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La Siria, una bambina, la guerra. La storia di Wafaa, da Aleppo a Roma per guarire le ferite delle bombe

Una pioggia di granate mentre giocava nel cortile davanti casa. In un attimo tutto ha preso fuoco. La storia di Wafaa, in Italia per curare le ferite del corpo, e dell'anima

Cos'è una finestra? Chiese il bambino nato in prigione da una donna violata.
Una finestra è un porta nella parete da cui passa la luce del sole, e dove a volte si appoggiano gli uccelli.
(Maram al-Masri, poetessa e scrittrice siriana)

Vedi, Paola, queste cicatrici, queste qui, indica il suo viso, le sue gambe, non mi fanno tanto male. Ne ho altre, molto più profonde, dice sfiorandosi il petto, che a volte rappresentano per me un dolore quasi insopportabile. 
Wafaa è nel suo letto, nel reparto di chirurgia plastica del Bambino Gesù. Indossa un pigiama colorato, da bambina, come lei.
Ha 10 anni, viene dalla Siria.
La mano sinistra fasciata, mi fa male, dice, e alcuni cerotti sui piedi e sulle gambe. Accanto a lei sua mamma, Aeda, la ascolta.
Abbassa la testa, annuisce.
Wafaa parla con Paola, la sua amica italiana, che a Roma sta coordinando l'assistenza della piccola e di sua mamma. Wafaa le vuole molto bene. Sei mia amica, le dice, mi manchi quando te ne vai.

Dal giorno dell'incidente i bambini hanno cominciato a respingerla. Ad avere paura. Mi dicevano che ero un mostro, che non volevano più giocare con me.
Paola no. Vede oltre le sue cicatrici. Riesce a guardarla come la guardavano gli altri, prima di quel giorno, a partire dal quale Wafaa ha smesso di riconoscersi.
E ha iniziato a sognare di avere delle grandi ali, e di volare via.

Sta giocando nel cortile davanti la sua casa, Wafaa, in un piccolo centro ad est di Aleppo. Con lei ci sono altri bambini. Aeda è fuori casa, per le consuete commissioni.
Fa caldo.
La piccola indossa un vestito colorato di cotone. Dei sandali aperti. Improvvisamente, dal cielo, una pioggia di granate.
Una colpisce un tanica di nafta sul cortile.
Un'esplosione. Boom
Wafaa
, che si trova lì vicino, in un istante prende fuoco.

Sono arrivata di corsa, ho visto le fiamme, racconta la mamma. Ho sentito un boato, dal suono mi sembrava che provenisse dalla nostra casa. O non lontano da lì. 
Una piccola pausa, poi prosegue.
Wafaa era coperta dalle fiamme. Non vedevo nulla, non il suo viso, non le sue braccia, le sue gambe. 
Non vedevo più nulla.
Così prende una coperta, Aeda, la avvolge. Prova a smorzare le fiamme.
Wafaa respira.
Con la coperta tra le braccia, sua figlia avvolta in quel fagotto, Aeda corre verso il Soccorso più vicino.
Non ricordo di aver sentito la fatica. Non ricordo la strada percorsa, i visi incrociati. Contavo solo la distanza che ci separava da quel posto, racconta. 
Da lì ci trasferiscono in ospedale, ma purtroppo in quella struttura non hanno i mezzi per aiutarci. Così veniamo trasferite in Turchia. 

Wafaa entra in coma.
Si sveglia 20 giorni dopo, ma le risposte dei medici non sono rassicuranti.
Decidono di "chiuderle" gli occhi attraverso un'operazione di sutura. Non tornerà a vedere, dicono alla mamma. Per tutto il resto, non c'è nulla che possano fare per restituire alla piccola il suo aspetto, per consentirle l'uso della mano sinistra e dei piedi. Le uniche zone non colpite dall'ustione, sono quelle coperte dal vestito che indossava al momento dell'esplosione. Le spalle, il petto, il bacino. Per il resto, le condizioni della piccola sono irreversibili.
Aeda non si arrende. Sentivo che non poteva finire così. Che il percorso che in Turchia avevano indicato per lei non fosse quello definitivo. 
E io sapevo che avrei visto di nuovo, interviene Wafaa, rivolgendosi a Paola.
Un giorno è arrivata mia mamma in ospedale. Hai un vestito rosso, mamma?, le ho domandato.
Mamma è scoppiata a piangere. Ho capito subito che mi avrebbe portata via da lì.

Grazie ai generosi contributi di alcuni donatori anonimi che si sono appassionati al suo caso, Wafaa riesce a raccogliere quanto le occorre per cercare fuori cure migliori. All'inizio del 2018, comincia il suo lungo percorso di ricostruzione estetica. Prima a Damasco, poi a Roma, dove Wafaa è accolta grazie agli accordi di assistenza internazionale del Bambino Gesù.
Quando arriva in ospedale riporta gravi esiti da ustione. Le zone più colpite sono la faccia, il cuoio capelluto, gli arti inferiori, la mano sinistra.
Il primo intervento a cui si sottopone è quello di riapertura del dito della mano sinistra. Poi la ricostruzione delle palpebre inferiori e superiori. Nel giro di un anno si provvederà, attraverso altre operazioni – saranno circa sette, quelle necessarie – a ridonare al suo viso un aspetto molto vicino a quello originario. Il naso, la bocca, la pelle cicatriziale del viso.

Il sorriso di questa bambina, nonostante le cicatrici, superficiali e profonde, ha toccato il cuore di tutti coloro che l'hanno incrociata. Non piangere, dice ad Aeda. Io sono forte, ce la faremo. 
Sta imparando l'italiano, insieme a sua mamma, e ha fatto amicizia con molti bambini dell'ospedale.
Che cosa ti rattrista, le chiede Paola, accarezzandole la mano, e cosa ti rende felice?

Wafaa sorride. Ci pensa qualche istante, poi risponde: mi ferisce l'effetto che faccio alle persone. E l'immagine di me che lo specchio mi restituisce. Non sono io. 
A volte lo prende. Si guarda. Lo posa.
E mi fa soffrire la distanza da casa. Dai miei fratelli, dai miei nipoti. Mi manca la mia famiglia.
Ma la speranza di tornare bella come prima
, dice alla sua amica, mi dà la forza di reagire alla tristezza.

Sono nel posto giusto, so che qui si prenderanno cura di me.
E poi un sogno, profondo. Vorrei tornare da tutti i miei amici. Chiedere di poter giocare con loro. Sono sicura che quando tutto questo sarà finito, finalmente torneranno a guardarmi come la loro compagna di giochi. Io non ho mai smesso di essere Wafaa, ma loro non riuscivano a vedere sotto le mie cicatrici.

Ed è volata via da lì, Wafaa, con sua mamma. In cerca di qualcuno che si prendesse cura di tutte le sue ferite. 

Cos'è una finestra? Chiese il bambino nato in prigione da una donna violata.
Una finestra è un porta nella parete da cui passa la luce del sole, e dove a volte si appoggiano gli uccelli.
E cosa sono gli uccelli? Lo interruppe il fanciullo.
L'uomo prese una matita e disegnò sulla parete una finestra e un fanciullo con le ali.

(Maram al-Masri, poetessa e scrittrice siriana)




 
 

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