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Favismo

Malattia del sangue piuttosto diffusa in Italia, è trasmessa dalle madri ai figli maschi. Alcune sostanze contenute nelle fave, nei piselli, nella verbena e in alcuni farmaci sono tossici per chi ne è affetto 

Per favismo non si intende un’allergia, bensì una malattia del sangue (da non confondere con l’allergia alle fave) piuttosto diffusa in Italia, in particolare al Sud.

Ad esserne colpiti sono in prevalenza i maschi, poiché le donne sono più spesso portatrici sane.

Questa malattia, di origine genetica, è causata da alterazioni (mutazioni) del gene G6PD, localizzato sul cromosoma X. Il gene G6PD porta le informazioni necessarie per la produzione di un enzima, la glucosio-6-fosfato deidrogenasi o G6PD.

Poiché l’enzima G6PD è presente sul cromosoma X, sono le madri a trasmettere il favismo ai figli maschi, con una probabilità del 50% (1 su 2) a ogni concepimento. Ma con una differenza: una femmina su due diventerà a sua volta portatrice mentre un maschio su due diventerà malato.

Attenzione però: la probabilità è la stessa a ogni concepimento. Anche se è già nato un bambino con favismo, il nuovo – o la nuova – nata/o avranno esattamente la stessa probabilità (50%) di essere malati o portatori.

C’è inoltre un altro problema di cui tener conto. Normalmente, ogni cellula di un soggetto di genere femminile ha attivo uno solo dei due cromosomi X, né più né meno come le cellule dei maschi che hanno un solo cromosoma X.

Questo fenomeno si verifica nelle primissime fasi di sviluppo dell’embrione femminile, quando uno dei due cromosomi X viene inattivato in modo permanente: di conseguenza, all’incirca metà delle cellule dell’organismo femminile avrà attivo il cromosoma X ereditato dal padre e l’altra metà avrà attivo il cromosoma X ereditato dalla madre. È la cosiddetta “inattivazione casuale” del cromosoma X.

Ma non sempre questo processo avviene perfettamente. Qualche volta l’inattivazione non è del tutto casuale e ben più di metà delle cellule hanno attivo il cromosoma di origine materna oppure quello di origine paterna.

Nel nostro caso – il deficit di G6PD – se un gran numero di cellule della donna portatrice ha attivo il cromosoma X di origine materna con il gene G6PD mutato, la situazione non sarà molto differente da quella di un maschio malato: poche cellule produrranno G6PD “normale” e i globuli rossi mancheranno di G6PD o ne avranno ben poca.

Queste donne portatrici abbastanza spesso hanno sintomi simili a quelli dei maschi malati, anche se di solito meno gravi. Il G6PG protegge i globuli rossi dall’effetto di molecole che possono essere tossiche per queste cellule del sangue.

Le mutazioni del gene G6PD impediscono il suo normale funzionamento o riducono la sua quantità nei globuli rossi che, di conseguenza, diventano molto più sensibili agli effetti tossici di sostanze contenute nelle fave e in altri legumi, in alcuni farmaci o che vengono generate nel corso delle infezioni.

L’accumulo di queste sostanze tossiche provoca quindi un’anemia emolitica, vale a dire un’anemia causata da un’accelerata distruzione dei globuli rossi.

Sono tossiche per i soggetti con favismo alcune sostanze contenute nelle fave, nei piselli e nella verbena. Per scatenare i sintomi può essere sufficiente inalare l’odore di queste sostanze o i pollini di questi vegetali.

I farmaci che più frequentemente possono causare anemia emolitica nei soggetti con favismo sono alcuni analgesici, antipiretici, antimalarici, salicilati, certi chemioterapici e la chinidina. Anche la naftalina, se viene inalata, può causare gli stessi sintomi. Inoltre alcune sostanze prodotte dall’organismo nel corso delle infezioni possono avere lo stesso effetto. 

Nel neonato, la bilirubina ad alte concentrazioni può penetrare e depositarsi nel cervello provocando un gravissimo danno cerebrale ed anomalie dello sviluppo motorio e cognitivo (ritardo mentale), convulsioni, spasmi muscolari, sordità e paralisi dello sguardo.

Dopo 12-48 ore dall'ingestione di piselli, fave o di uno dei farmaci sopra riportati, i soggetti affetti da favismo presentano una carnagione giallastra e giallo diventa anche il bianco degli occhi mentre le urine diventano scure.

Si tratta di ittero causato da un’alta concentrazione nel sangue di bilirubina che deriva dall’emoglobina dei globuli rossi distrutti. Se il favismo si manifesta in forma grave, il soggetto può andare incontro a un collasso.

Di solito la crisi si manifesta con:

Occorre rivolgersi immediatamente al pronto soccorso, dove può rendersi necessaria una trasfusione di globuli rossi.

Per la diagnosi è sufficiente un semplice prelievo di sangue che consente di dosare l’enzima nei globuli rossi e di confermare il sospetto diagnostico.

In alcune regioni è stato attivato lo screening neonatale per G6PD come parte dello screening metabolico allargato.

Nel neonato, i livelli elevati di bilirubina che si possono riscontrare nel deficit di G6PD vengono affrontati con carattere di urgenza, visto il pericolo che la bilirubina danneggi il cervello.

Si ricorre anzitutto alla fototerapia: la pelle viene esposta all'emissione di un particolare fascio luminoso che aiuta la degradazione della bilirubina che quindi viene eliminata più facilmente. 

Se la fototerapia non riesce a far scendere la bilirubina del sangue a livelli di sicurezza, si ricorre all’exanguinotrasfusione che consiste nello scambio di elevati volumi di sangue del neonato con sangue da donatore. In questo modo viene sostituito fino all’80% del volume di sangue del neonato.

Gran parte dei bambini più grandi e degli adulti con deficit di G6PD non ha sintomi oppure li ha soltanto se viene a contatto con una delle sostanze tossiche.

Chi è affetto da favismo deve quindi evitare:

  • Le fave nella propria alimentazione;
  • L’uso di alcuni farmaci, il cui elenco viene consegnato dal medico al momento della diagnosi;
  • L’esposizione al polline dei legumi;
  • Il contatto con le piante di fave;
  • Gli alimenti preparati negli ambienti in cui si trovavano anche fave.

È bene che le persone con favismo evitino anche:

  • Il vino rosso;
  • Tutti i legumi;
  • I mirtilli;
  • I prodotti a base di soia;
  • L’acqua tonica.

In caso di crisi emolitica, può rendersi necessaria una trasfusione di sangue. L’asportazione della milza (splenectomia), di solito non è efficace.

 

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  • A cura di: Maria Cristina Artesani, Maurizio Mennini, Alessandro Giovanni Fiocchi
    Unità Operativa di Allergologia
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Ultimo Aggiornamento: 26  Settembre 2023 


 
 

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