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Cardiopatie congenite, le tre cose da sapere sul trattamento ibrido

Si tratta di procedure condotte dall'emodinamista e dal cardiochirurgo insieme. Vengono adottate soprattutto nel caso di patologie complesse. L'intervista al dottor Paolo Guccione sull'esperienza del Bambino Gesù in questo ambito

Le procedure ibride rappresentano una delle prospettive più interessanti e attuali nel trattamento delle cardiopatie congenite. Vengono eseguite soprattutto quando ci si trova di fronte a casi particolarmente complessi, in cui le condizioni del paziente sono particolarmente delicate. Delle 500 procedure terapeutiche che ogni anno vengono realizzate in Emodinamica al Bambino Gesù, circa 50 appartengono a questa categoria. Ne abbiamo parlato con il dottor Paolo Guccione, direttore dell'Unità operativa di Emodinamica dell'ospedale.

In cosa consiste il trattamento ibrido delle cardiopatie congenite?

Si tratta di procedure condotte congiuntamente dal cardiologo interventista, cioè l'emodinamista, e dal cardiochirurgo. Si chiamano procedure ibride perché prevedono una parte di intervento chirurgico e una procedura trans-catetere. L'obiettivo delle procedure ibride è di creare modelli circolatori idonei ad assicurare il benessere dei neonati con gravi cardiopatie, minimizzando l'invasività delle tecniche chirurgiche tradizionali. Quindi possiamo dire che si ricorre a queste procedure per ridurre il più possibile l'impatto sul paziente, ottenendo al contempo il maggior beneficio possibile.

Quali sono i vantaggi?

L'obiettivo di questo approccio è la riduzione della mortalità e morbilità soprattutto quando applicato in neonati affetti da cardiopatie complesse e in condizioni emodinamiche instabili. Attraverso le procedure ibride si riesce ad evitare la circolazione extracorporea e l'arresto di circolo, procedimenti spesso necessari nella terapia chirurgica convenzionale. La riduzione dell'impatto terapeutico ha anche come effetto una riduzione dei tempi di degenza in terapia intensiva e complessivamente della degenza in Ospedale. Rispetto all'approccio chirurgico tradizionale, inoltre, risulta sempre più evidente, che nei neonati le procedure ibride garantiscano un  miglior outcome neurologico.

Per quali cardiopatie congenite si ricorre attualmente a questo approccio?

Le procedure più comunemente utilizzate sono: il trattamento ibrido della sindrome del cuore sinistro ipoplasico e il trattamento del difetto del setto interventricolare nei pazienti con peso inferiore ai cinque chili. In questo secondo caso la procedura ibrida consente nei neonati la correzione del difetto senza l'utilizzo della circolazione extracorporea, a cuore battente e senza incisione del miocardio.




 
 

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