netto incremento è sicuramente di aiuto nella scelta terapeutica. 

Gli esami colturali, invece, permettono di identificare il germe che causa l’infezione. Il campione biologico (ad esempio, il sangue o le urine) è messo in coltura (urino-coltura, emo-coltura, tampone faringeo ecc) per verificare l’eventuale sviluppo di germi e, ancora più importante, la sensibilità agli antibiotici.

Il limite di questo tipo di esami è il tempo: i germi si replicano, specialmente in coltura, con tempi che possono andare da ore a giorni, l’arco temporale previsto per avere dei risultati.
Un sistema più sofisticato e ben più rapido è la ricerca, nel sangue, di frammenti del genoma (DNA o RNA) dei microrganismi, la cosiddetta PCR-real time.

Questo esame permette di valutare molto rapidamente sia la presenza in circolo di un germe, sia la sua “quantità”, facilitando il controllo del decorso dell’infezione. Non permette, però, l’esecuzione dell’antibiogramma.

 

Questo contenuto è stato scritto da Marina Macchiaiolo ed è estratto dal numero di Febbraio/Marzo 2019 di A Scuola di Salute.

 

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Ultimo Aggiornamento: 11  Marzo 2024 


 
 

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