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Nati altamente pretermine, un focus sulle cure per "i più fragili dei fragili"

Il Bambino Gesù partecipa a diversi progetti che puntano a migliorare l'assistenza e i trattamenti per questi bambini, nati prima della 32esima settimana di gestazione. L'approfondimento con la dottoressa Marina Cuttini

Sono solo meno del due per cento dei nati eppure rappresentano oltre la metà delle morti infantili. Si chiamano neonati altamente pretermine, sono i bimbi che nascono prima della 32esima settimana di gestazione. Sono i più fragili fra i bambini fragili, tra tutti i pretermine (cioè i nati prima della 37 settimana di gestazione), infatti, sono quelli che presentano le maggiori difficoltà e le maggiori complicanze legate alla prematurità. Veri e propri "bambini piuma", come il primo piccolo paziente operato nel 2017 nel dipartimento di neonatologia del nostro ospedale: nato alla 28esima settimana di gestazione pesava appena 720 grammi. I chirurghi sono dovuti intervenire per rimediare a una perforazione intestinale, riuscendo a salvargli la vita.

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Come si capisce dai numeri riportati in precedenza, migliorare la cura e l'assistenza per questi piccolissimi e fragilissimi pazienti vuol dire abbattere il tasso di mortalità infantile. Vuol dire anche migliorare la qualità della vita di coloro che sopravvivono cercando di prevenire, limitare o gestire al meglio le gravi conseguenze che una nascita estremamente pretermine può comportare. Nonostante il continuo miglioramento delle tecnologie e la costante attenzione a ridurre l'invasività dei trattamenti, infatti, in alcuni casi i nati altamente pretermine possono avere problemi seri, anche dopo la dimissione dalle unità di terapia neonatale. 

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Proprio per capire come migliorare sopravvivenza e qualità della vita dei neonati più fragili, l'ospedale Bambino Gesù conduce diversi progetti che puntano ad individuare strategie di intervento efficaci. Fra questi c'è il progetto Action, uno studio italiano multicentrico, coordinato dall'ospedale romano, che ha raccolto dati su coorti di bambini altamente pretermine in 6 regioni: Lombardia, Friuli Venezia-Giulia, Toscana, Lazio, Marche e Calabria "Il progetto Action ha preso in considerazione 3040 pazienti ricoverati in Terapia Neonatale fra il 2003 e il 2005 – spiega la dottoressa Cuttini, coordinatrice del progetto Action e epidemiologa perinatale al Bambino Gesù. Il dato più eclatante segnalato da tutti gli studi è stato l'aumento progressivo della sopravvivenza. Ad esempio, la probabilità di sopravvivenza per un bambino nato a 25 settimane di gestazione è passata tra il 1990 e il 2010 da 40% a oltre 60%. La percentuale di sopravvivenza supera il 90% dalle 28 settimane di gestazione in poi, però rimane ancora bassissima al di sotto delle 24 settimane. Inoltre, l'immaturità degli organi associata alla nascita molto pretermine espone questi bambini al rischio di sviluppare esiti a distanza di tipo motorio, sensoriale cognitivo e comportamentale. La prevenzione dei disturbi di questo tipo nei bambini che sopravvivono rappresenta oggi la sfida più importante".

Il Bambino Gesù partecipa anche ai progetti europei Ships e Recap, di cui la dottoressa Cuttini è coordinatrice per l'Italia, che attraverso lo studio di coorti di pazienti in 11 Paesi europei (6000 bambini coinvolti, di cui 868 in Italia), puntano ad approfondire lo studio delle condizioni dei pretermine e ad identificare, a partire dalla gravidanza, i fattori di rischio ma anche quelli protettivi, e gli interventi medici e organizzativi più efficaci per prevenire mortalità e disturbi dello sviluppo. 

"Si tratta di progetti molto importanti finanziati dalla Commissione europea – sottolinea la dottoressa Cuttini –. I primi risultati hanno mostrato come, per quanto riguarda la nascita e le prime cure a un grave pretermine,  la combinazione di 4 interventi possa ridurre la mortalità senza aumentare la morbilità alla dimissione: la somministrazione di cortisonici alla madre prima del parto per favorire la maturazione polmonare del feto; la nascita in un centro dotato di Terapia Intensiva Neonatale;  la prevenzione dell'ipotermia, cioè della perdita di calore in sala parto; la somministrazione di surfattante al neonato entro due ore dalla nascita, sempre per favorire la funzionalità respiratoria. Ora, con le valutazioni effettuate per lo studio Ships (fatto su una coorte di nati fra il 2011 e il 2012) ai 5 anni di età,  potremo vedere se questi benefici si confermano anche sullo sviluppo successivo dei bambini".

Per quanto riguarda i filoni di ricerca da percorrere, infine, i dati raccolti hanno già fornito indicazioni importanti. "La priorità è identificare e valutare l'efficacia di nuovi interventi, anche organizzativi, e di nuove tecnologie per il monitoraggio e la gestione delle gravidanze, perché quanto accade in gravidanza  è fondamentale per lo sviluppo e la salute del feto e del bambino che sarà – conclude la dottoressa Cuttini -. È fondamentale anche sviluppare e testare nuove tecnologie (compresi i farmaci) efficaci e sempre meno invasive per il trattamento dei nati pretermine in TIN. La terza via da percorrere è la messa a punto  di programmi di intervento precoce nelle situazioni in cui, già in TIN, un bambino mostra di essere a rischio per esiti motori o neuropsicologici. Programmi di questo tipo, che valorizzano il ruolo dei genitori e l'alimentazione con latte materno,  cominciano già a essere testati, ma è necessario proseguire su questa strada per capire come intervenire sempre più precocemente. Esistono infine filoni di ricerca interessantissimi che mirano a valutare l'influenza dell'ambiente sulla salute e lo sviluppo del bambino, e l'interazione tra ambiente e fattori genetici".

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