
La sindrome di Prader-Willi (PWS) è stata descritta per la prima volta nel 1956 da Andrea Prader, Alexis Labhart e Heinrich Willi. È una rara malattia congenita e rappresenta la causa più frequente di obesità genetica. La sua frequenza è variabile tra 1:15000 e 1:25000.
I sintomi della sindrome di Prader-Willi variano con l’età, ma fondamentalmente è caratterizzata da obesità, diminuito tono muscolare generalizzato o ipotonia, aumentato appetito o iperfagia, mani e piedi di piccole dimensioni e caratteristiche facciali tipiche.
Alla base della sindrome di Prader-Willi (PWS) vi è il mancato funzionamento di geni che si trovano in una particolare regione del cromosoma numero 15 (regione 15q11-q13).
Normalmente ereditiamo una copia di questo cromosoma dal padre e una copia dalla madre. Alcuni geni hanno la particolarità di essere “accesi” (attivi) solo nella copia ereditata dal padre mentre gli stessi geni sono “spenti” (inattivi) nella copia ereditata dalla madre. Questo fenomeno prende il nome di “imprinting”.
Nel 60% circa dei casi la sindrome di Prader-Willi si verifica perché manca (in gergo si dice che “è deleto”) il segmento del cromosoma 15 paterno che contiene quei geni che sono attivi solo in quel cromosoma, mentre sono inattivi nel cromosoma ereditato dalla madre.
In un altro 30% dei casi la sindrome di Prader-Willi si verifica perché il bambino ha ereditato tutte e due le copie di cromosoma 15 dalla madre invece di ereditarne come di norma una copia dalla madre e una dal padre. Questo fenomeno è chiamato disomia uniparentale. Meno dell’1% dei casi è dato da alterazioni del centro dell’imprinting.
È quindi del tutto verosimile che la sindrome di Prader-Willi dipenda dal mancato funzionamento del gruppo di geni del cromosoma 15 che funzionano soltanto nel cromosoma ereditato dal padre.
I sintomi, alla cui base sembra esserci un’alterazione dell’ipotalamo, variano tra i diversi pazienti e anche nel corso della vita del paziente stesso.
L'andamento della sindrome di Prader-Willi tipicamente ha due fasi, Il periodo neonatale e la prima infanzia sono caratterizzati da una marcata diminuzione del tono dei muscoli (ipotonia muscolare), con difficoltà di suzione, di alimentarsi, con scarso accrescimento e ritardo dello sviluppo psicomotorio.
Successivamente, tra il secondo e il quarto anno di vita, si può assistere a un miglioramento dell'ipotonia e alla comparsa di un aumento abnorme dell’appetito (iperfagia) per mancanza del senso di sazietà.
In pochi anni, se il bambino non viene adeguatamente trattato, si può instaurare una grave obesità resistente al trattamento con dieta e farmaci, che può portare nelle età successive, se non controllata, a gravi complicanze di tipo cardiorespiratorio, metabolico ed osteoarticolare. A tali problematiche si devono aggiungere:
- Disfunzioni endocrine (criptorchidismo e ipogonadismo, ipotiroidismo centrale, deficit di ormone della crescita);
- Problematiche ortopediche (scoliosi, ginocchio valgo, piede piatto);
- Oculistiche (strabismo);
- Otorinolaringoiatriche (ipertrofia adenotonsillare, sindrome delle apnee ostruttive notturne);
- Deficit cognitivo da lieve a grave e problematiche comportamentali (temperamento irascibile e caparbio e un comportamento manipolativo e ossessivo-compulsivo), alcune delle quali compaiono presto, altre in età scolare e peggiorano in adolescenza e nell'età adulta.
La diagnosi precoce di sindrome di Prader-Willi è fondamentale in quanto permette di attuare una serie di interventi, per prevenire tale evenienza e modificare positivamente la prognosi.
La diagnosi di sindrome di Prader-Willi si basa sulla raccolta della storia del bambino e sulla visita.
Deve essere sempre confermata effettuando i test genetici che possono mostrare difetti nel cromosoma 15, quali la mancanza di un frammento, o microdelezione del cromosoma 15 paterno, (75-80% dei casi), una disomia uniparentale materna del cromosoma 15 (20-25% dei casi), un difetto del centro dell’imprinting (circa 1% dei casi) e infine traslocazioni bilanciate di una parte del cromosoma (regione q11.2-q13).
Il rischio che la sindrome di Prader-Willi si possa verificare in gravidanze successive di genitori con un figlio affetto da questa sindrome è solitamente inferiore all’1%.
Nei primi tre anni di vita è necessario fare una valutazione della crescita (valutazione auxologica), una valutazione della funzione della ghiandola ipofisaria e iniziare un intervento congiunto di più operatori di diverse specialità quali dietista/dietologo, ortopedico, otorinolaringoiatra, ortottista ma soprattutto una valutazione fisiatrico-neuroriabilitativa e neurospichiatrica per la terapia riabilitativa. Tali valutazioni vanno effettuate ogni sei mesi.
Al momento non vi sono farmaci specifici per controllare l’iperfagia e la possibile insorgenza di grave obesità con le sue sequele nella sindrome di Prader Willi. Molti farmaci sono stati sperimentati in trial internazionali, ma al momento senza successo.
La terapia con ormone della crescita rimane quindi l’unica terapia disponibile e andrebbe iniziata al più presto, anche nei primi mesi di vita o comunque prima del compimento del 12° mese, dopo aver escluso la presenza di apnee notturne tramite studio del sonno, (polisonnografia). Oltre al miglioramento del tono muscolare, della composizione corporea, si hanno anche effetti positivi sullo sviluppo neuropsichiatrico e cognitivo.
Durante la terapia con ormone della crescita verranno eseguiti periodicamente diversi accertamenti per valutare eventuali rischi e benefici della terapia stessa.
Nel periodo dai 3 ai 10 anni, poiché compaiono i primi problemi di iperfagia e obesità, oltre a un’attenta valutazione della crescita semestrale, è necessario valutare il metabolismo glicemico (iperglicemia-diabete) ovvero l’utilizzo degli zuccheri nell’organismo, la polisonnografia per eventuali apnee notturne, almeno su base annuale. Inoltre, andranno sempre approfondite con i vari specialisti i problemi ortopedici, neuroriabilitativi e neuropsichiatrici, odontoiatrici (frequenza di carie) e le prime valutazioni del metabolismo del calcio e del fosforo.
Nel periodo dai 10 ai 18 anni i problemi d’obesità, di apnee nel sonno e del metabolismo, sono i principali da affrontare, oltre ai problemi comportamentali. Nei casi in cui queste problematiche si siano verificate nonostante le valutazioni e le terapie effettuate, rimangono centrali la valutazione broncopneumologica, dietologica e otorinolaringoiatrica. La presenza di ritardo puberale e/o l'eventuale assenza dei caratteri sessuali secondari va affrontata in questo periodo con l’endocrinologo curante, al fine di valutare l’asse gonadico e decidere l’eventuale insaturazione di terapia sostitutiva con estro-progestinici (femmina) o testosterone (maschio).
La pubertà si presenta in entrambi i sessi in ritardo e/o incompleta. Nella femmina con sindrome di Prader-Willi si ha più spesso assenza del ciclo mestruale (amenorrea primaria) o un inizio (menarca) in ritardo, che può variare dai 10 fino ai 38 anni. In questo ultimo caso, seguono poi irregolarità mestruale (oligomenorrea) e/o assenza del ciclo (amenorrea secondaria). Raramente i cicli mestruali rimangono regolari. Nel maschio è costante la presenza di testicoli meno sviluppati o ipotrofici. Nel maschio la fertilità non è mai stata dimostrata ma nella femmina sono stati descritti casi di gravidanze condotte a termine.
I problemi comportamentali della sindrome di Prader-Willi, testardaggine, egocentrismo, comportamenti sociali inappropriati, disturbo oppositivo-provocatorio, instabilità dell’umore, impulsività, polemicità, scatti d’ira e reazioni violente, diventano in questa fase più accentuati e difficili da gestire, influendo negativamente sull'ambiente scolastico e in casa. I sintomi, tra cui l’ansia e la depressione, i disturbi dello spettro autistico e le vere e proprie psicosi sono anche tipici di questi pazienti e necessitano di valutazione specialistica neuropsichiatrica.
L’ipotiroidismo non è una malattia frequente nella sindrome di Prader-Willi e colpisce circa il 2% dei soggetti adulti. Più spesso ha origine dal sistema nervoso centrale, con riduzione degli ormoni tiroidei, in questo caso serve un controllo periodico dei loro livelli nel sangue.
Le problematiche della sindrome di Prader-Willi nell’età adulta sono per lo più frutto di quanto si è riuscito a prevenire nell’età pediatrica e tanto più è precoce la diagnosi e l’inizio di un corretto percorso di cure, tanto meno saranno le problematiche dell’età adulta che sono per lo più legate alla grave obesità, al diabete mellito e alla sindrome da apnee da sonno.
Negli adulti con sindrome di Prader-Willi, al raggiungimento dell’altezza definitiva la cessazione della somministrazione dell’ormone della crescita determina una importante riduzione del trofismo, della forza e dell’agilità muscolare, nonché una serie di effetti negativi sul rapporto tra peso/altezza detto indice di massa corporea (BMI), sugli aspetti psicologici e sull’umore.
In questi pazienti la ripresa della terapia con ormone della crescita si è dimostrata in grado di determinare effetti positivi sia sulla muscolatura che sulla qualità di vita, sugli aspetti metabolici, sulla mineralizzazione scheletrica e sulla composizione corporea.
Sulla base di queste osservazioni vi è oggi l’indicazione a rivalutare la produzione dell’ormone della crescita nel paziente con sindrome di Prader-Willi anche dopo l’età dell’accrescimento, secondo quanto previsto dalla nota AIFA 39 recentemente aggiornata (aprile 2020).
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