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Neuroscienze e Neuroriabilitazione: eccellenza della tecnica e tenerezza delle cure. Il ruolo di medici, famiglie e società

Mentre si tenta di infrangere la barriera delle malattie incurabili, si persegue un progetto di educazione alla genitorialità ad ampio raggio: il Dipartimento spiegato dal responsabile, professore Federico Vigevano

Com'è organizzato il Dipartimento?

Il Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione include varie unità che si occupano del sistema nervoso: neurologia, neuropsichiatria, neurochirurgia, psicologia clinica, una sezione di genetica molecolare, per lo studio delle patologie neurodegenerative, e la neuroriabilitazione. Le unità sono distribuite sulle quattro sedi. Al Gianicolo vi sono le sezioni di neurologia, neurochirurgia e neuropsichiatria, con gestione anche delle urgenze neurologiche e psichiatriche; le attività ambulatoriali di Day hospital sono concentrate a San Paolo mentre la neuroriabilitazione è a Palidoro e Santa Marinella. A Palidoro funziona anche un laboratorio di studio del movimento che ci permette, tra l'altro, di valutare in maniera obiettiva i risultati delle nostre terapie farmacologiche e riabilitative; nel laboratorio di robotica, che ha sede anche a Santa Marinella, si mettono a punto nuovi macchinari da brevettare nella riabilitazione, un'area di ricerca molto promettente per il futuro.

Quante persone ci lavorano?

Il Dipartimento è composto da più di 300 persone: medici, psicologi, biologi, tecnici di neuroriabilitazione, tecnici di neurofisiologia, alcuni tecnici di laboratorio e personale infermieristico.

Quanti interventi vengono effettuati?

Ogni anno si effettuano quasi 2 mila ricoveri nella sede del Gianicolo. L'attività di Day hospital effettua circa 10 mila interventi tra neurologia e neuropsichiatria. L'attività ambulatoriale conta circa 60 mila interventi all'anno. A questo si aggiunge l'attività di riabilitazione sul litorale che, tra ricoveri ordinari e day hospital, ammonta a oltre 2 mila interventi l'anno.

Che tipo di attività svolge il Dipartimento?

Questo è un ospedale dove si affronta tutto lo spettro delle patologie neuropsichiatriche. Vediamo pazienti all'esordio della loro malattia così come pazienti che necessitano di indagini di terzo livello. Di conseguenza tutti i nostri clinici e ricercatori devono affrontare sia interventi ordinari sia quelli che richiedono altissima specializzazione.

Andiamo per ordine…

Al Bambino Gesù c'è la guardia medica neurologica e psichiatrica, attiva soprattutto per gli adolescenti, area in cui a Roma c'è una grande carenza. Il Pronto soccorso psichiatrico pediatrico fino ad un anno fa era presente solo al Bambino Gesù. In questo modo riusciamo ad evitare che un adolescente finisca in un ospedale per adulti.

Nel dipartimento c'è anche l'unico centro pediatrico italiano per la sclerosi multipla?

Sì. I centri per la sclerosi multipla devono avere un riconoscimento specifico da parte del Ministero della salute, con l'autorizzazione ad utilizzare farmaci, molto costosi, indicati solo per questa patologia. Bisogna tener conto che il 10% dei casi con sclerosi multipla ha un esordio prima dei 18 anni, nell'età puberale adolescenziale. In passato questi pazienti finivano nei centri per adulti, anche se la diagnosi avveniva in centri pediatrici, per poter utilizzare alcune terapie particolari, come l'interferone. Oggi siamo l'unico ospedale esclusivamente pediatrico che ha questo tipo di autorizzazione.

L'ultima nata è l'unità di neurochirurgia, giusto?

Prima c'era una neurochirurgia limitata alla neurotraumatologia e ai traumi cranici. I pazienti con altre patologie, prima di tutto i tumori cerebrali, purtroppo molto frequenti nei bambini, venivano trasferiti in altri ospedali. Negli ultimi 8-9 anni ci siamo impegnati per creare un'unità di neurochirurgia che oggi in Italia affronta il maggior numero di patologie oncologiche. E' inoltre specializzata nel trattamento chirurgico dell'epilessia. Il Bambino Gesù è l'unico ospedale pediatrico in grado di portare a termine l'iter pre-chirurgico dei pazienti con epilessia resistente ai farmaci, attraverso anche le registrazioni intracerebrali, le stereo-EEG.

Di cosa si occupa il gruppo di lavoro interdipartimentale sui disordini del movimento?

I disordini del movimento sono le patologie che provocano distonie, rigidità, tremori, tic. Il gruppo di lavoro studia le cause di alcune di esse, spesso genetiche, con il contributo dei nostri esperti in genetica molecolare, di neurologi e neurofisiologi. Alcune patologie possono essere affrontate con intervento neurochirurgico. Si tratta di un approccio innovativo, perché si è constatato che procedendo a delle stimolazioni profonde nel cervello alcuni disordini del movimento, come le distonie, possono cessare.

Negli ultimi anni ci sono stati importanti sviluppi nella cura delle malattie neurodegenerative?

Si è sempre pensato che le malattie neurodegenerative fossero incurabili e purtroppo moltissime ancora lo sono. La tendenza, però, negli ultimi anni, è quella di utilizzare dei farmaci che possono sostituire degli enzimi laddove mancano, oppure sostanze mancanti a livello del sistema nervoso, che in genere non possono essere somministrate per bocca perché il nostro cervello ha un sistema di protezione, cioè una barriera emato-encefalica, che impedisce il passaggio dei farmaci portati dal sangue. Quindi vanno iniettate direttamente nel sistema nervoso, nel cervello. Inseriamo una derivazione direttamente nei ventricoli cerebrali con un catetere esterno attraverso il quale vengono infusi i farmaci. Il protocollo con questo nuovo approccio terapeutico ad una malattia neurodegenerativa, la Ceroidolipofuscinosi tipo 2, è stato realizzato presso il Bambino Gesù insieme ad altri tre ospedali: Amburgo, Londra e Stati Uniti. Lo studio ha permesso di dimostrare l'efficacia nel blocco della malattia, tanto da essere stato subito approvato a livello europeo.

Ci sono altre innovazioni a cui state lavorando?

Un trial molto importante è quello che sta seguendo il dott. Enrico Bertini nelle malattie neurodegenerative che interessano il sistema nervoso e di conseguenza i muscoli, prima tra tutte l'atrofia muscolare spinale progressiva. E' la forma più grave, che si manifesta già nel primo anno di vita. Il farmaco viene iniettato nel sistema nervoso con una specie di puntura lombare. Abbiamo visto che non solo si arresta la malattia, ma addirittura regredisce. Il futuro è questo. Stiamo cominciando a curare malattie considerate incurabili. Trattandosi di bambini occorrerà vedere come reagiranno a queste cure a lungo termine, diciamo almeno tra 10 anni. E ciò significa un forte impegno economico ed organizzativo. Naturalmente speriamo nel frattempo di trovare qualcosa di più facilmente somministrabile.

E poi c'è il capitolo epilessia…

Su 1000 ricoveri in un anno, il 60% sono pazienti in cura per l'epilessia. E' sicuramente la patologia più ricorrente sia a livello di ricoveri che di Day hospital e ambulatorio. Il Bambino Gesù è riconosciuto da vari anni come un centro di eccellenza a livello nazionale e tra i migliori centri in Europa per questa patologia. Abbiamo sviluppato la chirurgia dell'epilessia, ma applichiamo anche la dieta chetogena, proviamo nuovi farmaci, lavoriamo con un team multidisciplinare; pratichiamo le stereo-EEG. Cerchiamo di venire incontro a tutte le necessità dei pazienti con epilessie farmaco resistenti. In un tempo non molto lontano occorreva mandare questi pazienti in Canada o a Marsiglia, dove tra l'altro io ho studiato. Adesso siamo noi un centro di riferimento anche per pazienti stranieri.

E altri medici vengono oggi a studiare al Bambino Gesù?

Abbiamo gli specializzandi dell'Università di Tor Vergata che fanno pratica neurologica nel nostro reparto. Arrivano, inoltre, medici da vari Paesi, molti dall'America Latina, in particolare Argentina e Cile, e alcuni dall'Europa dell'est. La stereo-EEG - una tecnica complessa che in pediatria fanno pochissimi centri al mondo – induce molti medici che vogliono avviare questa procedura diagnostica nei loro laboratori a venire al Bambino Gesù per imparare.

Ogni anno organizziamo un corso intensivo di una settimana sull'epilessia farmaco resistente cui partecipano medici di numerosi Paesi al mondo. L' edizione 2019 sarà la sesta e si svolgerà a maggio a Tagliacozzo. Dal 2004, inoltre, abbiamo un accordo con la Georgia finalizzato soprattutto alla formazione dei medici locali. Spesso interagiamo con i medici di altri Paesi per la realizzazione di studi a livello internazionale.

Tra i network internazionali nei quali siete inseriti c'è quello sull'autismo rivolto ai Paesi economicamente svantaggiati?

Si tratta di un network nato sei mesi fa con la partecipazione di circa 20 Paesi. L'autismo è una di quelle patologie che necessitano prima di tutto di una diagnosi clinica, più che di indagini sofisticate di laboratorio. Spesso però si fanno diagnosi di disturbi dello spettro autistico senza che ci sia una adeguata valutazione del paziente. La prima cosa da fare è diffondere i criteri diagnostici riconosciuti a livello internazionale. Come secondo passo, non esistendo ancora oggi delle vere terapie farmacologiche, bisogna puntare sulla riabilitazione e sull'educazione dei genitori.

Il coinvolgimento dei genitori nella cura è una priorità in ogni caso?

E' fondamentale. Spesso vediamo genitori incapaci di gestire i figli. Così il ruolo dello psicologo – ne abbiamo uno in tutti i reparti - per aiutare i genitori nell'approccio alla malattia, non necessariamente neurologica, è importante. In ospedale c'è un progetto di sostegno alla genitorialità, ma è importante anche ciò che si può fare nelle scuole, nelle parrocchie, nelle associazioni. L'ospedale partecipa anche ad un tavolo nazionale sulla salute mentale organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana. Molte attività, inoltre, ci proiettano fuori dall'ospedale. C'è un progetto per migliorare l'autostima dei nostri pazienti, in particolare di quelli con epilessia. Grazie alla collaborazione con la Marina Italiana, ogni anno mandiamo i ragazzi per una settimana in navigazione su Nave Italia; partecipiamo al Festival del cinema dei ragazzi di Giffoni; portiamo i nostri pazienti in un centro ippico, per il progetto che abbiamo chiamato "Un nitrito per un sorriso" e andiamo nelle scuole per spiegare a professori ed alunni come si può gestire la crisi epilettica che dovesse colpire un compagno di classe. Per affrontare alcune patologie, è sempre più necessaria un'alleanza strategica tra specialisti, famiglia e società.




 
 

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