Oggi in Italia circa 1 bambino su 1000 nasce con ipoacusia neurosensoriale bilaterale, patologia di gran lunga più frequente di altre per le quali da anni gli screening alla nascita sono obbligatori. Per permettere a chi soffre di questo problema di ricevere cure tempestive, nei nuovi Lea, i livelli essenziali di assistenza, è stata disposta l'introduzione dello screening neonatale per la sordità congenita. Dei risvolti di questa novità abbiamo parlato con il dottor Pasquale Marsella, responsabile dell'Unità operativa di Audiologia e Otochirurgia del Bambino Gesù.
Quali saranno i vantaggi dell'introduzione dello screening neonatale per la sordità congenita?
Il vantaggio dell'implementazione di un programma di screening neonatale consiste nella possibilità di effettuare una diagnosi precoce di sordità congenita. In assenza di screening uditivo neonatale, ci si accorge di tale condizione soltanto più tardi, ossia quando il bambino manifesta un ritardo nell'acquisizione del linguaggio verbale. Al contrario, una diagnosi precoce permetterà una riabilitazione tempestiva del deficit uditivo mediante apparecchi acustici o impianto cocleare in caso di sordità profonde. A tale proposito è importante sottolineare come i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza prevedano l'introduzione di un nuovo nomenclatore, in base al quale anche gli apparecchi acustici digitali di ultima generazione saranno totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale quando impiegati per la riabilitazione della sordità infantile.
Quali sono i test previsti dallo screening?
Gli esami di screening uditivo possono essere distinti in tre livelli. Il primo livello è rappresentato dalle otoemissioni acustiche evocate da transienti, che prevedono l'invio di un breve stimolo sonoro all'orecchio del bambino e la registrazione della risposta, anch'essa sonora, da parte delle cellule cigliate dell'orecchio interno; una risposta PASS (normale) indica una normale funzione dell'orecchio, mentre una risposta REFER (non normale) impone un approfondimento diagnostico mediante un esame di livello più avanzato, rappresentato dall'ABR (Auditory Brainstem Response, o potenziali evocati uditivi tronco-encefalici). L'ABR prevede l'invio di uno stimolo sonoro all'orecchio e la registrazione dell'attività elettrica che questo evoca nelle vie uditive. L'esame può essere somministrato in forma rapida (ABR automatico, screening di II livello) oppure, qualora l'ABR automatico non risultasse sufficiente, in modo completo (screening di III livello), vale a dire inviando stimoli sonori di intensità crescente fino a definire una stima elettrofisiologica della soglia uditiva. In quest'ultimo caso, l'ABR permette di quantificare la natura e il grado dell'ipoacusia, e quindi di arrivare ad una diagnosi di certezza. È importante sottolineare come tutti gli esami di screening non sono invasivi e possono essere eseguiti fin dai primi giorni di vita del bambino durante il suo sonno spontaneo.
Per quanto riguarda l'ospedale, quanto tempo sarà necessario e di che cosa ci sarà bisogno per far fronte all'introduzione dello screening?
Dal 2013 la regione Lazio ha disposto per decreto l'esecuzione dello screening uditivo universale in tutti i punti nascita, e ha definito centri di riferimento di II e III livello. Il nostro ospedale è ormai da anni Centro di Riferimento regionale per la sordità neonatale, e come tale è ufficialmente un'istituzione di III livello. Pertanto, l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù dispone già di tutti i mezzi appropriati, nonché di personale medico e tecnico altamente qualificato, per la diagnostica di III livello delle ipoacusie in età pediatrica.