La sindrome di Klinefetler è la più frequente alterazione cromosomica nel maschio che si caratterizza per la presenza di uno o più cromosomi X in eccesso. Il cariotipo più frequente è 47, XXY (rispetto al cariotipo maschile normale, 46, XY).
Questo corredo cromosomico determina una disfunzione testicolare si manifesta con ipogonadismo e infertilità. La prevalenza di questa condizione è molto elevata, 1-2 casi su 1000 maschi e spesso non viene identificata se non in età adulta quando il paziente inizia a effettuare accertamenti per la infertilità.
Poiché il quadro clinico della sindrome è molto spesso sfumato, è stato stimato che oltre il 50% dei casi di sindrome di Klinefelter rimane non diagnosticato.
Normalmente, sia i maschi sia le femmine hanno 46 cromosomi. I maschi hanno un cromosoma X e un cromosoma Y (46, XY), le femmine hanno due cromosomi X (46, XX).
Questa condizione si caratterizza per la presenza di almeno un cromosoma X in eccesso rispetto al cariotipo maschile. Nel 90% dei casi l assetto cromosomico sarà 47, XXY.
Nel restante 10% dei casi si può trovare una serie di combinazioni sia sotto forma di mosaicismo (coesistenza nello stesso individuo di cellule con cariotipo maschile normale 46, XY e di cellule con un cromosoma X soprannumerario, quindi 47, XXY), sia quadri cromosomici più complessi.
La causa dell'alterazione del numero di cromosomi è dovuta a una non disgiunzione meiotica. La non-disgiunzione può essere di origine paterna o materna e il rischio aumenta con l’aumentare dell’età materna e paterna.
I sintomi della sindrome di Klinefelter sono molto variabili e possono comprendere:
- Pubertà tarda o incompleta;
- Testicoli piccoli (atrofia testicolare) che producono poco testosterone (ipogonadismo);
- Scarso sviluppo dei peli facciali e corporei;
- Sviluppo eccessivo del seno (ginecomastia);
- Infertilità o ridotta fertilità per oligospermia o aspermia;
- Arti inferiori lunghi ed alta statura;
- Debolezza muscolare;
- Problemi comportamentali, sociali e psicosessuali;
- Osteopenia/osteoporosi;
- Obesità;
- Rischio metabolico e cardiovascolare;
- Alterazioni del ritmo cardiaco;
- Rischio tumorale (tumori mammari, ematologici e testicolari);
- Malattie autoimmuni;
- Disordini oculari (disfunzione retinica, ridotta capacità visiva);
- Rischio trombotico.
Nonostante il quadro clinico possa essere molto articolato nella maggior parte dei casi è invece estremamente sfumato e, dunque, la diagnosi non è facile, soprattutto prima della pubertà.
La diagnosi si base sull’analisi del cariotipo che mostrerà uno o più cromosomi X in eccesso rispetto al corredo cromosomico maschile (47, XXY nel 90% dei casi).
La gestione di questi pazienti è multidisciplinare e coinvolge oltre il Pediatra Endocrinologo (case manager), il logopedista, lo psicologo, il Pediatra di famiglia, l’endocrinologo dell’adulto nella fase di transizione, l’urologo e lo specialista della infertilità.
Il ruolo e l’importanza di tali figure professionali variano a seconda delle diverse età del paziente. Dal momento che è lo sviluppo testicolare a essere particolarmente compromesso, il trattamento di questi pazienti si basa sulla terapia sostitutiva con testosterone.
Tale terapia va iniziata appena si rilevi un aumento di FSH e LH, segno di insufficienza testicolare, e si evidenzino sintomi quali debolezza muscolare, riduzione della libido, aumento della adiposità addominale, indipendentemente dai livelli di testosterone.
Sono a disposizione numerose formulazioni di testosterone per via orale, intramuscolare e cutanea (gel, cerotti) nonché formulazioni a breve e lunga durata di azione.
Il Pediatra Endocrinologo sceglierà di volta in volta la preparazione di testosterone più adatta a un determinato paziente seguendo i principi della medicina personalizzata. L’obiettivo è quello di normalizzare i livelli ematici di LH e testosterone.
Per quanto riguarda la fertilità di questi pazienti è possibile ottenere spermatozoi attraverso la estrazione spermatica testicolare con microdissezione (mTESE) spesso effettuata in adolescenza o età giovane adulta e i pochi dati a oggi disponibili sembrano incoraggianti.
Tuttavia, molte questioni etiche riguardanti la preservazione della fertilità in questi pazienti rimangono aperte. Per effettuare la mTESE è necessaria una maturità psicologica per sottoporsi alla procedura e per capire le implicazioni a lungo-termine.
Non è inoltre ancora stabilita l’età ideale per tale procedura e se possa esporre la progenie ad anomalie genetiche. C’è dunque bisogno di studi più ampi e di linee guida cliniche ed etiche in particolare nella popolazione pediatrica.
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