
La somatizzazione è un fenomeno in cui il disagio psicologico si manifesta attraverso sintomi fisici, anche in assenza di una causa organica evidente. Nei bambini e negli adolescenti questo accade più frequentemente di quanto si possa immaginare.
Tra i sintomi più frequenti troviamo:
- Mal di testa;
- Mal di pancia;
- Dolore al petto;
- Nausea o Vomito;
- Febbricola ricorrente;
- Vertigini o sensazione di svenimento;
- Calo dell’appetito;
- Stanchezza persistente;
- Tachicardia o palpitazioni;
- Dolori muscolari o articolari;
- Difficoltà respiratorie.
Questi sintomi possono durare settimane o mesi, generare preoccupazione nei genitori e portare a numerosi accertamenti medici, che spesso non evidenziano alcuna patologia.
In questi casi, è importante non fermarsi solo alla dimensione corporea del sintomo, ma considerare che il corpo può diventare un potente mezzo di comunicazione, soprattutto nei bambini e negli adolescenti che faticano a comprendere, esprimere o gestire ciò che provano.
I bambini più inclini alla somatizzazione sono spesso:
- Molto sensibili o riservati;
- Con difficoltà a esprimere ciò che provano;
- O con la sensazione che alcune emozioni (come rabbia, tristezza, paura) siano difficili da esprimere, riconoscere o non siano “permesse”.
Quando le emozioni non riescono a trovare uno spazio sicuro per essere vissute e condivise, possono trasformarsi in segnali del corpo.
Contesto scolastico e sociale
Situazioni di stress come:
- Interrogazioni;
- Compiti in classe;
- Aspettative elevate;
- Timore di deludere adulti o pari;
- Dinamiche sociali complicate (esclusione, giudizi, bullismo).
Possono attivare una risposta somatica. La scuola, ad esempio, può diventare un contesto attivante: interrogazioni, compiti in classe o semplicemente il timore di non essere all’altezza possono generare ansia che si manifesta nel corpo. Per alcuni bambini, il bisogno di “essere bravi” è legato al desiderio di sentirsi apprezzati, accolti o valorizzati. Quando la paura di sbagliare o di deludere diventa troppo intensa, può dare origine a mal di testa, mal di pancia o altri disturbi.
Anche le relazioni con i coetanei hanno un ruolo importante: sentirsi esclusi, giudicati o diversi può far emergere un malessere che spesso non viene verbalizzato, ma che si esprime sotto forma di sintomo fisico.
In alcuni casi, dietro a un dolore ricorrente si possono nascondere episodi di bullismo o dinamiche sociali complesse che il bambino fatica a raccontare per vergogna, paura o senso di colpa. In molti casi, il malessere si attenua a casa, un luogo percepito come più sicuro. Questo non significa che il bambino stia fingendo: il sintomo non è una bugia, ma un modo — spesso inconsapevole — di chiedere aiuto, attenzione o protezione.
Famiglia e relazioni: il ruolo delle emozioni condivise
Anche la casa, però, può essere fonte di stress. Tensioni familiari, conflitti tra i genitori, preoccupazioni economiche o cambiamenti importanti (un trasloco, una separazione, un nuovo compagno di mamma o papà) possono generare insicurezza emotiva. Il bambino può non riuscire a dare un nome al proprio turbamento, ma il corpo parla per lui.
Eventi critici
Oltre alle dinamiche quotidiane, anche eventi particolarmente stressanti o traumatici possono attivare somatizzazioni. Tra questi:
- Un lutto in famiglia o la perdita di una figura di riferimento;
- Una malattia grave del bambino o di un familiare;
- Cambiamenti scolastici (inizio di un nuovo ciclo, cambio scuola o classe);
- Separazioni o divorzi;
- Traslochi o trasferimenti;
- Nascita di un fratellino o sorellina;
- Esperienze traumatiche o spaventose (incidenti, ricoveri, eventi violenti).
In questi casi, il corpo può diventare il primo “luogo” in cui il bambino manifesta il proprio disorientamento o dolore. Spesso, il lutto o lo stress vengono “somatizzati” perché il bambino non ha ancora gli strumenti per comprendere e verbalizzare l’impatto emotivo dell’evento.
Cosa fare?
- Non minimizzare, ma neppure medicalizzare eccessivamente;
- Escludere patologie organiche con l’aiuto del pediatra.;
- Ascoltare con empatia, senza giudicare o affrettarsi a “risolvere”;
- Coinvolgere uno psicologo dell’età evolutiva, per aiutare il bambino o l’adolescente a riconoscere, nominare ed esprimere le proprie emozioni. Sono anche importanti i colloqui con i genitori al fine di supportarli nella gestione del malessere del figlio/a;
- Riconoscere i bisogni dietro il sintomo, senza colpevolizzare né etichettare.
I sintomi che non trovano spiegazione medica non sono finzioni o capricci: sono messaggi emotivi che cercano ascolto. Il corpo parla quando le parole mancano, e i bambini ci stanno dicendo qualcosa di importante. Accogliere questi segnali con attenzione e delicatezza è il primo passo per aiutarli a ritrovare equilibrio - nel corpo e nella mente.
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