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Mutilazioni Genitali femminili

Pratica tradizionale, eseguita soprattutto in alcuni Paesi africani. Espone milioni di bambine a gravi rischi per la salute fisica e psichica. Gravissima violazione dei diritti umani 

Le mutilazioni genitali femminili sono un insieme di pratiche che vanno dall’incisione alla rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili, sulla base di motivazioni culturali, religiose, o di altre motivazioni non mediche.

Le mutilazioni genitali femminili sono un atto molto traumatico ed hanno gravi conseguenze sulla salute fisica, psichica e sessuale delle bambine e delle giovani ragazze che le subiscono.

Le mutilazioni genitali femminili possono essere eseguite sulle bambine in un arco di tempo che va da pochi giorni dopo la nascita all’infanzia, fino al momento del matrimonio, alla prima gravidanza, o dopo la nascita del primo figlio.

A oggi le mutilazioni genitali femminili sono attuate ancora in circa 30 paesi, quasi tutti nel continente africano, ma anche in alcuni stati dell’Asia e dell’America Latina, nonché tra i migranti provenienti da questi paesi.

Le mutilazioni genitali femminili sono infatti una consuetudine che coinvolge, in base alle stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno 200 milioni di bambine, ragazze e donne in tutto il mondo.

Grazie alle leggi di molti paesi dell'Africa Sub-Sahariana, in alcuni stati il numero delle mutilazioni genitali femminili è in declino, soprattutto tra le generazioni più giovani, con un maggiore livello di istruzione.

Tuttavia, ogni anno sono circa 3 milioni le bambine al di sotto dei 15 anni che purtroppo si aggiungono a questi numeri. Ai ritmi attuali, si stima quindi che entro il 2030 verranno mutilate altri 68 milioni di ragazze.

La dimensione esatta del fenomeno nel nostro Paese invece non è certa, tuttavia l’ultima indagine condotta nel corso del 2019 dall’Università Bicocca rivela la presenza al primo gennaio 2018 di 87.600 donne con mutilazioni genitali femminili, di cui 7600 minorenni

La pratica delle mutilazioni genitali femminili è stata condannata da numerose risoluzioni dell’ONU, dall’Unione Europea e dell’Unione Africana. A oggi sono illegali in 18 paesi dell'Africa, in 6 stati dell’Australia e 17 negli Stati Uniti.

Anche in Europa le mutilazioni genitali femminili sono state criminalizzate da molti Stati tra cui l’Italia, il Belgio, il Canada, Cipro, la Danimarca, la Francia, la Spagna, la Svezia, la Norvegia, la Nuova Zelanda e il Regno Unito. Tuttavia, anche se illegale in molti paesi, la pratica delle mutilazioni genitali femminili continua anche nei Paesi europei.

Si stima infatti, che siano circa 600 mila le donne che vivono in Europa e sono state vittime di questa pratica, e che altre 180mila siano a rischio.

La pratica delle mutilazioni genitali femminili è talmente antica che è difficile rintracciarne un'origine certa. Non è chiaro se questa pratica abbia avuto origine all'epoca dei Faraoni o addirittura, come sostengono molti, ai tempi dell’antica Roma, quando veniva utilizzata per impedire i rapporti sessuali tra gli schiavi.

In ogni caso, lo storico greco Erodoto testimonia in alcuni suoi testi datati alla metà del V secolo a.C., che durante un viaggio nell’antico Egitto aveva avuto modo di osservare la presenza di questa pratica sulle bambine.

Le stesse informazioni sono state confermate dal lavoro di alcuni archeologi che in Egitto hanno individuato caratteristiche riconducibili alle mutilazioni genitali femminili su mummie datate fino al 400 a.C.

In origine la pratica delle mutilazioni genitali femminili era solo uno dei numerosi cerimoniali ai quali era soggetto ogni membro della comunità, uomo o donna che fosse, per segnare il passaggio dall'età infantile all'età adulta.

In seguito questa pratica è stata limitata alle sole bambine, ed ha acquisito anche lo scopo per la donna, di dimostrare di avere abbastanza forza e coraggio da poter trovare marito, tanto che viene spesso chiesto alle bambine di non piangere nemmeno durante l’esecuzione della mutilazione.

Le motivazioni che ancora oggi spingono le famiglie a sottoporre  a questo “rito di passaggio" le bambine sono le false credenze rispetto alla mutilazione e sono collegate a una serie di motivazioni e convinzioni:

  • Culturali, sociali ed economiche: ad esempio la pressione della società e della tradizione che impediscono alle donne non circoncise di potersi sposare e le allontanano dalla comunità perché ritenute indegne e impure. Essere tagliate segna anche il passaggio all’età adulta. Inoltre si dice che un clitoride non inciso potrebbe crescere fino a raggiungere le dimensioni di un pene. Infine, in un mondo in cui le donne dipendono totalmente dagli uomini le mutilazioni possono talvolta essere un prerequisito per accedere all’eredità o, in alternativa, per fissare un adeguato “prezzo della sposa”, cioè il compenso che la famiglia del futuro marito versa alla famiglia della futura moglie in cambio di una donna illibata;
  • Psicosessuali: spesso le mutilazioni genitali femminili sono praticate per controllare la sessualità della donna poiché si pensa che assicurino la verginità prima del matrimonio e le proteggano anche da eventuali stupri, oltre ad assicurare la fedeltà dopo il matrimonio;
  • Religiose: sebbene nessuna religione promuova le mutilazioni genitali femminili, in molti Paesi in cui vengono praticate, un gran numero di donne pensano sia una necessità religiosa prevista dai testi sacri, soprattutto il Corano. In generale infatti, la religione islamica sembra sia divenuta nel tempo più tollerante nei confronti delle mutilazioni genitali femminili;
  • Igienico-estetiche: in alcune comunità, i genitali femminili esterni sono considerati sporchi e brutti, quindi vengono rimossi con lo scopo di aumentare l’igiene e l’appetibilità;
  • ”Sanitarie”: si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino.

Tutte queste motivazioni di ordine diverso fanno sì che questa pratica sia profondamente radicata in varie comunità e che pertanto interi gruppi di famiglie permettano che questa tradizione sia ancora oggi ampiamente accettata e giustificata.

Nello specifico, ci sono intere generazioni di donne che continuano a tramandare questo antico mestiere di tagliare le proprie figlie e nipoti e intere generazioni di uomini che, pur rimanendo apparentemente esterni al fenomeno, hanno fondato su questa consuetudine il loro dominio sulla donna.

Le mutilazioni genitali femminili infatti, all’interno delle diverse comunità sono spesso considerate un servizio di grande valore e per questo lautamente remunerate. 

Esistono diversi tipi di mutilazioni genitali femminili eseguite in diverse fasce d’età; l’attuazione di un tipo piuttosto che di un altro, così come la scelta dell’età in cui farla (in genere entro i 15 anni) varia a seconda del gruppo etnico di appartenenza, del background socio-economico e dell’area, rurale o urbana, in cui queste bambine vivono.

A partire dal 1995 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con successivi aggiornamenti nel 2007 e nel 2016 ha classificato le mutilazioni genitali femminili in 4 tipi, con diverse sottocategorie, secondo un ordine crescente di invasività e danno arrecato:

  • Tipo I (Sunna): consiste nella rimozione parziale o totale della clitoride e/o del suo prepuzio;
  • Tipo I a: consiste nella rimozione del prepuzio/cappuccio clitorideo (circoncisione);
  • Tipo I b: consiste nella rimozione della clitoride insieme con il prepuzio (clitoridectomia);
  • Tipo II: consiste nella rimozione parziale o totale della clitoride e delle piccole labbra, con o senza l’asportazione delle grandi labbra (escissione o asportazione);
  • Tipo II a: consiste nella sola rimozione delle piccole labbra;
  • Tipo II b: consiste nella rimozione parziale o totale della clitoride e delle piccole labbra;
  • Tipo II c: consiste nella rimozione parziale o totale della clitoride, delle piccole labbra e delle grandi labbra.;
  • Tipo III (Circoncisione Faraonica): consiste nel restringimento dell’orifizio vaginale con la creazione di una chiusura realizzata tagliando e riposizionando le piccole labbra o le grandi labbra, con o senza l’asportazione della clitoride. In molti casi i lembi cutanei delle labbra sono cuciti insieme (infibulazione). Questa procedura spesso richiede un'ulteriore pratica di riapertura della sutura effettuata, con lo scopo di facilitare il rapporto sessuale e/o il parto. Spesso, le donne vengono infibulate e deinfibulate diverse volte nel corso della loro vita provando sofferenze inimmaginabili;
  • Tipo III a: consiste nella rimozione e apposizione delle piccole labbra con o senza escissione della clitoride;
  • Tipo III b: consiste nella rimozione e apposizione delle grandi labbra con o senza escissione della clitoride;
  • Tipo IV: sono tutte le altre pratiche ritenute dannose per i genitali femminili ed eseguite per ragioni non terapeutiche. Comprendono la puntura, la perforazione, l'incisione, il raschiamento o la cauterizzazione della clitoride, il taglio della vagina (gishiri) o l’introduzione in vagina di sostanze corrosive per restringerla o renderla asciutta.

Le mutilazioni genitali femminili generalmente sono praticate senza tenere minimamente in considerazione le norme igieniche basilari e, di solito, senza l’uso di anestetico; per il taglio vengono utilizzati oggetti rudimentali come coltelli, forbici, vetri, pietre, unghie e lamette da barba, mentre per la cucitura si utilizza filo chirurgico o spine di agave o acacia.

Comunemente la pratica viene eseguita quando le bambine sono abbastanza piccole e non informate e consapevoli ed è spesso preceduta da atti di inganno, intimidazione, coercizione e violenza da parte di genitori, parenti e amici fidati.

Il momento dell’esecuzione è infatti preceduto da una fase di separazione in cui la bambina viene portata all’alba in un luogo appartato, lontano da sguardi e orecchie indiscreti.

Dopo l’intervento spesso le gambe delle ragazze vengono legate insieme per circa 10-14 giorni, così da facilitare la cicatrizzazione. Dopo questa fase la bambina/ragazza sarà lentamente reintrodotta nella comunità dove verrà colmata di doni e festeggiata per il suo ingresso nel mondo femminile.

Le mutilazioni genitali femminili sono eseguite molto raramente da ostetriche o altri operatori sanitari: vengono quasi sempre eseguite da circoncisori tradizionali (cutter o exciseuse).

In genere questo ruolo è svolto da una donna anziana della comunità, tranne nei casi in cui il barbiere uomo abbia assunto nella comunità anche il ruolo di “operatore sanitario”.

In ogni caso agli uomini non è permesso assistere e dunque la comunità maschile generalmente ignora la sofferenza provata dalle ragazze durante l'operazione.

Le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili a breve e a lungo termine sono sia fisiche sia psicologiche e comprendono:

  • Dolore costante;
  • Ascessi, cisti o ulcere genitali;
  • Tessuto cicatriziale abbondante; 
  • Infezioni e ostruzioni croniche del tratto urinario e della pelvi;
  • Infezioni sistemiche (tetano, cancrena e setticemia);
  • Emorragie;
  • Difficoltà a urinare;
  • Mestruazioni dolorose;
  • Rapporti sessuali dolorosi;
  • Diminuzione del piacere sessuale;
  • Fistole vaginali, vescicovaginali o rettovaginali;
  • Maggiore vulnerabilità all'infezione da HIV/AIDS; 
  • Epatite e altre malattie veicolate dal sangue;
  • Infertilità o difficoltà di concepimento; 
  • Incontinenza;
  • Endometrite;
  • Fascite necrotizzante;
  • Anemia;
  • Maggiore rischio di emorragia e/o mortalità materna durante il travaglio o il parto;
  • Maggiore rischio di decesso neonatale;
  • Problemi psicologici come disturbi da stress post-traumatico, disturbi comportamentali e psicosomatici, ansia, incubi, flashback, autolesionismo, sentimenti di vergogna e di tradimento, depressione, psicosi, suicidio.

Per la maggior parte dei tipi di mutilazione genitale femminile, non è praticabile nessun tipo di intervento che ripristini la normale conformazione dei genitali.

Se necessario, può essere eseguito un intervento chirurgico per aprire la vagina (deinfibulazione); sebbene questo trattamento non sostituisca il tessuto rimosso, può aiutare a gestire alcuni dei problemi che ne sono la conseguenza come quelli relativi ai rapporti sessuali, alla minzione e al parto.  

Ovviamente andranno curate le complicanze, dalle infezioni alle fistole, nonché le rilevanti conseguenze psicologiche. 

L’abbandono di questa pratica è ancora oggi considerato motivo di scontro sociale, poiché interpretato dalle famiglie come un rifiuto dei valori locali a vantaggio di quelli dei paesi che a suo tempo colonizzarono i loro.

È quindi fondamentale affrontare questo fenomeno partendo da un percorso culturalmente rispettoso, caratterizzato da servizi di informazione ed educazione e che coinvolgano le comunità in cui la pratica è effettuata.

È essenziale promuovere il diritto all’educazione e allo studio delle bambine e delle donne, ad esempio aprendo nuove scuole e rendendole più facilmente accessibili, creando corsi appropriati per donne adulte e migliorando l’accessibilità e i percorsi formativi delle scuole che già esistono.  
È necessario anche trovare, in accordo con queste comunità, delle pratiche alternative alla circoncisione femminile che possano mantenere le tradizionali e necessarie caratteristiche delle celebrazioni relative al passaggio all'età adulta. 

Dal 1993 le Mutilazioni genitali femminili sono considerate una violazione dei diritti umani, oltre che, nello specifico, una violazione dei diritti dei bambini così come definiti nella Convenzione sui diritti dell'infanzia.

Fu durante la Conferenza Mondiale sui Diritti Umani svoltasi a Vienna nel 1993 che diverse nazioni presero atto dell’esistenza del problema e, di conseguenza, iniziarono a legiferare in merito, proibendo queste pratiche.

Nello specifico, in Italia, al fine di contrastare, prevenire e reprimere la pratica delle mutilazioni genitali femminili è stata promulgata la Legge 9 gennaio 2006, n. 7 - Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile.

Secondo tale legge chiunque pratichi l'infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di 1/3 se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro.

La sola redazione, come è stato fatto, di risoluzioni che condannano la pratica, di norme e leggi, sia a livello nazionale sia internazionale, così come la creazione di organismi internazionali di monitoraggio non è però sufficiente.

È infatti necessario investire anche in processi educativi e cambiamenti socio-economici e attitudinali sia nelle comunità in cui la pratica viene effettuata, sia in quelle di accoglienza, incluso l’ambito sanitario, così da poter garantire la migliore risposta possibile.

Da qualche anno a questa parte, inoltre, il silenzio ha lasciato il posto a una proliferazione di campagne di sensibilizzazione (ad esempio End Fgm di Amnesty International e Stop alle Mutilazioni Genitali di Plan Italia e Nosotras), che stanno trasformando le mutilazioni genitali femminili in una nuova questione sociale legata al rispetto dei diritti umani e alla salvaguardia della salute delle donne e delle bambine.

È stata istituita la Giornata internazionale di tolleranza zero per le mutilazioni genitali femminili che cade ogni 6 febbraio e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incluso tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile da raggiungere entro il 2030 quello di eliminare le mutilazioni genitali femminili.

 

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  • A cura di: Ilaria Campagna
    Unità Operativa di Epatogastroenterologia e Nutrizione
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 31  Maggio 2023 


 
 

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