Rene: rigetto di trapianto

L'organismo tenta di attaccare e distruggere l'organo che trapiantato perché visto come qualcosa di "diverso" e dannoso per l'organismo  

È il tentativo da parte dell'organismo di distruggere l'organo che gli è stato trapiantato perché riconosciuto come estraneo.

Il trapianto si effettua inserendo un organo di una persona (rene, fegato, cuore, ecc.) in un altro individuo.

Il sistema immunitario di chi riceve il nuovo organo vede questo "innesto" come qualcosa di "diverso", quindi potenzialmente dannoso e reagisce mettendo in atto meccanismi immunitari di difesa identici a quelli utilizzati ogni giorno per difenderci dalla invasione di virus o batteri.

Le cellule del sistema immunitario vengono attivate e, sia direttamente che attraverso la produzione di anticorpi, aggrediscono l'organo.

Nelle fasi iniziali è possibile non osservare alcun sintomo. In questa fase, possono essere unicamente gli esami di laboratorio a mettere in allarme il medico.

Solo nei rigetti più importanti sono in genere presenti manifestazioni cliniche. Tra queste, le più comuni sono l'aumento della pressione arteriosa e, più raramente, una sensazione di peso nella sede dell'organo trapiantato o la comparsa di febbre.

Solo in casi molto gravi, si può osservare una riduzione della quantità di urina prodotta giornalmente.

Esistono due forme di rigetto che differiscono per il tipo di risposta immunitaria coinvolta e per i meccanismi sottostanti:

  1. Il rigetto cellulare è caratterizzato da una risposta immunitaria mediata principalmente dalle cellule T del sistema immunitario che riconoscono le cellule del trapianto come estranee e attaccano direttamente il tessuto del rene trapiantato;
  2. Il rigetto umorale coinvolge una risposta immunitaria mediata principalmente dagli anticorpi che riconoscono e attaccano gli antigeni presenti sulla superficie delle cellule del trapianto, causando danni diretti al rene trapiantato.

In base alle tempistiche di insorgenza, il rigetto può inoltre essere classificato in tre tipi:

  1. Iperacuto: si verifica entro pochi minuti o ore dal trapianto e può essere causato da una risposta immunitaria preesistente nel ricevente (per la presenza di anticorpi contro il donatore nel sangue del ricevente,  condizione ormai rarissima per i test di verifica a disposizione prima del trapianto);
  2. Acuto: è il tipo più comune di rigetto del trapianto renale e si verifica generalmente entro i primi mesi dopo il trapianto; può essere di tipo cellulare o umorale.
  3. Cronico: è una forma di rigetto a lungo termine che si sviluppa nel corso di mesi o anni dopo il trapianto e porta a una progressiva perdita della funzione renale.

Il più delle volte, il rigetto viene sospettato nel corso di esami di controllo. L’aumento di valori di creatininemia o la comparsa di proteinuria possono essere un segnale di allarme.

Per fare la diagnosi può essere utile effettuare un'ecografia renale, che può mostrare un aumento di dimensioni del rene e un'alterazione del flusso di sangue all'interno dell'organo.

La conferma della diagnosi richiede però sempre lo studio del tessuto del rene, che si ottiene attraverso una biopsia renale.

La terapia prevede l'uso di cortisone ad alte dosi. Nel caso di rigetto umorale, mediato da anticorpi, si può ricorrere a plasmaferesi e anticorpi monoclonali anti-CD20 (ovvero rivolti verso i linfociti B, le cellule responsabili della produzione di anticorpi).

Solo in casi particolari, quando il rigetto non risponde alla terapia o presenta aspetti particolari, si possono usare altri farmaci più potenti. Anche la modifica della terapia immunosoppressiva di mantenimento può essere utile nelle fasi di risoluzione di un rigetto.

Dopo il trapianto, vengono prescritte terapie immunosoppressive, cioè capaci di modulare le difese immunitarie del bambino, per ridurne la potenzialità offensiva e impedirgli di distruggere il nuovo rene.

Ovviamente, queste terapie devono lasciarlo in grado di difendersi qualora il bambino venisse attaccato da un virus o da un batterio. Una terapia troppo aggressiva lo esporrebbe a rischi infettivi inaccettabili. 

Si crea, pertanto, un equilibrio tra la necessità di proteggere il trapianto (riducendo le difese immunitarie) e quella di permettere al ricevente di difendere sé stesso dalle infezioni. Quando l'equilibrio si sposta a favore di una eccessiva immunosoppressione il paziente rischia di infettarsi, quando questa viene ridotta troppo, il rene può essere rigettato.

Il monitoraggio regolare dei livelli dei farmaci immunosoppressori nel sangue è essenziale per garantire un trattamento efficace e minimizzare gli effetti collaterali di tali farmaci.

Nella maggior parte dei casi è possibile trattare il rigetto prima che il danno sull’organo trapiantato diventi irreparabile. Solo in pochissimi casi il rigetto è "resistente" alla terapia.

Talvolta, tuttavia, il rigetto evolve in una condizione di cronicità e provoca in modo irreparabile la progressiva riduzione della funzione del rene trapiantato fino alla sua perdita totale.


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  • A cura di: Isabella Guzzo
    Unità Operativa Dialisi e Clinica del Trapianto Renale
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 12  Settembre 2024 


 
 

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