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Shoah dei medici: il diario di un viaggio che cambia le coscienze

Medici e ricercatori del Bambino Gesù e dell'Ospedale Israelitico sono stati nei luoghi dell'orrore nazista. Un'esperienza che insegna a stare sempre dalla parte della vita

Un viaggio che cambia le coscienze. Che ricorda che, in qualunque momento storico, a qualsiasi condizione e costo, i medici e ricercatori devono scegliere la vita.

Medici e ricercatori dell'Ospedale Bambino Gesù e dell'Ospedale Israelitico hanno visitato, dall' 8 al 10 novembre del 2016, i luoghi dell'orrore del campo di sterminio nazista Auschwitz-Birkenau. La delegazione, accompagnata da Marcello Pezzetti, storico italiano e direttore della Fondazione Museo della Shoah, e Sami Modiano, sopravvissuto al campo polacco, è stata condotta in un viaggio-racconto, tra storia e vita vissuta, esperienze, ricordi.

Medici e scienziati hanno svolto un ruolo determinante all'interno della macchina della morte costruita dai nazisti, a partire dalla sua presunta giustificazione scientifica. All'arrivo di ogni treno di deportati era un medico a decidere chi fosse abile al lavoro e chi era destinato all'eliminazione immediata. Sulla rampa di Auschwitz-Birkenau, la rampa della morte, dove si svolgeva questa procedura, oltre l'80% degli esseri umani era indirizzato a morte certa. Erano medici a essere protagonisti della fase di eliminazione fisica dei deportati, con l'immissione dell'agente tossico Ziklon B nelle camere a gas. Erano medici coloro che accertavano la morte dei detenuti. Ed erano i medici a lavorare nell'ospedale esistente ad Auschwitz-Birkenau. Una vera e propria anticamera dei forni crematori, considerato il numero elevato di persone che erano selezionate ogni giorno per essere eliminate e il numero di esperimenti criminali di cui è stato teatro, soprattutto su donne e bambini.

Un viaggio che trasforma la percezione della propria missione. Che ricorda che "la ricerca è etica, prima di tutto. Perché senza etica la ricerca non esiste", come afferma Amalia Allocca, direttore sanitario dell'Ospedale Israelitico.

L'ebraismo come una malattia ereditaria. L'idea di una razza pura: "Una tragedia costruita su un falso scientifico, sono le parole di Bruno Dallapiccola, direttore scientifico del Bambino Gesù. Siamo tutti geneticamente imperfetti, ma tutti straordinari. Questo viaggio è stato un arricchimento che ci ha segnati profondamente".

"Siamo cresciuti come uomini e come professionisti, è la riflessione di Massimiliano Raponi, direttore sanitario del Bambino Gesù. Un momento di condivisione profondo. Sguardi, silenzi, tensioni emotive che ci hanno uniti a un livello profondo, che difficilmente si raggiungerebbe altrove in così pochi minuti". 
"Il nostro ospedale
– conclude - pone al centro dello svolgimento delle attività clinico-assistenziali, didattiche, scientifiche e amministrative principi etici irrinunciabili, la cui osservanza rappresenta un elemento fondante per nell'erogazione dei servizi. Il primo principio sancito dal codice etico è la sacralità della vita. Il rispetto di questo valore è alla base della nostra missione".

IL FOTORACCONTO DEL VIAGGIO - I luoghi, la storia, l'orrore

L'incontro. L'arrivo del sopravvissuto Sami Modiano nella piazza di Cracovia con la delegazione di medici e ricercatori dei due ospedali. Sami Modiano è stato deportato da Rodi il 18 luglio del 1944. Aveva 13 anni. Insieme a lui, il papà Giacobbe e la sorella Lucia. La mamma lo ha lasciato un paio di anni prima. "Ringrazio il Padre eterno, ogni giorno, per aver risparmiato a mia madre l'orrore che abbiamo visto e vissuto noi".

La storia del ghetto di Cracovia. Il gruppo assiste alla lezione di storia del Professor Marcello Pezzetti, storico italiano, uno dei massimi studiosi della Shoah del nostro paese. Il ghetto si trovava in una posizione strategica per via dell'importante snodo ferroviario che consentiva lo smistamento immediato dei deportati. La piazza separava il ghetto dalla zona "ariana" della città. Quella polacca era la più grande comunità ebraica d'Europa. Al centro della piazza, l'opera di un artista polacco che ricorda il momento in cui intere classi di bambini, durante la liquidazione del ghetto nel mese di marzo del 1943, furono costrette a trasferirsi, con le loro insegnanti. Ogni bambino aveva portato nel ghetto la propria sedia, per poter continuare a studiare. Le classi erano circa 70, come le sedie. Ognuna di loro rappresenta un insieme di vite.La Plac Zgody cambiò denominazione ed assunse il nome di Plac Bohaterów Getta w Krakowie (Piazza degli eroi del ghetto di Cracovia). 

La farmacia del cattolico Pankiewicz. All'interno del ghetto si trovavano quattro farmacie con proprietari non ebrei, ma solo il titolare della "Apteka Pod Orłem", il farmacista Tadeusz Pankiewicz, non accettò l'offerta dei nazisti di trasferirsi nella parte ariana della città. Pankiewicz iniziò la sua opera di aiuto e soccorso agli ebrei rinchiusi nel ghetto con la distribuzione di farmaci, quasi sempre gratuitamente, che salvarono la vita soprattutto a tanti bambini ebrei.

La fucilazione dei bambini nella foresta del ghetto. Il ghetto era circondato da mura che lo isolavano completamente dalla città circostante; tutte le finestre e porte che erano rivolte verso il lato ariano della città vennero murate, esclusi quattro passaggi custoditi che permettevano il traffico attraverso il ghetto. Come presagio del futuro imminente, i muri di cinta erano costruiti con le lapidi demolite dal cimitero ebraico della città. Il ghetto era strategico non solo per via dello snodo ferroviario, ma anche perché aveva barriere naturali che scoraggiavano qualsiasi tentativo di fuga da parte dei prigionieri.
Una scuola del ghetto, ancora oggi aperta. Gli ebrei che lavoravano nelle fabbriche, lasciavano i loro bambini con le istitutrici presso l'istituto delle immagini sottostanti. Una sera tornarono dal lavoro e non li trovarono più. I nazisti li avevano portati nella foresta dove li hanno trucidati e seppelliti. Distraevano i genitori dal lavoro. Erano circa 1.500.

Il quartiere ebraico di Kazimierz. Dopo le deportazioni naziste, la comunità ebraica di Cracovia, che contava 70.000 individui, si ridusse a 6.000. Oggi sono solo 300 gli ebrei che vivono all'interno del quartiere. Quello che rimane della cultura ebraica sono le numerose sinagoghe, utilizzate dai nazisti come magazzini, che le preservò dalla distruzione. Dopo la liberazione vennero tutte restaurate e riaperte.

Shindler List. Nei luoghi del film Schindler's List - La lista di Schindler, il film del 1993 diretto da Steven Spielberg, dedicato al tema della Shoah. Il film, vincitore di 7 Premi Oscar, è stato realizzato con la consulenza storica di Marcello Pezzetti.

Il campo di sterminio di Birkenau. L'arrivo dei medici al campo di sterminio di Birkenau, uno dei tre campi principali che formavano il complesso concentrazionario situato nelle vicinanze di Auschwitz. Il campo era circondato da filo spinato elettrificato. Ogni giorno moltissimi prigionieri, stremati dalle impossibili condizioni di vita, andavano a gettarsi sul reticolato ad alta tensione per porre fine alle loro sofferenze.

L'entrata di Birkenau e la rampa della morte. Gli ebrei deportati venivano scaricati dai treni, dopo giorni di viaggio, e messi in fila. Un ufficiale medico decideva chi era abile al lavoro e chi era destinato alle camere a gas (anziani, bambini, malati). I condannati a morte ignoravano il loro destino.
Un vagone del treno usato dai funzionari tedeschi per le deportazioni. Durante il viaggio ai prigionieri non venivano distribuiti né cibo né acqua, nemmeno quando i vagoni dovevano sostare per giorni in prossimità dei raccordi ferroviari, in attesa che altri convogli transitassero.
La linea ferrovia del campo. Ammassati all'interno dei vagoni merci - chiusi ermeticamente - i prigionieri soffrivano per il sovraffollamento, per il caldo torrido d'estate e il freddo gelido durante l'inverno. Un secchio d'acqua per 90 persone circa e uno per epletare le funzioni fisiologiche. Molti deportati morirono ancora prima di raggiungere le loro destinazioni per la mancanza di cibo e acqua. 
Sami Modiano, di fronte al vagone che lo trasportò a Birkenau nel 1944 insieme alla sorella Lucia e al papà Giacobbe. Quando è sceso dal treno con la sua famiglia e con i membri della comunità di Rodi, lo hanno separato subito dalla sorella Lucia. Il papà, che si era rifiutato di lasciare la figlia, fu massacrato di botte.

Le camere a gas. I prigionieri venivano spogliati e ammassati dentro le camere, nelle quali entravano più di 500 persone. I bambini venivano sempre raccolti in cima ai cadaveri. Le mamme li sollevavano in alto per provare a salvarli.

Rasatura, lavaggio, tatuaggio. Dopo il loro arrivo, i prigionieri selezionati per i lavori venivano spinti nel blocco 26, davanti al quale dovevano spogliarsi. Venivano registrati e rasati nella testa e in tutto il corpo, poi spinti nel bagno. Sami Modiano racconta delle operazioni di rasatura e lavaggio. In seguito ricevevano le uniformi: un pigiama a righe, un cappello a righe, zoccoli di legno. La divisa doveva andare bene sia l'estate che l'inverno.  "Ricordo di aver infilato i piedi in una vasca, dopo la rasatura". Sami Modiano sopra la vasca nella quale, nel 1944, aveva immerso i piedi prima del lavaggio nelle docce. I prigionieri venivano marcati con un numero. Nel campo di Auschwitz il tatuaggio era fatto sull'avambraccio sinistro.
Sami Modiano aveva il numero B7456 e il papà Giacobbe il numero successivo, B7455.

Le fosse comuni. Si calcola che almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai nazisti e dai loro fiancheggiatori. Nella tradizione ebraica si usa porre un sassolino sulla tomba dei defunti o, come in questo caso, in un luogo di morte. Non è usanza lasciare dei fiori sopra le lapidi. Nelle foto, i medici e i ricercatori depositano un sasso commemorativo davanti alle fosse comuni. 

L'Ospedale di Birkenau. Nel campo c'era un grande ospedale, dove lavoravano medici ebrei e medici nazisti. Era qui che si svolgevano le sperimentazioni su donne e bambini. Per gli ebrei del campo presentarsi agli ambulatori significava candidarsi a morte certa. Nell'ospedale furono pure portati a termine esperimenti medici su cavie umane da parte del personale medico delle SS. Nel blocco 16 a, i bambini sotto i 10 anni, risparmiati dalle camere a gas, che non sono andati incontro a un destino migliore. Sono stati oggetto delle sperimentazioni criminali da parte di Mengele e dei suoi collaboratori.

Le baracche in legno. Situate alla destra dello scalo ferroviario, erano stalle da campo che potevano contenere circa cinquanta cavalli: dopo avervi apportato qualche piccola modifica, si giunse ad alloggiarvi fino a un migliaio di detenuti. Al centro delle baracche in legno c'era un camino che avrebbe dovuto riscaldare l'interno. Invece delle finestre, avevano una fila di fori sulla parete superiore di ambo i lati. Le pareti erano fatte di sottili assi mal accordate tra loro e il tetto, che faceva anche da soffitto, consisteva in una serie di assi ricoperte da uno strato di bitume, poggiate sulle pareti esterne e su 2 file di pali che dividevano la baracca nella sua larghezza in 3 parti. Nella parete laterale si trovava l'entrata con porte a doppie ante; 18 tramezzi dividevano l'interno in altrettanti compartimenti. In ogni box dormivano circa 24 persone, distribuite su 3 livelli. Quello a contatto con il pavimento e quello immediatamente sotto al tetto, erano freddi d'inverno e caldi d'estate.
Sami Modiano dormiva nella baracca 11. Il papà Giacobbe nella baracca 14. La loro vita insieme nel campo è stata un unicum nella storia dei campi di concentramento, nei quali generalmente genitori e figli venivano separati.
"Il momento della sera, quello in cui potevo scambiare qualche parola con il mio papà, era il più bello di tutta la giornata. Ma è durato troppo poco".

L'ultimo "incontro" con Lucia. Sami Modiano racconta dell'ultima volta che riuscì a vedere e salutare la sorella Lucia, dall'altra parte del filo spinato. Il giorno del suo compleanno, Sami riuscì a tirarle un tovagliolo con la sua porzione di pane giornaliera, 125 grammi. Lei, dopo sole due settimane dall'entrata nel campo, era "magra magra, rasata, irriconoscibile".  Lucia si prese cura di Sami fino alla fine. Gli tirò un nuovo fazzoletto, con il pane di Sami, e il suo. Fu l'ultimo regalo per lui. Fu l'ultima volta che la vide. Accanto a Sami, sua moglie Selma. Sono sposati da 59 anni.

Il campo di concentramento Auschwitz I. Fu reso operativo dal 14 giugno 1940, ed era centro amministrativo dell'intero complesso. Il numero di prigionieri rinchiusi costantemente in questo campo fluttuò tra le 15 000 e le oltre 20 000 unità. Qui furono uccise, nella camera a gas ricavata nell'obitorio del crematorio 1, o a causa delle impossibili condizioni di lavoro, di esecuzioni, per percosse, torture, malattie, fame, criminali esperimenti medici, circa 70 000 persone.

Spogliati di tutto. Nel museo di Auschwitz è conservato quello che trovarono i russi al loro arrivo al campo. Tra le altre cose, barattoli di Ziklon B, generalmente usato come antiparassitario, per le camere a gas. Soltanto ad Auschwitz negli anni 1942-1943 ne furono usati 20.000 kg. Secondo il comandante Höss per uccidere circa 1500 persone erano necessari 5-7 kg di gas. Occhiali, spazzole, suppellettili. Quando l'esercito sovietico giunse ad Auschwitz trovò circa 7000 kg di capelli conservati in sacchi nei magazzini del campo di concentramento. Erano i resti dei capelli che le autorità del campo non erano riuscite a vendere e inviare alle fabbriche situate nel cuore del III Reich. 

Le sperimentazioni. Il blocco 10 di Auschwitz è stato il terribile teatro delle sperimentazioni effettuate sulle donne ad opera di Carl Clauberg. Il medico tedesco condusse esperimenti sulla sterilizzazione usando come cavie le donne rinchiuse nei campi di sterminio di Auschwitz e Ravensbruck, quest'ultimo destinato prevalentemente all'internamento di bambini e donne. Molte morirono durante o nei giorni successivi alle operazioni di sterilizzazione e molte altre, sopravvissute, furono afflitte per il resto della loro vita da gravissime infermità fisiche e psichiche. Il cortile tra i blocchi 10 e 11 è recintato da ambo i lati da un alto muro. Le persiane in legno fissate alle finestre del blocco 10 dovevano rendere impossibile l'osservazione delle esecuzioni. Al Muro della Morte le SS fucilarono migliaia di prigionieri (soprattutto polacchi). Nel cortile del blocco 11 erano eseguite pure le fustigazioni e la pena del paletto, che consisteva nell'appendere i detenuti per le mani legate dietro alla schiena. 

In bianco e nero. Foto storiche, conservate nel museo di Auschwitz. L'arrivo dei detenuti nel campo. Uno o più medici ad accoglierli, per decidere del loro destino.

 
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Shoah dei medici - Il viaggio della memoria



 
 

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